Voto di scambio a Bari, la commissione antimafia accende i fari: chiesti gli atti dell'inchiesta

Voto di scambio a Bari, la commissione antimafia accende i fari: chiesti gli atti dell'inchiesta
Voto di scambio a Bari, la commissione antimafia accende i fari: chiesti gli atti dell'inchiesta
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Martedì 9 Aprile 2024, 15:50 - Ultimo aggiornamento: 16:22

La commissione parlamentare Antimafia ha chiesto tutti gli atti riguardanti l'inchiesta di Bari. Non solo le carte pugliesi però. Perché al vaglio ci saranno anche gli atti di Torino e Palermo. Le tre inchieste riguardano, con vicende differenti, la compravendita di voti elettorali o voti di scambio.

La richiesta era stata avanzata da Piero Pittalis, deputato di Forza Italia e componente della commissione.

Cataldo: suggestioni investigative

«Suggestioni investigative». Sandro Cataldo, tramite il suo legale Mario Malcangi, respinge così le accuse di corruzione elettorale che gli avanza la Procura in merito alle comunali di Grumo Appula del 2020, collegate con le Regionali, e le amministrative di Triggiano del 2021. Nessun "sistema Sandrino", secondo il marito dell'ex assessora regionale ai Trasporti, Anita Maurodinoia, che ieri ha risposto alla gip del tribunale di Bari, Paola Angela De Santis, nell'interrogatorio di garanzia.

Ad attendere Cataldo nell'aula A al piano terra dell'edificio di via Dioguardi, una folla di cronisti, giunti da tutta Italia. Il caso Bari, dopo gli arresti di "Codice interno", le indagini su Maurodinoia e lo stop alle primarie, infiamma l'attenzione nazionale. Cataldo è rimasto in aula oltre due ore. Il suo legale si è fermato poi a parlare con i cronisti annunciando di voler chiedere l'attenuazione della misura cautelare. «Ha negato - ha spiegato Malcangi - di aver pagato 50 euro a voto - ha detto il suo legale, Mario Malcangi - è tutto frutto di una suggestione investigativa. Ci sono episodi di corruzione elettorale, documentati, che non sono ascrivibili a lui». «Il tema - ha aggiunto solleticato dalle domande - è quello di credere che un sistema politico fatto con il porta a porta, tra telefonate e contatti, sottenda a un comportamento illecito. Queste situazioni che, eticamente, possono non essere comprese dai più, in realtà non sono alla base di illeciti».

Cataldo ha preso le distanze dall'ipotesi di un "sistema": «Lui certamente non è l'autore di un programma di questo genere, l'istigatore o cose di questo genere. Se ci sono state delle condotte illecite, fanno capo a chi le ha poste in essere. Non è un sistema organizzato secondo quel tipo di organizzazione».
Malcangi ha fatto riferimento anche alle parole, riportate nell'ordinanza di custodia cautelare, di colui che si definiva il "figlioccio" di Cataldo, ovvero Armando Defrancesco, che accennava all'esistenza del metodo Sandrino: «Si tratta - ha spiegato Malcangi - di una delazione che Defrancesco fa a Leone (Gerardo Leone è il finanziere che avrebbe fatto partire la denuncia da cui sono scaturite le indagini).

Ma Defrancesco è un soggetto su cui bisogna attivare delle ponderate riflessioni».

A Cataldo è contestato anche l'utilizzo di un database informatico con tanto di 2mila nominativi, allegati a tessere elettorali e documenti di identità, come riferimento per l'acquisto di voti. «Sono elenchi - ha ribattuto il suo legale - tipici della campagna elettorale: è un sistema per tenere sotto controllo il territorio nell'accezione migliore del termine, non in senso deleterio. Serve a verificare che tutte le possibilità di voto siano state cercate, approfondite. C'è un forte equivoco alla base di questa accusa». «Lo stato d'animo di Cataldo - ha spiegato l'avvocato - non è dei migliori. Anche per l'indagine nei confronti della moglie. Ci vorrà del tempo ma avremo modo di chiarire».
Insomma, accuse rispedite al mittente e scaricate su eventuali collaboratori che potrebbero aver chiesto soldi in cambio di voti durante le campagne sotto la lente della procura di Bari. Tra cui quella che, nel 2021, ha portato sulla poltrona di primo cittadino di Triggiano, l'ormai ex sindaco, Antonio Donatelli, che ieri ha annunciato le dimissioni dopo la sospensione imposta dal prefetto. Per lui l'interrogatorio è scattato prima di quello di Cataldo. «Donatelli è sereno - ha detto il legale - e ha chiesto al giudice l'autorizzazione per comunicare alle autorità comunali e prefettizie le sue irrevocabili dimissioni. Ha detto di avere una responsabilità morale e politica nei confronti della sua coalizione, per cui se c'è il sospetto che anche un solo voto sia inquinato, si dimette». Donatelli, ha spiegato Modesti, «ha ammesso di conoscere Cataldo e Defrancesco ma non era a conoscenza» di eventuali illiceità né «ne ha avuto alcune percezione. Siamo fiduciosi - ha aggiunto - che verrà dimostrata la sua estraneità ai fatti. Se ipoteticamente fossero stati comprati tutti i voti di tutte le liste che sono nel mirino delle investigazioni - ha concluso Modesti - la coalizione di Donatelli avrebbe comunque vinto le elezioni" del 2021 dato "lo scarto talmente grande" con l'avversario». Il giro di interrogatori relativi alla nuova inchiesta che scuote la politica barese e nazionale è cominciato venerdì: si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Nicola Lella, assessore alla polizia municipale di Grumo Appula, e Armando Defrancesco, il collaboratore numero uno di Sandrino Cataldo.

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