Banche, il crollo di Deutsche Bank ha messo a nudo le debolezze tedesche

Lo scivolone in Borsa del titolo sotto l'assalto della speculazione ha fatto riemergere vecchi timori sulla solidità del portafoglio

La sede di Deutsche Bank
La sede di Deutsche Bank
di Rosario Dimito
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Mercoledì 5 Aprile 2023, 13:03 - Ultimo aggiornamento: 6 Aprile, 09:43

Il crollo in Borsa di Deutsche Bank del 24 marzo per aver rimborsato in anticipo 1,5 miliardi di un bond AT1 ha fatto tremare le piazze finanziarie europee e non solo, ma soprattutto ha acceso i riflettori sullo stato di salute dell’intero sistema vigilato dalla Bundesbank.

Una ragione c’è. A giudicare dai dati aggregati, le banche tedesche non sembrano passarsela bene e comunque sono in buona compagnia, visto che anche le francesi e le greche mostrano ambiti di vulnerabilità nei loro bilanci. L’accostamento alla Grecia, per la Germania, alla luce delle rigide condizioni imposte proprio da Berlino ad Atene ai tempi della Troika, sembra una nemesi, ma tant’è.

RETE DI PROTEZIONE

Se le regole imposte dalla Vigilanza europea costituiscono una rete di protezione per tutte le banche europee, i più recenti test degli istituti tedeschi e francesi mostrano un diverso livello di solidità patrimoniale rispetto all’Italia e a molti altri Paesi europei. Per Germania e Francia il rapporto di copertura della liquidità è di circa il 145% mentre per le banche Ue l’indicatore arriva al 162%. Pur rimanendo comunque tra i più importanti mercati finanziari nel contesto Ue, il settore bancario tedesco fa anche fatica a produrre utili. Così, mentre l’Italia, con soli 12 istituti di credito significativi, riesce a chiudere con un bilancio complessivo in utile per quasi 13 miliardi, il settore tedesco, con un numero doppio di banche, stenta a raggiungere 10 miliardi. La Francia, nonostante i numeri migliori di extraprofitti – generati grazie all’utilizzo delle linee di credito europee – fatica a creare valore per gli azionisti e soffre, insieme alla Germania, di una bassa redditività. Il Roe (Return on equity) non supera il 6% per la Francia e il 5% per la Germania ma rimane molto al di sotto rispetto alla media Ue (7,5%). Mentre si accumulano cattive notizie e segnali di allarmismo oltreoceano, dall’analisi elaborata dalla Fabi guidata da Lando Sileoni, emerge una diagnosi positiva del sistema bancario italiano: gli istituti italiani si distinguono come i più resilienti a shock esterni, grazie alla loro cresciuta redditività unita a riserve di capitale e di liquidità più alte rispetto alle controparti europee. E mentre il contesto dei tassi di interesse continuerà a favorire il settore, sostenendone i ricavi e i profitti, l’attenzione dei prossimi mesi sarà ancora rivolta a contenere i costi e arginare il possibile deterioramento della qualità del credito. «Le condizioni delle banche italiane sono positive per tre ragioni: controlli della Bce, qualità professionale dei vertici e impegno dei dipendenti» osserva Sileoni. «Chi lavora in banca ha meriti indiscutibili che andranno adeguatamente riconosciuti e stiamo definendo la piattaforma rivendicativa. Poi partirà il negoziato».

SOLIDITÀ PATRIMONIALE

In effetti, rispetto ai valori medi dell’area euro, i livelli di redditività delle banche italiane nel 2022 confermano una buona capacità non solo di generare profitti ma anche di remunerare i propri azionisti rispetto ai competitor europei. Il Roe per l’ Italia si attesta, infatti, a un livello pari all’8,95% superiore alla media europea del 7,50% e in posizione di favore rispetto a Germania, Francia e Portogallo. Anche nella classifica per solidità patrimoniale e liquidità, l’Italia è in vetta insieme alla Spagna e le buone notizie arrivano da entrambi gli indicatori che si attestano su valori rispettivamente superiori al 16% (Tier 1) e al 175% (Liquidity ratio). Per tutto il sistema bancario italiano, anche il quadro dei costi e la gestione dei crediti deteriorati conferma il cambio di rotta rispetto al passato. Grazie alla pulizia degli Npl e al lavoro sui costi fatto dai maggiori gruppi negli ultimi anni, il livello di cost/income e quello dei crediti deteriorati resta mediamente contenuto (rispettivamente 64,19% e 2,6%), dimostrando di essere in una buona posizione per resistere a un deterioramento della qualità del credito se ciò dovesse verificarsi nei prossimi mesi.

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