Nardò, ancora chiuso il centro di procreazione assistita. Il giudice condanna la Asl: «Le coppie si rivolgano altrove, la Asl paghi le spese»

Nardò, ancora chiuso il centro di procreazione assistita. Il giudice condanna la Asl: «Le coppie si rivolgano altrove, la Asl paghi le spese»
di Roberta GRASSI
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Lunedì 28 Giugno 2021, 15:13 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 07:32

La Asl di Lecce dovrà sostenere l'intero costo delle procedure di procreazione assistita in favore di una coppia di aspiranti genitori che aveva rischiato di veder sfumare il proprio sogno, dopo la chiusura del centro pubblico per la procreazione assistita a Nardò. Un centro che ha chiuso in attesa di un trasferimento all'ospedale Vito Fazzi di Lecce, trasferimento mai avvenuto, nonostante le rassicurazioni.

Per questo una coppia ha deciso di bussare alla porta della giustizia civile e la giudice Maria Gabriella Perrone ha accolto in toto il ricorso formulato dagli avvocati Salvatore Centonze e Vincenzo Cito, firmando una ordinanza che dà speranza a moltissime altre persone che stanno affrontando lo stesso percorso, tortuoso e difficile, per giungere ad assaporare la gioia di avere un figlio. 
Daniele e Katia hanno deciso di rivolgersi al Tribunale qualche mese fa, una volta ricevuto il preventivo di spese da una casa di cura romana per effettuare la procreazione, dopo mesi di attesa vana a Nardò.

Parliamo di una spesa di oltre 10mila euro, alla quale aggiungere il costo dei soggiorni fuori casa, del viaggio: tutto a carico della coppia di aspiranti genitori, costretti a “migrare” perché a Nardò il centro pubblico non funziona più. La giudice leccese ha stabilito che adesso le spese dovrà essere la Asl a risarcirle: «Il giudice ordina – è scritto nella sentenza – alla Asl di Lecce di corrispondere facendosene carico diretto, alla casa di cura di Roma, le spese necessarie per l'effettuazione, presso la struttura, del percorso per la Pma (procreazione medicalmente assistita) in favore di parte ricorrente». Non solo. L'Azienda sanitaria è stata anche condannata a pagare le spese del giudizio, al momento instaurato solo in sede cautelare. Si tratta di più di 3mila euro. Ha rilevato, il giudice, che  - considerato anche il fattore tempo, non di poco conto in situazioni simili – va consentito  l'adempimento delle prestazioni che la Asl non è in grado di favorire, in altro modo e con le stesse tempistiche. 

Per i legali si tratta di una vittoria importante, non soltanto per il suo valore meramente giudiziario: «E' una decisione senza precedenti – commentano gli avvocati Centonze e Cito – che restituisce una speranza alle tante coppie salentine ancora in attesa di realizzare il proprio sogno di genitorialità non ascoltato da un'amministrazione sanitaria fino a oggi poco sensibile al grido di dolore di quanto non hanno i mezzi economici per rivolgersi in centri privati, per di più fuori dal nostro territorio».  
«Tante volte ci è stato detto – racconta Katia -  che il centro avrebbe ripreso a funzionare di lì a poco e per questo, per mesi, siamo rimasti in attesa. Poi abbiamo deciso di agire, ma non possiamo non pensare a quelle coppie che, a causa di questo ritardo, vedranno sfumare per sempre il loro sogno». 

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