Non solo geopolitica: il caso Germania e le oscillazioni del gas. Entro l'anno sarà ridotta a zero la fornitura dalla Russia

Non solo geopolitica: il caso Germania e le oscillazioni del gas. Entro l'anno sarà ridotta a zero la fornitura dalla Russia
di Gianni Bessi
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Mercoledì 31 Gennaio 2024, 10:53 - Ultimo aggiornamento: 1 Febbraio, 07:44

Uno degli obiettivi che l’Unione europea e l’Italia si erano dati dopo l’inizio del conflitto in Ucraina era la fine della fornitura di combustibili fossili dalla Russia: Eni ha annunciato che nel 2024 questo traguardo per il nostro Paese sarà sostanzialmente raggiunto.

In sostanza, entro quest’anno l’apporto, che già adesso è sceso sotto la doppia cifra, sarà praticamente ridotto a zero. Lo ha specificato chiaramente il direttore generale degli affari pubblici del Cane a sei zampe Lapo Pistelli durante un’audizione al Senato del 16 gennaio, spiegando quali saranno le nuove vie di fornitura: «Nel corso dell’ultimo anno e mezzo – sono state le parole di Pistelli – siamo stati capaci, in modo molto efficace ed efficiente, di sostituire quasi interamente il supply russo che arrivava dai tubi del Tarvisio con la valorizzazione del corridoio Sud, quindi dei nostri partner africani, Algeria in primis ma anche Egitto. E poi i nuovi contratti di Lng che vengono dai Paesi della Sub-sahariana dove noi siamo operatori».

Questo ci fa tornare in mente quanto fosse diverso lo scenario di non molto tempo fa, con il prezzo del gas alla borsa TTF che volava oltre 400 euro al MWh. E le discussioni alla borsa di Amsterdam o il dibattito sull’utilità di imporre un price cap, una scelta che aveva prodotto contrapposte tifoserie. Infine, una serie di analisi che prevedevano razionamenti o scenari con inverni alla Game of thrones, che però non ci sono stati. Tutto bene quindi? In realtà in questi ultimi anni abbiamo imparato una cosa fondamentale sul mondo dell’energia: che è un fattore importante per la nostra società costantemente messo in discussione da grandi e piccoli eventi, naturali, politici, finanziari. Ma non solo. Anche che ha bisogno di efficienza, implementazione di soluzioni possibili, ingegneria, tecnica e risorse umane. Per esempio, non basta la geopolitica, da sola, a dare le risposte alle imprevedibili dinamiche del mercato energetico: ultima in ordine di tempo, la crisi che interessa l’area del canale di Suez che ha generato il rischio di un aumento consistente del prezzo dell’energia, dovuto al rincaro dei costi dei trasporti marittimi.

Nonostante le tensioni, che si allargano, le quotazioni del gas però non registrano una crescita costante, visto che alla borsa di Amsterdam hanno fatto segnare una flessione, arrivando a un prezzo di 27,7 euro al megawattora, tornando ai livelli di ottobre 2021.

Ma le tensioni più profonde però sono quelle economiche, perché lievitano lentamente. Come quella della Germania, che dopo avere fatto segnare un meno 0,3 per cento di crescita nell’ultimo trimestre del 2023, ha evitato la recessione tecnica – due trimestri col segno negativo – solo perché le cifre di quello precedente sono state riviste da meno 0,1 a 0. Questo ovviamente non cambia molto all’atto pratico: la più forte economia europea sta soffrendo. E quali sono le cause principali? La frenata delle esportazioni e l’inflazione al 5%, ma che ha raggiunto anche il 12%, dovuta al tema energetico e alle materie prime con conseguenti aumenti dei costi di produzione. E, non ultimo, il pasticcio del bilancio federale, con tagli che hanno avuto conseguenze pesanti, tra cui quello ai bonus sul diesel agricolo che ha fatto scatenare la protesta degli agricoltori, con invasione di Berlino con i trattori. Un’ennesima prova come l’energia sia un pilastro dei bilanci statali. E forse anche una riflessione solo accennata. Che la German Angst, la paura tedesca, che viene evocata in Europa a 6 mesi dalle elezioni, abbia come causa non solo o non tanto il prezzo dell’energia, ma la capacità del sistema tedesco economico, produttivo, finanziario e sociale di ripianificarsi di fronte al cambio di scenario provocato dalla guerra russo – ucraina. I 16 anni dell’era Merkel, sul solco dell’Ostpolitik di Willy Brandt sono stati caratterizzati dalla decisione di uscire dalla dipendenza storica dal carbone, di chiudere le centrali nucleari e di puntare sulle rinnovabili, con il gas russo a basso costo come backup. Un flirt così palese almeno dal punto di vista commerciale, che per descriverlo era stato coniato il termine GeRussia. Che lo tsunami energetico che ha sconvolto ogni programmazione teutonica abbia portato a un’improvvisazione non coerente con la tradizione politica sociale e culturale del Paese? Il Governo Semaforo è riuscito a mettere in campo una riprogrammazione basata su efficienza, implementazione di soluzioni possibili, ingegneria, tecnica e risorse umane? Se sì, sarà una crisi breve, diciamo quasi di assestamento. Il tutto riguarda anche noi visto la forte tradizione di integrazione delle catene di supply chain e delle solide relazioni economiche – nel 2021 è stata toccata la cifra record di 142,5 miliardi di euro – tra le due grandi manifatture europee. 

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