I Sud di Lina tra lentezza e orgoglio. E la folgorazione per la Puglia

I Sud di Lina tra lentezza e orgoglio. E la folgorazione per la Puglia
di Alessandra LUPO
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Venerdì 10 Dicembre 2021, 09:25 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 12:39

A consacrarne l'immaginario sono stati capolavori come Pasqualino Settebellezze, che le valse la prima nomination all'Oscar nel 1977. Ma già prima di allora - che fu anche la prima volta in Italia per una donna - Lina Wertmüller aveva già consegnato al cinema una vera e propria perla della sua poetica, I Basilischi (1963). Il film, a dispetto del titolo, venne girato perlopiù nei comuni pugliesi di Minervino Murge (che lo scorso settembre le ha tributato un omaggio) e poco altro a Spinazzola in Puglia e in Basilicata, a Palazzo San Gervasio.

Ma è proprio sui ciottoli assolati del piccolissimo comune a nord di Bari che si svolge la celebre scena della rincorsa e della proposta di fidanzamento: «la risposta tra tre giorni».

 


Partendo da quella prima pellicola giovanile, una sorta di Vitelloni in salsa ultrameridionale con nel cast il compianto Stefano Satta Flores, la Puglia può ripercorrere il suo profondo e prezioso rapporto con la regista, scomparsa a Roma all'età di 93 anni.
Dopo averlo sfiorato nel 77, l'Oscar era arrivato nel 2020, alla Carriera.

Impossibile non tributare questo riconoscimento a una donna la cui intera vita è stata un tutt'uno con i suoi film. Lina Wertmüller nacque a Roma il 14 agosto del 1928, origini aristocratiche e svizzere. Eppure dei vezzi che la sua estrazione le avrebbe consentito non aveva nulla, anzi: gli essenziali capelli a la garçonne e gli immancabili occhiali bianchi firmati da Ottica Vasari, unico orpello irrinunciabile, emanavano pragmatismo e indipendenza, anche attraverso il lunghissimo legame con il marito, lo scenografo Enrico Job.


Il suo lavoro è stato un lungo racconto di vita: originale, ironico, impegnato ma mai retorico e spesso spiazzante. Mimì Metallurgico, Film d'Amore e D'Anarchia, Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare di agosto, cult il cui remake decisamente meno fortunato venne interpretato addirittura da Madonna, hanno sempre messo al centro della scena la realtà sociale dei protagonisti, le loro aspirazioni e disperazioni. Intime e collettive.
Una poetica partita dal ritmo meridiano del Sud contrapposto al Nord del lavoro e della consapevolezza sociale. Meridionali, ma emigrati a Milano, sono anche i protagonisti di Tutto a posto e niente in ordine. E a Sud, precisamente in Puglia, Lina Wertmüller tornò più volte. A Ruvo, con la sua Cattedrale, è stato girato uno degli episodi del documentario "12 registi per 12 città italiane" (1989) in occasione della 14esima Coppa del Mondo di calcio. 

Un altro dei suoi film indimenticabili, Io speriamo che me la cavo (1992), protagonista Paolo Villaggio, è stato interamente girato nei vicoli della Città Vecchia di Taranto.
Inizialmente la scelta era caduta sulla città di Napoli ma la troupe, non appena giunse nel capoluogo campano, fu avvicinata da alcuni personaggi vicini alla camorra che pretesero il 10% del budget del film per permetterle di svolgervi regolarmente le riprese, cosa che spinse dunque la regista a spostarne la location. Fu così che il maestro elementare Marco Tullio Sperelli (Villaggio), trasferito per errore alla scuola De Amicis di Corzano invece che nella sua Corsano ligure iniziò il suo viaggio alla scoperta degli alunni attraverso i loro temi astrusi e commoventi.
Ironia della sorte, proprio la città che aveva salvato il film, e che era stata scelta nuovamente nel 2008 per raccontare l'adorata Napoli in «Mannaggia alla miseria», le riservò un'amara sorpresa: di nuovo una richiesta estorsiva, questa volta da parte della malavita ionica. In un primo momento chiesero 50mila euro, poi rividero la richiesta a 20mila.
Nonostante l'intervento della polizia e le rassicurazioni del prefetto, la regista preferì lasciare la città e completare le riprese nella vicina Brindisi che in questo modo entrò a far parte, seppur solo per qualche giorno, dell'universo Wertmüller.
Più recentemente anche Lecce ha avuto una piccola parte del suo genio. Nel 2012 infatti, la regista fu la madrina della mostra di arte e design organizzata al Must di Lecce, dal titolo Must in Time (organizzata da Monica Righi e Andrea Novembre). La sua apparizione era molto attesa. E a scortarla per le sale del museo allestito come una chiesa c'era una ancora sconosciuta Elodie, che a Lecce muoveva i suoi primi passi nel mondo dello spettacolo.
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