Case popolari, processo a Lecce: «Monosi non firmò le lettere di sollecito ai morosi»

Il tribunale di Lecce
Il tribunale di Lecce
di Erasmo MARINAZZO
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Venerdì 1 Aprile 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 17:07

Oltre 200mila euro di morosità dei canoni delle case popolari da recuperare nel 2012. E quando il dirigente comunale del settore Patrimonio preparò la lettera per chiedere gli arretrati a 423 morosi, l’allora assessore al ramo, Attilio Monosi, non l’avrebbe firmata. Ne ha parlato chi istruì quelle pratiche, cioè l’ex dirigente di Palazzo Carafa, a LecceGiuseppe Naccarelli, nell’ultima udienza del processo di primo grado che sta accertando se è vero che alcuni politici cercarono il sostegno elettorale anche attraverso l’assegnazione delle case popolari, il blocco degli sfratti, la mancata riscossione dei canoni non versati ed altri benefici ancora.

Le dichiarazioni

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«Quella però non è firmata perché non me l’ha firmata», ha spiegato Naccarelli, rispondendo alle domande dei pubblici ministeri della Procura di Lecce, Roberta Licci e Massimiliano Carducci, nel processo in corso davanti ai giudici della seconda sezione penale (presidente Pietro baffa, a latere Valeria Fedele e Roberta Maggio) in cui è imputato insieme ad altri ex dirigenti comunali, politici e affittuari delle case popolari. Per ricordare che quelle lettere erano state predisposte con la firma del dirigente: «A sinistra, quella meno importante e l’assessore a destra», la precisazione. Per ricordare che l’avere preso quella iniziativa avrebbe causato il suo defenestramento da quell’ufficio dopo appena 100 giorni. Dal 20 ottobre 2012 al 10 aprile 2013. Un passo indietro: a volerlo in quel ruolo sarebbe stato l’allora sindaco Paolo Perrone. Siamo nel 2012, Naccarelli era dirigente del settore Politiche comunitarie. Perrone, ha riferito Naccarelli, andò a trovarlo nella sua casa di Veglie: «Basta quanto sei stato alla “mantagnata”», la frase che avrebbe scelto Perrone per riferirsi alle vicende giudiziarie dei Buoni obbligazioni comunali (Boc) che aveva visto Naccarelli sospeso dalla guida del settore Economico finanziario.

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«Un settore stagnante»

«Mi disse: mi devi dare una mano, devi andare all’ufficio Patrimonio. Mi devi dare una mano perché abbiamo l’assessore Attilio Monosi che voleva portare il dirigente Paolo Rollo. Lui diceva che aveva troppe deleghe: al Patrimonio, ai Tributi, al Personale. Di conseguenza forse si era reso conto anche lui che era quasi al livello del sindaco, a livello di importanza: per questo ho detto, toglili qualche delega». L’occhio di Perrone su quel settore, la scelta di Naccarelli? L’uomo dell’Avana di Monosi, ha chiesto il pubblico ministero Licci parafrasando il romanzo di spionaggio di Graham Greene? La risposta di Naccarelli è stata che lui è un uomo portato al fare. E per questo quando si insediò andò a verificare lo stato della graduatoria del 2011 delle case popolari. Con un risvolto che ha definito “fantozziano”: «Diciamo che l’impressione che ho avuto arrivando in quel settore era di un settore stagnante, fermo. In effetti il mio predecessore, bontà sua, li ha lasciatì lì belli tranquilli. C’era proprio questo effetto di stagnazione che ho riscontrato. Tant’è che, riguardo questo benedetto bando del 2011 c’era un armadio enorme. Sono andato ad aprirlo, alla Fantazzi. E aprendo l’armadio mi sono cadute sopra tutte queste pratiche. Le domande non erano state manco viste. Arrivate le buste, prese e messe chiuse in questo armadio, tant’è che al geometra ho detto: scusa che sono? Le domande fatte un anno e mezzo prima, ormai quasi due anni prima.

Ho detto: perché stanno ancora lì. Ha detto: «Se nessuno ci dice di istruirle, le pratiche là restano».

Le lettere ai morosi

Partirono le lettere ai morosi, era il 13 marzo del 2013: «Il 10 aprile mi hanno cacciato, siamo in un arco temporale di 30 giorni: proprio cotto e mangiato», la deduzione di Naccarelli poco prima di raccontare l’incontro-scontro che avrebbe avuto con l’assessore Monosi: «Ero in stanza con .... Era una mia collaboratrice, dell’ufficio Patrimonio la dottoressa ... La mattina smistiamo la posta. Stavamo facendo attività ordinaria quando lui arrivò, arrabbiatissimo, e mi buttò queste raccomandate sul tavolo. La ... si alzò e se ne andò. Mi chiuse la porta e mi fece la ramanzina dicendo come ti sei permesso a mandarle. Io sono l’assessore. Sono io che faccio l’assessore, non tu. Io gli ho detto: la situazione è grave. Io dovevo mandarle e non potevo non mandarle. Il concetto era: hai preso la tua iniziativa. Non ti dovevi permettere di prenderla. Come ti sei permesso? So che il recupero morosità è stata portata come bandiera dal sindaco Perrone: per anni ed anni se lo sono portato in prefettura. L’unico che l’ha fatto sono stato io. Dopo non l’hanno più fatto». Naccarelli ha altro da raccontare. Si torna in aula il 12 settembre. 

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