L'ex insegnante dell'assassino: «Temevamo di aver fallito, mai dato segni di squilibrio»

L'ex insegnante dell'assassino: «Temevamo di aver fallito, mai dato segni di squilibrio»
di Paola COLACI
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Giovedì 1 Ottobre 2020, 09:09 - Ultimo aggiornamento: 21:00
«Educato, ben vestito, studioso. In cinque anni non è stato mai ripreso, neppure una volta. Sì, forse era un po' taciturno e riservato. Ma era un ragazzo impeccabile. Sono sconvolta». Di Antonio De Marco una delle sue docenti dell'Istituto superiore Meucci di Casarano ha un ricordo ancora nitido. Dal giorno del diploma del 21enne che la sera del 20 settembre ha svestito i panni di ragazzo modello per trasformarsi nello spietato assassino di Daniele De Santis ed Eleonora Manta sono passati due e mezzo. Ma di Giovanni - gli insegnanti a scuola lo chiamavano così, con il suo primo nome di battesimo è impossibile non conservare un ricordo. «Era un ragazzo educato. Persino equilibrato» fa appello alla sua memoria la professoressa dell'Industriale di Casarno. Poi, però, ha un attimo di esitazione: «Equilibrato, sì. Certo che però alla luce di quello che è accaduto suona perfino strano fare questa valutazione».
Poi prosegue: «Dava, comunque, l'idea di essere un ragazzo riservato. E anche sulle sue capacità a scuola nulla da dire: studioso e molto diligente». Impeccabile in tutto, insomma. «Anche nell'aspetto, sempre molto curato e decoroso. Ecco, dava l'impressione di essere il tipico ragazzo di una volta. Anche nel portamento». Non quel millennial scalmanato e un po' stropicciato, come la maggior parte dei suoi coetanei.

Le ultime giornate prima del fermo: con una donna e poi alla festa. Il Dna del killer nei contraccettivi

Niente jeans sdruciti, t-shirt sgargianti e pettinature vistose. Piuttosto, uno stile classico e più agé. E una postura impostata, effetto di quel busto che sin dall'infanzia e per molti anni lo aveva costretto a stare dritto con la schiena. E seppure gli avesse rimesso a posto la colonna vertebrale, gli aveva scippato comunque pezzi di infanzia e pre-adolescenza. Tempo che il giovane timido, ma narcisista così psicologici, psichiatri e criminologi ora definiscono il killer di Casarano aveva trascorso in solitudine, a covare rancori e invidie. Come quella devastante, maturata a inizio estate e rinfocolata per settimane nei confronti di Eleonora e Andrea. I coinquilini leccesi che ai suoi occhi apparivano troppo belli, felici e spensierati. I loro progetti e la loro gioia di vivere andavano spenti. Torturati, bolliti e lavati via con la candeggina, secondo il piano omicida preparato con cura maniacale da De Marco. Un progetto omicida per spegnere i loro sorrisi, appuntato su fogliettini poi persi per strada. E invece lui non sorrideva quasi mai. Un caos interiore e feroce lo tormentava e strideva con quella apparente perfezione ostentata all'esterno. Sui banchi di scuola, innanzitutto.

Le ultime giornate prima del fermo: con una donna e poi alla festa

«Lui non aveva mai nulla fuori posto: né nell'abbigliamento né nel modo di porsi. E non ricordo una volta in cui sia stato necessario riprenderlo o rimproveralo» aggiunge dettagli al racconto la docente. Del resto, che fosse un tipo taciturno che amava starsene per conto suo non è un mistero. E sono in tanti in queste ore a descriverlo come un ragazzo timido e sfuggente. Mai una fidanzata in 21 anni, pochissimi amici a scuola e nessuna nuova conoscenza da quando si era trasferito a Lecce per studiare da infermiere. «Giovanni non era un ragazzo che si proponeva facilmente al gruppo conferma la professoressa Ma sembrava comunque tranquillo e aveva un buon rapporto con i suoi compagni. Gli stessi che ora sono tutti sotto choc, come noi docenti. In tanti anni non ha mai dato alcun segno di squilibrio o turbamento». E nessuno si capacita di come quello studente timido e riservato possa essersi trasformato in un brutale assassino capace di strappare via la vita a due giovani con 60 coltellate. «Giovanni era inappuntabile ripete come un mantra la docente Ecco, forse, l'unica notizia inaspettata è stata la sua decisione di iscriversi alla Scuola di Infermieri: lui frequentava il corso di informatica». Poi l'insegnate fa un passo indietro. Quasi avvertisse il bisogno di riallacciare i fili della narrazione e rintracciare anche un solo elemento utile a umanizzare una vicenda che di umano non ha nulla. «La percezione che abbiamo avuto è stata sempre quella di avere a che fare con un ragazzo normale. Nessuno di noi ha mai colto un segnale diverso. E anche nei giorni scorsi quando dal telegiornale ho appreso la notizia dell'arresto di De Marco sulle prime non ho collegato l'omicidio di Lecce con lo studente timido che incontravo in classe quasi ogni giorno riprende il racconto Quando lunedì mattina sono arrivata a scuola e i miei colleghi mi hanno mostrato la sua foto sul giornale, sulle prime non ho riconosciuto in quell'immagine Giovanni. Quasi come se stessi vivendo una sorta di processo di negazione freudiana: il brutale assassino non poteva essere il nostro ex alunno». Eppure la realtà è inequivocabile. A strappare la vita di Daniele ed Eleonora è stato proprio lui: l'alunno dai modi gentili che tutti al Meucci ricordano. «E non nascondo che lo choc ha fatto il paio con una sensazione iniziale di fallimento ammette la docente Come se noi insegnati ci fossimo messi in discussione, perché magari non eravamo stati in grado di cogliere qualche segnale. Poi, però, confrontandoci ci siamo resi conto che dietro l'apparente normalità di questo ragazzo si celava un abisso imperscrutabile in cui la sua psiche è precipitata. Ora però una cosa mi fa davvero dispiacere: le valutazioni approssimative e gratuite che in queste ore si moltiplicano sui social nei confronti della famiglia di questo ragazzo: persone di tutto rispetto che stanno già vivendo il peggiore dei drammi personali. Così, come le famiglie delle due giovani vittime. Bisogna aver rispetto».
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