Il terzo profilo è quello di Luigi Margari, 34 anni, di Copertino, condannato in primo grado a 18 anni di reclusione con l’accusa di aver ucciso il 33enne Fabio Frisenda il 4 luglio del 2013. E’ la conferma che i social sono diventati anche una piattaforma dove sfogare le aspirazioni o dove lasciare le confessioni più recondite. Una vetrina che dà la possibilità di tratteggiare l’immagine che meglio ci soddisfa del nostro profilo. Senza freni inibitori o censure che siano.
Gaetani, ad esempio, si definisce rapinatore di banca e rende bene questa sua definizione una foto in cui impugna una pistola. Assomiglia ad una automatica di grosso calibro, quella pistola. E qui c’è una distanza considerevole fra finzione digitale e realtà: la banda fermata giovedì dai carabinieri delle stazioni di Racale e di Taviano (sono stati arrestati anche Giglio Salvatore Alfarano e Gianluca De Paolis) ha usato come arma un fucile subacqueo avvolto da una stoffa di colore nero, per dare l’idea che fosse un vero fucile da caccia a canne mozze. In altre parole un’arma innocua, se priva della freccia, quel fucile subacqueo. Un’arma che difficilmente passerebbe inosservata ai metal detector delle banche, al netto delle aspirazioni di Antonio Gaetani.
Antonio Colopi si è ispirato invece al primo film della serie dei film “007 licenza di uccidere” con protagonista dottor Julius No, un potente criminale al servizio di una organizzazione dedita al terrorismo ed al controspionaggio, specializzata ad eliminare gli agenti segreti. L’ambientazione fu creata nella suggestiva Giamaica dei primi anni 60, fra sole, mare, misteri e bellezze pronte a sedurre James Bond. La vita reale ha riservato a Colopi un destino ben più amaro e sul quale dovrà pronunciarsi la giustizia.
Luigi Margari si scelse il nick name e l’immagine di quel John Dillinger diventato l’icona degli anni ’30 in cui nelle strade delle principali città degli gli Stati Uniti i gangestar sparavano raffiche di mitra, ammazzavano e si inseguivano a bordo delle grosse macchine dell’epoca. Che dietro quel nick name ci fosse lui, ci fosse Margari, lo scoprirono i carabinieri del Nucleo investigativo nel corso delle indagini sull’omicidio Frisenda. E lo confermò lo stesso Margari durante l’interrogatorio con il pubblico ministero Gugliemo Cataldi. Facebook, insomma, finì nel fascicolo dell’inchiesta.