Minacce di morte e attentati nella guerra dei panini: tra i 4 arrestati c’è un vigile

Minacce di morte e attentati nella guerra dei panini: tra i 4 arrestati c’è un vigile
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Lunedì 18 Luglio 2016, 09:50 - Ultimo aggiornamento: 26 Luglio, 15:46

Gli appoggi di un esponente politico e di un poliziotto municipale responsabile dell’Annona per prendere e gestire in regime di monopolio la vendita di panini e bibite a Copertino e a Gallipoli. “Street food” è il nome dell’inchiesta che ieri mattina ha visto i carabinieri della Tenenza di Copertino e della Compagnia di Gallipoli arrestare quattro persone. Tra questi, il commerciante Giuseppe Gallucci, 58 anni, di Copertino e il maresciallo della polizia municipale di Gallipoli, Roberto Pellone, 53 anni, di Napoli, ai domiciliari. Mentre Tommaso Leo, 48 anni, di Copertino, assessore alle Attività produttive della giunta di Giuseppe Rosafio, è tra gli indagati, ma non è stato raggiunto da misure restrittive. Non è indagato Sandro Quintana, candidato sindaco a Gallipoli nelle ultime elezioni, citato da Gallucci come politico che lo avrebbe sostenuto a Palazzo Balsamo. Quintana, peraltro, smentisce seccamente e annuncia querele.
Leo e Pellone vengono indicati come i referenti di Gallucci su Copertino e su Gallipoli, nell’inchiesta condotta dal pubblico ministero Massimiliano Carducci che ha avuto l’avallo del giudice per le indagini preliminari Carlo Cazzella con l’ordinanza di custodia cautelare che ha visto finire agli arresti domiciliari anche Giacomo Fiorita, 25 anni, di Copertino, commerciante e genero di Gallucci che sarebbe introdotto nel progetto di quest’ultimo di agire in regime di monopolio. E Oronzo Aramiri, 53 anni, di Lecce, originario di Surbo, “socio” sempre di Gallucci nel furto di materiale edile del valore complessivo di 17mila euro, consumato a Copertino il 27 febbraio del 2013.
 

 

 
Infiltrazioni e condizionamento del tessuto economico e politico mica della camorra, come si paventava fino a qualche giorno fa, ma di un commerciante che - dice questo l’indagine - sarebbe riuscito a portare dalla sua parte esponenti dell’amministrazione comunale. Corruzione (un’ipotesi raramente contestata nel Salento) e non mafia (un’ipotesi spesso contestata nel Salento), dunque, al netto della gravità e della suggestione richiamata da questi reati. Pellone avrebbe avuto un prezzo per usare la carota con Gallucci e il bastone con i suoi concorrenti: una Fiat Seicento d’epoca regalata poi alla moglie del vigile. “Doppia marmitta” e di colore verde acqua: «Mia moglie è impazzita quando l’ha vista... era impazzita», il commento del maresciallo. Che è poi la macchina sequestrata ieri mattina dai carabinieri su disposizione del giudice Cazzella perché considerata il prezzo della corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio contestati a Gallucci, Pellone e Roberto Fiore, 49 anni, di Alezio, indagato a piede libero.

Nell’inchiesta partita dai tre colpi di pistola sparati il 20 dicembre del 2012 sul frontale dell’Audi A6 del sindaco di Copertino, Giuseppe Rosafio, al suo ex assessore viene contestata l’ipotesi di reato di abuso di ufficio. A quel Tommaso Leo che dopo l’attentato disse queste testuali parole: «Abbiamo saputo dell’accaduto del sindaco... gli abbiamo mandato il messaggio... eeehhh». Gli arresti non riguardano l’attentato, hanno chiarito nella conferenza stampa di ieri il tenente colonnello Saverio Lombardi, il capitano Michele Maselli e il luogotenente Salvatore Giannuzzi. L’ex assessore Leo risponde di non aver mantenuto una posizione imparziale verso tutti i commercianti e di aver sposato la causa di Gallucci che osteggiò il nuovo piano del commercio poiché gli avrebbe tolto il monopolio di contrada Grottella, nonché di non aver dato seguito all’ordinanza del Tar di applicare quel piano. Fu questa la prima pista seguita dai carabinieri indagando sulle pistolettate contro la macchina del sindaco, anche perché circa un mese e mezzo prima Gallucci lo aveva incontrato davanti ad un bar e gli aveva detto: «Ti faccio vedere io... permettiti di andare av[/FI]anti con quella cosa».

Controlli, pedinamenti e intercettazioni hanno spostato su Gallipoli gli interessi degli investigatori. E sono spuntate telefonate e incontri tra Gallucci e Pellone: «Noi abbiamo la fortuna di Roberto... mi hai capito?... Che lui arriva e fa i verbali agli altri... a noi fa finta», disse Gallucci parlando al telefono con Luigi Fiore ad aprile di tre anni fa.
L’inchiesta traccia complessivamente una figura estremamente negativa del maresciallo Pellone. Perché sono emerse altre irregolarità nelle funzioni di poliziotto municipale: risponde di occultamento di atti pubblici, ossia di aver trattenuto due blocchetti di contravvenzioni, come anche di falso per la contraffazione di un verbale di occupazione del suolo pubblico di un ristorante di Gallipoli e di omissioni di atti di ufficio per aver consegnato in ritardo quei due blocchetti di contravvenzioni.
Nelle prossime ore i primi interrogatori alla presenza degli avvocati difensori Fabrizio Ferilli e Mario Ciardo.

 

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