Il comandante Farina: «Il 2 Giugno e le Frecce Tricolori. La bandiera nei cieli è il nostro orgoglio per spazzare via il dolore di questi mesi»

Il tenente colonnello Gaetano Farina, comandante delle Frecce Tricolori
Il tenente colonnello Gaetano Farina, comandante delle Frecce Tricolori
di ROSARIO TORNESELLO
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Martedì 2 Giugno 2020, 14:28 - Ultimo aggiornamento: 3 Giugno, 12:19


Pittori dell’aria, scultori di emozioni in cielo. Decollano, volteggiano e planano tracciando in alto, sulla distesa di sguardi rapiti, il disegno che ognuno vorrebbe per sé sulla volta celeste, alla velocità delle emozioni, e solo a quella. Salgono, scendono, si incrociano. Poi uno di loro toglie il fiato quando punta in alto, sempre più su, fin quasi a fermarsi lì in cima, al centro dello spazio, nell’attimo del tempo sospeso: l’aereo, il cuore, il respiro, tutto fermo. L’istante fonde nella bellezza i colori della bandiera. Per cinque giorni le Frecce Tricolori hanno dipinto di verde, bianco e rosso i cieli d’Italia. E oggi, festa della Repubblica, lo faranno a Roma. Nessun dorma, c’è sempre un’alba per vincere.
Tenente colonnello Gaetano Farina, la bandiera raffigurata dalle Frecce Tricolori da lei comandate unisce l’Italia in un unico abbraccio. E oggi è anche la fine del lockdown.
«L’abbraccio tricolore, così è stato battezzato questo tour che ha toccato i capoluoghi di regione per raggiungere idealmente tutti gli italiani, è un progetto voluto dal Ministro della Difesa per dare alla nostra gente un segnale di speranza e rinascita dopo la fase più dura legata all’emergenza sanitaria. Un’iniziativa che tutta l’Aeronautica Militare ha sviluppato con estrema gioia, proprio per il valore del messaggio: siamo stati entusiasti sostenitori di un’attività senza precedenti che in cinque giorni ci ha permesso di stendere i fumi tricolori sulla nostra bella Italia. Farlo poi alle porte del 2 Giugno arricchisce di ulteriore significato ciò che abbiamo avuto l’onore di fare».
Un’operazione simbolica e spettacolare per una nazione messa a durissima prova. Quanta emozione?
«In volo la concentrazione su ciò che si fa è tale da lasciare sempre poco spazio alle emozioni. Devo dire, però, che stavolta è stato difficile non pensare al significato profondo del messaggio che stavamo portando a chi dal basso ci seguiva con lo sguardo; lo realizzavo subito dopo ogni atterraggio guardando negli occhi i piloti: una profonda soddisfazione, la felicità di aver donato un momento di gioia a tante persone che hanno passato mesi caratterizzati da dolore e sacrificio».
Nella prima tappa avete sorvolato le zone più colpite dall’emergenza. Tra tutte, Codogno. Per chi sta a terra, un segno di speranza. Com’è il dolore visto dall’alto?
«Lo descriverei come un alone di tristezza nell’azzurro del cielo. Le Frecce Tricolori esistono per rappresentare i valori più positivi di tutta l’Aeronautica Militare, e con essa delle altre Forze Armate e dell’intero sistema Italia: è qualcosa che abbiamo tenuto bene a mente. L’idea era di spazzare via quell’alone dal cielo con la forza del nostro tricolore, con l’emozione suscitata negli italiani al passare della loro bandiera; qualcosa che - a quasi 160 anni dall’unità d’Italia - sa scaldarci ancora il cuore e farci sentire una comunità coesa. Ecco, se mi chiede come vedevo il dolore dall’alto le rispondo che era una nuvola che stavo allontanando con il tricolore, perché oltre le nuvole c’è sempre il sole: splende come la forza degli italiani di fronte alle difficoltà».
Comandante, voi operate in una sfera di apparente intangibilità. Come ha vissuto questi mesi di confinamento? E qual è stato il suo rapporto con la paura e il dolore?
«Le Frecce Tricolori non hanno mai fermato la propria attività di addestramento. Ovviamente è stato un periodo difficile, anche perché continuare a prestare servizio poneva dei rischi diversi dallo stare in casa, rischi sostenuti indirettamente anche dai nostri familiari. Abbiamo preso tutte le precauzioni del caso, ricorrendo il più possibile ad organizzazioni di lavoro agile per minimizzare la compresenza di personale in aeroporto e attuando gli accorgimenti di protezione e distanziamento raccomandati. Devo dire che se da un lato si percepiva l’atmosfera surreale che abbracciava l’intero Paese, dall’altro il concentrarsi sulle attività quotidiane riconduceva un po’ a una parvenza di normalità: la preoccupazione sicuramente c’era, ma ha prodotto l’effetto positivo di aumentare i livelli di attenzione, così come l’addestramento ci prepara ad affrontare la componente di paura propria delle attività umane».
Il vostro valore aggiunto è nel lavoro di squadra. Non le chiedo un giudizio “politico” ma in qualche modo di merito: l’Italia è all’altezza del vostro esempio? Mi spiego: ci siamo dimostrati capaci di affrontare il compito epocale cui, come singoli e come società, siamo stati chiamati?
«Qualcuno molto prima di me ha detto che la storia non si fa con i se e con i ma, quindi nessuno può sapere cosa avrebbero prodotto politiche o comportamenti differenti nel fronteggiare questa emergenza. Io sono un militare, con un profondo rispetto delle istituzioni repubblicane alle quali ho prestato giuramento di fedeltà, quindi nutro piena fiducia nel fatto che gli organi preposti, a ciascun livello, abbiano agito al meglio. In questi mesi ho anche registrato tante belle prove di orgoglio e di unità offerte dagli italiani, che hanno saputo trovare coesione, solidarietà e disciplina. Questo anche grazie all’esempio di tanti lavoratori, dalla sanità alla distribuzione alimentare, o ancora alla logistica; persone che in operoso silenzio hanno saputo dare il meglio, diventando anche degli eroi quando la situazione lo ha richiesto: penso ai comitati di volontari per l’assistenza alle fasce deboli e agli anziani; alle catene alimentari; ai tanti cittadini che si sono posti il problema di come essere utili agli altri. Tutto ciò mi rende estremamente orgoglioso di appartenere a questa comunità, di servirla insieme a tutti i militari con cui condivido quel giuramento di fedeltà. Non mi chiederò mai se l’Italia è all’altezza delle Frecce Tricolori, perché il nostro Paese è ciò che siamo tutti insieme, il valore più alto: sono le Frecce Tricolori a dover essere all’altezza di tutto questo, mai il contrario».
Organizzare un tour a tappe lungo lo Stivale non deve essere un gioco da ragazzi. Quanto è stato complicato?
«Sorvolare tutta l’Italia è un’attività molto complessa sotto il profilo operativo, che richiede una pianificazione attenta e continui coordinamenti a diversi livelli. Questo, in un volo a tappe lungo cinque giorni, comporta continui adattamenti del piano iniziale. Siamo i primi ad essere dispiaciuti per coloro che, colti di sorpresa, non sono riusciti ad assistere dal vivo al nostro passaggio, ma l’auspicio è che abbiano comunque recepito il valore simbolico del nostro abbraccio».
Da domani, 3 giugno, cadono le frontiere regionali negli spostamenti. Ha fiducia nel comportamento dei cittadini?
«Avrò sempre fiducia negli italiani: spesso ci concentriamo sulle eccezioni negative, su quegli esempi isolati che non rispettano appieno le regole e, di conseguenza, la collettività che esse tutelano. Ci dimentichiamo però che dietro questi casi c’è sempre una moltitudine, la maggioranza delle persone, che si comporta con diligenza e senso di responsabilità. In fondo si tratta di questo: essere responsabili nei piccoli gesti. Se l’intervista può servire come appello, lo faccio volentieri».
La crisi ha spinto sull’acceleratore dell’innovazione. Voi vi muovete in un comparto ad alto contenuto tecnologico. Crede davvero che nulla sarà più come prima?
«Di fatto, il “nulla è come prima” spesso vale già da un giorno all’altro. Un momento così significativo della nostra storia lascerà un segno in tutti noi. Probabilmente lo farà anche sotto il profilo delle relazioni, grazie agli strumenti di comunicazione che oggi abbiamo a disposizione. Tuttavia non penso che queste nuove vie di interazione, per quanto utili e pratiche, potranno mai sostituire il piacere di una stretta di mano o il calore di un abbraccio: dovremo essere bravi a non creare un mondo di individui isolati con relazioni solo virtuali».
Lei è stato pony, capoformazione e ora comandante a terra della pattuglia. Si prova più emozione a salire o a scendere da quegli aerei?
«Sono due emozioni molto diverse tra loro: il primo volo con le Frecce Tricolori mi ha sicuramente dato un forte senso di appagamento, perché coronavo un sogno. Non vuol certo dire che mi sentivo arrivato, perché in questo “mestiere” si impara fino all’ultimo giorno. Coordinare il volo da terra come comandante è diverso: finalmente riesci a sentire ogni vibrazione ed emozione del pubblico. Mi ritengo un privilegiato».
Lei è originario di Francavilla Fontana. Cos’ha provato nel sorvolare la Puglia? Questa terra così bella rischia di pagare un prezzo alto alla crisi, soprattutto nel comparto turistico.
«Il legame con i luoghi che mi hanno visto nascere e crescere è qualcosa di inscindibile. Uno degli orgogli che mi porto dietro quando stendiamo il tricolore in giro per il mondo è quello di sentirmi ambasciatore della mia terra; per questo sorvolarla ha ogni volta un sapore speciale. In Puglia ho ancora tantissimi amici e, soprattutto, la mia famiglia di origine: sono sempre felice di tornarci. Nessuno può negare che si tratti di una regione bellissima, un po’ come tutti gli angoli della nostra amata Italia che ho avuto la fortuna di scoprire anche grazie alle Frecce Tricolori: sono assolutamente certo che sapremo sempre rialzarci e tornare ad incantare il mondo con la bellezza del nostro Paese, che resterà nell’olimpo del turismo internazionale, così come un’eccellenza in tanti altri settori che hanno reso famoso ovunque il “made in Italy”».
Il futuro è dei giovani. Quale augurio si sente di fare loro, in un giorno così carico di significati?
«Proprio questo: non dimentichino che il futuro è loro. Ciò comporta sicuramente una responsabilità, ma anche un pizzico di incoscienza. È vero, dovranno saper imparare da una simile emergenza come da tante altre circostanze che hanno segnato il nostro tempo, spesso in maniera negativa, ma senza mai dimenticare la fiducia nel domani: la certezza che farcela dipende solo da loro. Il mio augurio è di iniziare subito a costruire il proprio futuro. Sono certo che ce la faranno».
 
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