Il Salento senza tempo di De Giorgi: da domani in regalo con Quotidiano i quattro fascicoli di un'opera irripetibile

Ogni sabato, per quattro settimane, l'omaggio ai lettori: i bozzetti del viaggio compiuto da un genio multiforme alla fine dell'800 tra Lecce, Brindisi e Taranto

Il Salento senza tempo di De Giorgi: da domani in regalo con Quotidiano i quattro fascicoli di un'opera irripetibile
di Alessandra LUPO
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Venerdì 24 Marzo 2023, 19:28 - Ultimo aggiornamento: 25 Marzo, 10:00

Un libro sottobraccio per innamorarsi della Puglia meridionale. Un imprescindibile viaggio nel passato di quella che un tempo veniva chiamata Terra d'Otranto. Citato, osannato e saccheggiato per decenni, "Il Salento di Cosimo De Giorgi, viaggio nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto", torna con Edizioni Grifo nell'edizione moderna in quattro fascicoli distribuiti gratuitamente da Nuovo Quotidiano di Puglia per quattro sabati consecutivi assieme al giornale, da domani, 25 marzo, fino al 15 aprile, prezioso omaggio a tutti i lettori (con il sostegno della Presidenza del Consiglio regionale della Puglia). Il testo si lascia scorrere con avidità e consultare religiosamente. Impossibile resistere al varco che questa antica opera, originariamente in due volumi, riesce ad aprire sul presente. I bozzetti di viaggio del geologo vissuto tra 1842 e 1922 - ora distribuiti col giornale nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto - possono infatti contare non solo sulla sua formazione eclettica (era laureato in medicina ma si occupava di storia locale, geografia, sismologia con oltre trecento pubblicazioni) ma anche sulla conoscenza quasi enciclopedica del lavoro di chi lo aveva preceduto: storici, letterati, geologi.

Sudio e satira, lo stile pop del salentino colto


I suoi appunti su "La Provincia di Lecce", apparsi nel 1882, rappresentano il primo tentativo di osservazione sistematica dei paesi di Terra d'Otranto, ma con uno stile tutt'altro che compilatorio e manualistico. Con la sua narrazione in prima persona, De Giorgi dimostra invece il genuino piacere della scoperta, che dalle pagine riesce a trasmettere con ardore, poesia, curiosità e a tratti persino umorismo.
Difficile guardare la monumentale Porta Napoli di Lecce - che De Giorgi inserisce in un ambiente urbano vivace e strettamente collegato non solo al complesso religioso degli Olivetani e la Torre di Belloluogo ma anche alla sua posizione geografica di collegamento con le vicine Taranto e Brindisi - con gli stessi occhi dopo aver letto la descrizione quasi satirica delle scelte araldiche di Luigi Cepolla. "Dotto costui nelle antichità della provincia alla maniera del secolo passato, ma più che dotto strano, servendosi di alcuni motti latini e della mitologia, creò in quel monumento uno dei più intricati geroglifici che anche leggendo la memorietta spiegativa da lui stesso stampata in proposito, nemmeno s'intende...".
Seguendo passo passo il suo errare nell'antica Terra d'Otranto, i confini tra le attuali province si scoloriscono nella conformazione del paesaggio, le sue alture e depressioni. Ma anche la continuità della vegetazione, che passa dalle zone brulle o paludose alle distese ulivetate, con annotazioni di carattere anche economico come per esempio il rimbrotto sulla poca quantità di olio prodotta nella bella terra ostunese rispetto alla vicina Peucezia, odierna terra di Bari, che strappa parole ispirate sulle campagne di Fasano: "Traversando un gruppo fantastico e bizzarro di case bianche che qui chiamano Laureto. Io - prosegue De Giorgi - l'ho percorsa molte volte questa via ma pure tutte le fiate che giungo sulla vetta del Laureto debbo arrestarmi a contemplare quel vago spettacolo nel quale la terra, il mare, il cielo, le città, le colline, i casolari, la vegetazione, formano nell'insieme un magnifico paesaggio!".

Il volo sul paesaggio nobile e contadino


Celebre per il suo lavoro sugli scavi all'Anfiteatro di Lecce (condensati nell'ultima parte di questa articolata pubblicazione), De Giorgi dedicava all'archeologia in generale un'enorme attenzione visitando anche le case private dove un tempo erano custoditi i ritrovamenti effettuati negli antichi siti come Egnazia, dove la terra fertile di cimeli faceva "degli stessi contadini dei Ciceroni". E nell'area messapica del Salento lo sguardo è ampio: accarezza con gli occhi le cime dei promontori e le guglie dei campanili - dal Duomo di Lecce, con la sua celebre descrizione di una visuale che passa i confini, alla guglia del Raimondello a Soleto -. Ma ci sono anche le torri dei castelli ("maestoso, bello e degno di un re è quello degli Imperiali" a Francavilla, città di bombociari e copetari) e le punte di "caseddwe" e chiancore che punteggiano le campagne del Martinese o i "truddwi" quelli del Capo di Leuca, De Giorgi dialoga con gli storici che lo hanno preceduto, definendo "scempiaggini" le descrizioni altisonanti della città di Brindisi "posata su due e altri sette colli come Roma" e lodando invece le escursioni nella Japigia del De Ferrariis che si concludevano a Nardò.
In ogni città incontrata, il volume indugia generoso nelle descrizioni dei centri storici e dei monumenti, delle antiche casate nobiliari e dei podestà locali, esplorando i luoghi nei loro diversi tempi, leggendone la società attraverso gli usi, le scritture, i motti.

Pur essendo un erudito, infatti, l'autore riesce nello scopo di comporre un'opera per certi versi popolare. Non sorprende quindi, che queste pagine, arrivate sino a noi, sembrino così desiderose di varcare ancora una volta il confine del tempo.

Il mare di Taranto e quello delle caverne del Capo


Un posto d'onore nell'opera lo merita di certo il mare, mai perso di vista nelle collocazioni e descrizioni. Come quella dell'ingresso nella Taranto pre Ilva, nel marzo del 1878: "Valicai il ponte che unisce la città alla terra ferma". Poi ancora, sfidando i versi di Orazio e di D'Aquino, le suggestioni di Virgilio e Lenormant: "Le acque del mar piccolo erano azzurre e tranquille come quelle del Canal grande di Venezia. Solo di tratto in tratto venivano increspate dal vento e correvano a baciare le sabbie del lido".
Al capoluogo jonico è dedicato uno dei capitoli più ricchi del volume che trascina il lettore per grandi piazze e navate di cattedrali, per spostarsi infine nelle campagne remote del Salento, dove dormono i megaliti. O alla scoperta della bellezza drammatica della costa frastagliata, dove fioriscono le "caverne del Capo". Una corsa che si conclude a Punta Meliso con l'immagine impetuosa - riportata anche in un disegno dal vero dell'autore che raffigura il mitologico scoglio nella burrasca del 6 marzo 1877.
L'abilità del tratto è la medesima delle parole. Nell'intera opera si può leggere una dedizione smisurata ma anche un sincero affetto per i luoghi. Gli stessi che ogni giorno ci scorrono davanti agli occhi. Oppure quelli nascosti, da andare a scoprire durante un'escursione. Magari proprio con questo libro sottobraccio...
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