Banche, maxi-utili e tagli alle spese per 600 milioni

Uno studio Fabi ricostruisce le performance degli istituti italiani nell’esercizio 2022: profitti per 25 miliardi

Banche, maxi-utili e tagli alle spese per 600 milioni
di Rosario Dimito
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Mercoledì 5 Luglio 2023, 12:44 - Ultimo aggiornamento: 6 Luglio, 07:53

Totale 25,4 miliardi: è la cifra complessiva degli utili raggiunta nel 2022 dalle banche italiane, in crescita di 9 miliardi rispetto all’anno precedente (+55%).

Un valore equiparabile a una manovra di governo. L’exploit degli istituti di credito del nostro Paese trae fondamento dal rilevante aumento dei ricavi, passati da 82,6 miliardi a 88,1 miliardi, in crescita di ben 5,5 miliardi (+6,7%): una situazione assai positiva resa possibile soprattutto dall’incremento del costo del denaro deciso dalla Bce che, a partire da luglio 2022, ha abbandonato quota “zero” per passare, con una sequenza veloce di sei rialzi del tasso di riferimento, al 2,5% a fine anno (il tasso è poi arrivato al 4% il 15 giugno scorso).

CONTROSORPASSO

 Con il costo del denaro in rapido aumento, sono dunque saliti i tassi applicati sui prestiti a famiglie e imprese, che ha aumentato in maniera consistente i profitti del settore: la politica monetaria ha così favorito il “controsorpasso” dei ricavi derivanti dai prestiti rispetto a quelli che le banche realizzano grazie alle commissioni. Questa seconda voce delle entrate era diventata prevalente nel 2020 e nel 2021, attestandosi rispettivamente a 39,4 miliardi e a 44,2 miliardi rispetto ai 38,7 miliardi e ai 38,4 miliardi del cosiddetto margine d’interesse (entrate da impieghi alla clientela), in virtù della forte spinta delle banche sulla vendita di prodotti di risparmio, di investimento e di polizze assicurative. L’anno scorso l’equilibrio si è invece ribaltato: se l’attività creditizia ha generato un “fatturato” pari a 45,5 miliardi, le altre entrate si sono fermate a quota 42,6 miliardi. Il margine d’interesse è balzato di 7,1 miliardi (+18,5%) tra il 2022 e il 2021, mentre le commissioni hanno subito una contrazione di 1,5 miliardi (-3,6%). Il brillante risultato raggiunto nel 2022 dal settore bancario, che potrebbe proseguire su questa tendenza - grazie alla politica monetaria - nei prossimi 2-3 anni, chiude un quinquennio che, con l’eccezione del 2020 segnato dal Covid, è risultato particolarmente positivo: i ricavi sono stati pari a 82,7 miliardi nel 2018, 82,3 miliardi nel 2019, sono scesi con la pandemia a 78,1 miliardi nel 2020, per poi aumentare a 82,6 miliardi nel 2021 e ancora a 88,1 miliardi nel 2022.

Nei cinque anni in esame, gli utili si sono attestati dai 15,1 miliardi del 2018, ai 25,4 miliardi del 2022 per un totale di 74,9 miliardi. Il totale dei ricavi, dal 2018 al 2022, ammonta a 413,5 miliardi: la componente commissioni, pari a 208,9 miliardi, più alta rispetto ai 204,5 miliardi generati dal margine d’interesse, a conferma della profonda trasformazione del settore. Nonostante i dati relativi al 2022, le commissioni, nel quinquennio 2018-2022, rappresentano il 50,5% dei ricavi, a fronte del 49,5% riconducibile all’attività creditizia.

LA CURA DEI RISPARMI

 Il buon andamento delle banche è figlio, tra altro, di una gestione prudente e accorta anche sul versante dei costi che sono rimasti stabili a quota 55 miliardi, ma vedono le spese per il personale in calo di 600 milioni nell’ultimo anno, da 29,4 miliardi a 28,8 miliardi: una spending review pari al 2,1% che ha contribuito a portare il cost-income (rapporto tra costi ed entrate) al 63,1%, il livello più basso degli ultimi cinque anni. L’accorta gestione si intravede anche nei dati sui rischi di credito e in particolare sugli accantonamenti, scesi a livelli più contenuti anche grazie al buon andamento dell’economia italiana, con il pil che nel 2021 è cresciuto del 6,7% e nel 2022 del 3,7%. Gli accantonamenti, nel dettaglio, sono calati a 10,2 miliardi nel 2022 in discesa del 18,1% (-2,2 miliardi) rispetto all’anno precedente. Gli accantonamenti per crediti deteriorati si sono attestati, l’anno scorso, a 9 miliardi, in calo di 1,8 miliardi (-17,3%) rispetto al 2021. «La parte economica del nuovo contratto è attesa da tutti i lavoratori bancari», commenta Lando Sileoni, leader Fabi riferendosi alla proposta di aumento di 435 euro lordi mensili e al taglio dell’orario di lavoro di 30 minuti al giorno, «costruita sia sul recupero dell’inflazione, che nel 2022, quando è scaduto il contratto nazionale dei bancari, è arrivata oltre quota 10%, sia sulla nuova importante redditività delle banche che proseguirà sicuramente anche nei prossimi anni. Complessivamente, il settore bancario ha realizzato, lo scorso anno, utili per oltre 25 miliardi di euro, garantendo così agli azionisti dei singoli gruppi e istituti importanti dividendi. Per dire no alle nostre richieste economiche, serviranno delle motivazioni serie che però oggi non esistono e, conseguentemente, non accetteremo mai delle motivazioni basate su pregiudizi e bugie. Dobbiamo sempre essere pronti a confrontarci».

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