L'ex manager Asl assolto a dieci anni dall'arresto e la perdita del posto: Scoditti rinuncia alla prescrizione, i giudici gli danno ragione

L'ex manager Asl assolto a dieci anni dall'arresto e la perdita del posto: Scoditti rinuncia alla prescrizione, i giudici gli danno ragione
di Erasmo MARINAZZO
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Martedì 15 Dicembre 2020, 22:33 - Ultimo aggiornamento: 17 Dicembre, 12:04

Assolto a nove anni e dieci mesi dalle accuse che gli costarono il posto di direttore generale della Asl Lecce. Guido Scoditti, 77 anni, originario di Mesagne, ha vinto la battaglia giudiziaria iniziata all’alba del 24 febbraio del 2011 quando fu messo agli arresti domiciliari con l’accusa di avere fatto parte del così detto “sistema Tedesco” di assegnazione di appalti e forniture, di accordi per favorire assunzioni e carriere, nonché per raccogliere voti: i giudici della Corte d’Appello di Bari hanno emesso una sentenza di assoluzione con la formula “per non avere commesso il fatto”.


È quello che voleva. È quello che ha cercato l’ex manager della Asl poiché nel processo di primo grado venne sì assolto, ma per intervenuta prescrizione dei reati di associazione a delinquere e di falso. Ha cercato un pronunciamento nel merito, Scoditti, con l’avvocato difensore Massimo Manfreda, convinti dell’estraneità dalle accuse contestate nell’inchiesta condotta allora dai pubblici ministeri della Procura di Bari, Desirè Di Gironimo, Francesco Bretone e Marcello Quercia. 


Il dispositivo della sentenza chiarisce come fossero infondate le accuse costate all’uomo che per 40 anni ha ricoperto il ruolo di dirigente pubblico, con l’arresto ai domiciliari revocato 24 ore dopo per la scelta di dimettersi da direttore generale della Asl Lecce (strategia adottata per fare venire meno la possibilità di reiterare i reati contestati).


Il falso, ritenuto non commesso dalla sentenza di appello, era quello contestato per la delibera del 19 settembre del 2008 che autorizzò un’impresa a fornire il sistema diagnostico Liaison al laboratorio di analisi del distretto di Martano. Consegne complementari - secondo l’accusa - in quanto esisteva già un contratto fra il laboratorio e un’altra impresa. Un falso che gli inquirenti sostennero fosse stato commesso per favorire una impresa beneficiaria del sostegno del gruppo di potere retto dall’allora assessore alla Sanità Alberto Tedesco e dal suo braccio destro Mario Malcangi. Una tesi che non ha trovato riscontro nel processo.
 

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