Giudice arrestato, l'affare delle interdittive: «La giustizia? In proprio»

L'atto di accusa dei magistrati di Potenza nella richiesta di misura cautelare per il presunto giro di consulenze e favori nella Fallimentare di Lecce

Il tribunale di Lecce
Il tribunale di Lecce
di Roberta GRASSI
4 Minuti di Lettura
Giovedì 1 Giugno 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 20:40

«Gestire gli affari di giustizia come affari propri». Lo scrivono i pm di Potenza in riferimento al comportamento di Pietro Errede, quale giudice delegato in un procedimento di amministrazione giudiziaria a Lecce. In particolare la Barone di Mare della famiglia Mazzotta che era stata sottoposta a interdittiva antimafia. Sullo sfondo c’è un Rolex da 20mila euro. E poco prima, l’aggravamento della misura del controllo giudiziario che era stata disposta proprio dal Tribunale. Sono elementi che hanno convinto i magistrati che le procedure fossero “pilotate” per compiacere i consulenti. E per ricavarne vantaggi personali.

La denuncia

Tutto ciò, hanno riportato in una denuncia i Mazzotta (hanno parlato con i pm sia Giancarlo, che Paride ed Hermes, relativamente alle aziende di famiglia), a scapito delle società. Società che alla fine - ma questo è accaduto dopo - sono uscite “pulite” dalla procedura. Con la certificazione dei giudici che se ne sono occupati, che non vi fosse mai stata alcuna infiltrazione. 
Lo si legge nelle 300 pagine di ordinanza di custodia cautelare con cui sono stati disposti i domiciliari per il giudice civile Pietro Errede, per il compagno e avvocato Alberto Russi e per tre commercialisti e consulenti del Tribunale, Massimo Bellantone, Emanuele Liaci e Marcello Paglialunga. 
Emerge, relativamente al fascicolo che riguarda la Barone di Mare, società colpita da interdittiva antimafia, che il giudice delegato al controllo giudiziario avrebbe «asservito la sua funzione giudiziaria all’interesse di Bellantone, ottenendo in cambio dello stesso la disponibilità a procurargli in breve tempo il Rolex Daytona che riceveva, pagato a un prezzo di 10mila euro inferiore a quello di mercato. (E poi anche rimborsato dai proprietari della Barone di Mare, società amministrata, con denaro contante - sostengono gli inquirenti - denaro mai arrivato a Errede). 

La maxi consulenza da 76mila euro 

Ma le vicende della Barone di Mare, secondo l’accusa, sarebbero state legate anche a un altro professionista, Emanuele Liaci, colui il quale secondo le contestazioni aveva provveduto a fornire a Errede una vacanza in barca da 3mila euro, aveva pagato 290 euro di assicurazione dell’auto e stava organizzando la sua festa di compleanno in un lido di Santa Maria di Leuca. 
Anche Liaci riceve un incarico per la gestione della Pgh Barone di Mare. Remunerato per 76mila euro. E si trattava, dicono gli inquirenti sulla base delgli accertamenti svolti dai militari della Guardia di finanza del nucleo di polizia economico finanziaria di Lecce, di una nomina «quale persona molto vicina a Errede, un incarico a cui il magistrato teneva particolarmente». Tesi confermata, anche dall’escussione di due magistrati del Tribunale di Lecce
«Risulterà - concludono i pm di Potenza - che i le spese e i costi di gestione per i bilanci della società (sottoposta ad amministrazione giudiziaria), lievitavano ingiustificatamente e andavano ben al di là di quanto legittimamente doveva avvenire, a parte l’imposizione del Rolex».

Ovvero: «La Pgh sopportava costi di procedura del tutto ingiustificabili a causa di plurime nomine di favore e di incarichi clientelari, tutti a carico dell’amministrazione giudiziaria via via elargiti sulla base delle indicazioni di Errede». 

Spese private "addebitate"

Insomma, spese private in qualche modo addebitate alle aziende già vessate da una procedura giudiziaria che ne stava condizionando gli affari. E una richiesta, quella di un orologio a cinque zeri, che giunge nel bel mezzo di tale procedura. Errede, a quanto si evince, intendeva pagarlo normalmente. A margine c’è un passaggio di denaro pari a 20mila euro (in mazzette da 5 mila) consegnati secondo le tesi accusatorie a Bellantone e in parte ad Alberto Russi, il compagno del magistrato. Un giro, definito un “doppio gioco” di cui il giudice non era a conoscenza ma di cui a un certo punto avrebbe avuto sentore.
L’interdittiva alla Barone di Mare è stata di recente revocata. Il Tribunale (presidente Pia Verderosa, a latere Giovanni Gallo e Antonio Gatto) ha infatti escluso, «alla luce degli elementi istruttori acquisiti, ogni sospetto di infiltrazioni mafiose, idonee a condizionare la gestione della società in esame». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA