L'intervista/Adriana Poli Bortone
«Mi autorottamo. E non mi ricandido»

L'intervista/Adriana Poli Bortone «Mi autorottamo. E non mi ricandido»
di Rosario TORNESELLO
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Giovedì 1 Novembre 2012, 20:02 - Ultimo aggiornamento: 18 Novembre, 17:37
LECCE - In mattinata il comunicato; nel pomeriggio la partenza. Da Roma. Ci sono gesti consueti che la cronaca trasfigura, ponendoli a simbolo. Qui la svolta, la chiusura di un’epoca. C’ chi sceglie un predellino. La senatrice Adriana Poli Bortone, invece, il suo taglio netto lo spiega dal taxi che l’accompagna a Fiumicino. Si parte. Rotta a sud. Anche questo, un segno. Poche parole: «Non mi ricandiderò alle prossime elezioni politiche. La scelta dell’auto-rottamazione giunge sia per la veneranda età di 69 anni sia, soprattutto, per la delusione e l’amarezza provate nel corso della legislatura». La parola rimbalza da labbra che non t’aspetti. Rottamare è verbo poco gradito a chi ha curriculum corposo, esperienza consolidata. «Da “vecchia” mi sono adeguata al neologismo», dice. Non anche al metodo? «No». Scelta nobile. Dirle che siede accanto a D’Alema e Veltroni, per restare alti, sarebbe cortese?

Senatrice, dunque si chiude.

«L’avevo annunciato. Mantengo la parola. Il mio impegno nelle istituzioni finisce qui».

Addio politica?

«Tutt’altro. Avrò ancor più tempo per i miei progetti. A partire dalla costruzione di Grande Sud in una prospettiva legata a un’ideologia precisa: quella del territorio».

Ideologia? Un bell’azzardo. I partiti sembrano seguire valori, per così dire, monetizzabili.

«Molte ideologie, quasi tutte, sembrano scomparse. Io voglio ripartire dal territorio nella prospettiva di offrire all’Italia una destra attuale, moderna. Costruita faticosamente nel tempo e fermatasi all’improvviso».

Dov’è l’inciampo?

«Nella nascita del partito unico del Pdl. I risultati sono evidenti. L’ultimo è drammatico: il tasso di disoccupazione giovanile nel Meridione arriva al 35%».

Nel comunicato lei aggancia auto-rottamazione con delusione e amarezza. Disgusto di fronte agli scandali o cosa?

«Io muovo la mia scelta dal malessere e dal disagio che si avvertono quando diventa difficile rappresentare una comunità, i suoi bisogni, i suoi interessi. La mia esperienza politica è di partecipazione a una destra comunitaria. Poi ho dovuto registrare l’avvento di un’oligarchia che ha messo fine alla destra, in Italia».

Gli scossoni nel Lazio e in Lombardia?

«Ho grande stima per Renata Polverini, che ho conosciuto come ottima sindacalista. E anche per Roberto Formigoni, di cui ho ammirato la capacità di governo. Ma il problema è un altro, più ampio: è cambiata la qualità del personale politico. Manca una selezione, non c’è una scuola di formazione all’interno dei partiti. Ma la colpa, sia chiaro, non è solo della politica».

No?

«Io ci metto dentro anche le responsabilità dell’elettorato. Quando dal consenso e dall’intesa su idee e progetti si scende alla convenienza spicciola e al clientelismo non ci si possono aspettare miracoli. Prenda il dato siciliano. Sono stata ad Agrigento e ho visto la rabbia di quella gente. Anche nel disimpegno e nell’astensionismo c’è tutta la passione di cui è capace il siciliano: depauperato degli obiettivi, si è tirato indietro. E questo sentimento attraversa tutti gli schieramenti».

Rimedi?

«Sono entrata in politica giovanissima e in Consiglio comunale, a Lecce, a 24 anni, nel 1967. Erano anni di contestazioni, di contrapposizioni. Al di là degli scontri, anche fisici, c’era una forza scatenata dalle idee. Oggi non è così».

Terrà fede alla promessa di candidarsi come sindaco di Castro, ora che esce dalla scena nazionale?

«Ci ho ripensato. Suonerebbe come atto di arroganza verso una comunità che ha persone valide cui affidarsi. Questo non toglie che a Castro sia benvoluta come a Lecce».

Alt: la sua rielezione a sindaco, nel 2002, è avvenuta col 70% dei consensi, ma le ultime consultazioni le hanno riservato suffragi di gran lunga più modesti.

«Sì, il sentimento dei leccesi si è molto attenuato. Le indagini sull’operato dell’amministrazione comunale... la mancata difesa di quelle scelte da parte di chi pure le aveva condivise... Tutto ha creato distacco. C’è stata, in alcuni, la volontà di mettermi in cattiva luce. Non così la gente comune, quella che ti ferma per strada e dice di rimpiangerti. Ma questo non cancella l’amarezza verso il comportamento di qualcuno non particolarmente conosciuto prima dell’esperienza amministrativa nella mia giunta».

Pace fatta solo sulla carta, dunque, e a uso e consumo delle elezioni comunali, con il suo successore Paolo Perrone?

«Ce l’ho di più con altri».

Nomi?

«Lascio spazio all’immaginazione».

Uno dei primi a concederle l’onore delle armi in questo passo d’addio è Carlo Salvemini, figlio del sindaco che l’ha preceduta, Stefano, e poi suo strenuo oppositore in Consiglio. Scrive: “Stringo la mano ad Adriana Poli Bortone come quando ci si saluta a bordo campo dopo una partita dura, cattiva ma leale”.

«Ho rispettato molto suo padre. Del figlio mi sono dispiaciuti gli attacchi, a volte brutali. Ma gli riconosco grande passione. Lo ringrazierò».

Motivi di contrasto: l’arrivo del filobus e le spese per consulenze. Rifarebbe tutto?

«Sì. E lo dico con convinzione. Da mesi rivedo le carte del filobus e ripercorro la condivisione riscontrata intorno al progetto. Me lo immaginavo perfetto per una città bella come Lecce. La sognavo vissuta senza più la violenza quotidiana delle auto. Pensi a cosa sono i viali invasi dalle lamiere; rifletta sui costi della benzina e dei parcheggi. Forse a qualcuno conviene lasciare le cose così. E quanto alle consulenze, perché solo io avrei dovuto privarmene?».

Già. Ma il suo consulente giuridico è finito in galera per storie di presunte tangenti legate al filobus...

«Aspettiamo l’esito delle indagini. Non mi fa piacere quando un amministratore che si è assunto le sue responsabilità viene massacrato in altre sedi. In Italia il sistema dei controlli è saltato. Solo ora qualcosa sembra muoversi. E a me sembra cosa buona e giusta che ci siano dei filtri preventivi. Io sono stata bersagliata per quella che sembrava la più grossa speculazione edilizia e commerciale di Lecce, il caso Iskenia. Alla fine, però, per me non c’è stato neppure il rinvio a giudizio. E non mi pare che io sia stata trattata come ora si fa con Vendola».

Assist perfetto: il governatore di Puglia promette il ritiro in caso di condanna, Berlusconi dopo una condanna annuncia il ritorno. Lei da quale parte sta?

«Sono due temperamenti diversi. Entrambi effervescenti ed efficaci nella comunicazione. Ma io sono molto affezionata al presidente Berlusconi. Soprattutto quando spiazza, con le sue trovate, la gente».

Lui l’avrebbe voluta candidata alla presidenza della Regione, proprio contro Vendola.

«Nel naufragio di quella ipotesi ci sono state delle responsabilità diffuse. E le principali le addebito agli ex An, locali e regionali, che si sono prestati a firmare lettere contro l’opzione Poli. Provo amarezza. Ma volto pagina».

Lascia le istituzioni, non la politica. Salvemini le augura di godersi di più i nipoti.

«Ma quello già lo facevo. Certo, ora avrò più tempo per dedicarmi anche a loro. Questo è sicuro».

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