Le parole che spiegano come il mondo sta cambiando

di Stefano CRISTANTE
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Domenica 27 Dicembre 2015, 10:59
Rush finale di fine anno per il nostro piccolo lessico della modernità momentanea, parole che cambiano di significato nel frenetico flusso che parte dai media e avvolge l’immaginario collettivo.

L come Ludopatia. In Italia, oltre alle lotterie nazionali, sono attive 58 lotterie istantanee. Si chiamano “gratta & vinci”, due azioni di cui solo la prima è garantita.
Mentre i grattini acquistati superano da qualche anno i 7 miliardi di euro, una parte del paese sta mutando antropologia. Le ricevitorie e le tabaccherie sono affollate come centri sociali in assemblea permanente, con una concentrazione di militanti nella fascia anziana ma presenze ben distribuite anche tra adulti e giovani. Chi si affanna a sborsare e a grattare è affiancato da chi gioca i numeri come nel classico lotto, con la differenza che le estrazioni avvengono ogni quarto d’ora. Mettere da parte 20, 10 o anche solo 5 euro per un gratta e vinci è razionalmente un errore: le probabilità di vincere grosse cifre sono praticamente nulle. Più facile vincere qualche spicciolo, che però viene immediatamente investito in nuovi grattini. Il gioco entra nella vita e le si sovrappone, finendo per sostituirla. Molti, anziani e meno anziani, non si accorgono di essere diventati dipendenti dal gioco. Ogni giorno intaccano il portafoglio e i risparmi per partecipare al nuovo rito e alle sue celebrazioni nel tempio della ricevitoria. Ogni giorno si ripetono che basterebbe un po’ di fortuna per poter finalmente pagare la retta dell’università al nipote o la nuova lavatrice alla figlia, e magari molto di più. Ogni giorno tornano a casa più poveri, e la vita si riaffaccia con le sue angosce e le sue miserie. Un’altra giornata è stata spesa per pagare l’imposta più esosa e invisibile: la tassa sulle illusioni.

M come Mediterraneo. Mare intercontinentale (Europa, Africa, Asia), marginalizzato dalle rotte commerciali transoceaniche fin dal XVI secolo, poi riavutosi come luogo di scambi politico-economici sotterranei durante la guerra fredda, infine oggi confine tra i più pericolosi al mondo: non solo tra speranza e disperazione, ma tra vita e morte. Da mare nostrum a coementerium nostrum.

N come Nazione. Fine dello stato-nazione, dicono da circa una ventina d’anni i politologi di tutti i continenti, ma il percorso verso organismi sovranazionali sembra ogni giorno più accidentato. In molti paesi dell’Est, per esempio, le elezioni hanno portato al governo formazioni dal programma reazionario: l’epicentro programmatico è il richiamo alla nazione (polacca e ungherese, per esempio), all’amore patrio, all’innalzamento dei muri, all’identità di popolo. La crisi globale sta selezionando le nuove classi dirigenti periferiche del pianeta, offrendo ai decisori eletti sotto la spinta dell’ansia di sicurezza bersagli facili come profughi e migranti. L’identificazione del capro espiatorio coincide con il racconto di un ritorno all’identità nazionale. In Francia il Front National ha perso al secondo turno, ma le piccole borghesie di tutto il continente stanno cercando disperatamente il simbolo con cui rimuovere la propria angoscia politico-esistenziale. E il nazionalismo è, da sempre, larga parte di quel simbolo.

O come Opinioni. Non bisogna mitizzare la scienza, né farne una specie di religione: gli argomenti della scienza non sono preclusi ai comuni mortali. È anzi assai comune che nelle nostre conversazioni quotidiane rientrino argomenti scientifici su un’epidemia, su un nuovo ritrovato, su una nuova cura. Ciascuno di noi ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, ed eventualmente di contestarne altre. Ma si tratta, appunto, di opinioni, soggette a tanti stimoli e fonti, tra cui quelle di origine passionale ed extra-razionale. Le procedure scientifiche correttamente applicate forniscono la base più solida per giungere a una verità condivisa, per quanto socialmente determinata, cioè influenzata dal contesto in cui accade (esempio: l’ineguale distribuzione delle risorse nei diversi settori della ricerca). Nei tempi moderni esiste un problema in più per la scienza: fare i conti con l’opinione pubblica. Le decisioni della scienza che ricadono sulla vita collettiva devono essere comunicate ai cittadini. Se vi è dissenso tra gli scienziati, l’opinione pubblica ha il diritto di saperlo, compresi i punti di dissenso e le diverse argomentazioni. Sono le scelte politiche che indirizzano il finanziamento della ricerca, ma le scelte politiche dipendono dal voto dei cittadini. Disperdere le opacità sul lavoro scientifico è una questione strategica, di cui però pochi sembrano ancora rendersi conto.

P come Populismo. In campo politologico, molti sostengono che il populismo sia la forma specifica della politica nei nostri tempi. Populismo nazionalista, populismo mediatico, populismo anti-politico: sfumature dello stesso territorio dove si muovono Marine Lepen e Matteo Renzi, Angela Merkel e Donald Trump, Beppe Grillo e Pablo Iglesias. Detto altrimenti, il populismo è un’etichetta talmente ampia da risultare inservibile. Nell’era della complessità, il populismo nasconde la sostanza della politica moderna: il dominio di un unico leader. Fatto che di moderno ha poco. Anzi, niente.

Q come Quarantacinquemila. Nel 2014 in Italia sono venute a mancare 45 mila persone in più rispetto al 2013. Sono cifre che ci riportano indietro, al tempo delle morti dovute alle carneficine delle guerre mondiali. Quando la crisi morde, chi ha poco se ne serve per sopravvivere: ne risente la qualità della vita, e per prima la salute. Quelli che dicono che questa crisi è come una guerra dai forti connotati di classe (a morire di più sono i più poveri) non sono lontani dalla verità.

R come Rottamazione. Si tratta di un termine che ha avuto una grande e repentina fortuna mediatica: dopo la rottamazione di Enrico Letta da parte di Matteo Renzi è però passato inspiegabilmente di moda.

S come Sindacato. Avversario minore del populismo (vedi).

T come Televisione. Bisogna riconoscerlo: il canone nella bolletta della luce è una trovata renziana che vale per la Rai quanto l’elezione di Mattarella per il parlamento. I soldi dell’(ex) evasione più amata dagli italiani ricopriranno però una televisione di stato in avanzata obsolescenza. In compenso la Rai diverrà dominio governativo, cioè sarà lottizzata da una parte sola, la più influente. Mi ricordo di aver sentito, poco più di un anno fa, un giovane leader democratico ritmare da un talk-show nazionale “Fuori-i-partiti-dalla-Rai”, ma probabilmente era una fiction e sono io che faccio confusione.

U come Ulivo. Come molti cittadini, anch’io sono colpito dalla direzione che sta prendendo il caso xylella dopo i conflitti estivi tra ambientalisti e piano Silletti e le recenti ordinanze della Procura leccese. Per un sociologo, sono particolarmente importanti affermazioni come quelle del professor Alexander Purcell, University of California, una delle massime autorità mondiali sulla xylella, che scrive: “Il governo ai vari livelli e l'opinione pubblica necessitano di informazioni chiare di cui possano fidarsi. Notizie aggiornate e tempestive sono indispensabili per stimolare l'interesse pubblico ed il sostegno alle azioni necessarie per il contenimento della diffusione della Xylella fastidiosa. Senza il supporto e la convinta accettazione pubblica delle azioni da intraprendere, non vi è speranza di successo nella campagna di lotta.” (trovate l’articolo integrale nell’edizione on line de Il Foglio).
Devo constatare che, a distanza di tempo dall’inizio dei disseccamenti di ulivi e delle polemiche seguite, l’opinione pubblica non ha avuto nemmeno la possibilità di capire con chiarezza dai media e dalla comunità scientifica la differenza tra due espressioni-chiave come “eradicazione” e “sradicamento”. Perciò prendo il vocabolario. Eradicazione: eliminazione completa e definitiva di una malattia, di un’infezione, di un singolo germe. Sradicamento: estrazione di una pianta dal terreno con le tutte le radici. Questo vuol dire che quando leggete la frase “hanno eradicato un ulivo” state leggendo una sciocchezza. Non è molto, ma almeno questo oggi lo sappiamo.

V come Vacanze di Natale. “Tanti auguri ai fabbricanti di regali pagani! Tanti auguri ai carismatici industriali che producono strenne tutte uguali! Tanti auguri a chi morirà di rabbia negli ingorghi del traffico e magari cristianamente insulterà o accoltellerà chi abbia osato sorpassarlo o abbia osato dare una botta sul didietro della sua santa Seicento!” Pier Paolo Pasolini, 1970.

Z come Zuckerberg. Qualche settimana fa il ragazzo d’oro dei social è diventato padre di una bambina. Ha dichiarato che intende donare il 99% delle sue azioni di Facebook (circa 45 miliardi di dollari) in interventi filantropici distribuiti nell’arco della sua vita. Cioè: il profitto non ha alcun limite, e ogni uomo può possedere il patrimonio di una nazione, però poi il super-ricco ci ragiona su e redistribuisce parte dei super-profitti. Ma non sarebbe più semplice fissare un tetto al profitto con una tassazione adeguata? Roosevelt impose negli Stati Uniti una tassazione del 94% per i redditi sopra i 5 milioni di dollari. Era subito dopo il 1929, l’anno della grande crisi. Ma nemmeno ora stiamo messi benissimo.

Stefano Cristante