Criminalità, allarme al San Paolo: «Giovani e troppe armi», la spirale di sangue e vendette

Criminalità, allarme al San Paolo: «Giovani e troppe armi», la spirale di sangue e vendette
Criminalità, allarme al San Paolo: «Giovani e troppe armi», la spirale di sangue e vendette
di Nicola MICCIONE
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Venerdì 15 Settembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:09

Un gruppo giovane composto da «soggetti detentori di un rilevante numero di armi». È un filone d’indagine, snodatosi da quello chiuso a settembre dello scorso anno, in una spirale di sangue e vendette. E una faida, quella fra il clan Strisciuglio e la famiglia Vavalle, di cui è piena la storia del San Paolo. Nel terzetto sgominato dai carabinieri di Bari, oltre ai nomi del 21enne Gennaro Sardella e del 29enne Leonardo Cassano, spicca quello di suo fratello Nicola, di 24 anni, tutti condotti in carcere con le accuse, contestate a vario titolo, di concorso in tentato omicidio (quello del 21enne Francesco Vavalle), porto e detenzione di arma da sparo, con l’aggravante del metodo mafioso.

Nico, alias «Lo sciacallo», nell’interrogatorio di garanzia svoltosi ieri dinanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Giuseppe Ronzino, assistito dall’avvocato Nicola Oberdan Laforgia, ha scelto la strada del silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere, mentre questa mattina, sempre nel carcere di Bari, toccherà agli altri due indagati. Storie vecchie e nuove di intimidazioni iniziate il 30 giugno dello scorso anno, quando i fratelli Vavalle, a bordo di un motociclo, «avevano raggiunto e bloccato», in via D’Alesio, secondo le indagini degli inquirenti, coordinate dal pubblico ministero antimafia Fabio Buquicchio, Giacomo Di Natale, detto «Munez», affiliato agli Strisciuglio, «nel tentativo di pestarlo, non riuscendovi solo per l’intervento di Sardella, anche lui affiliato agli Strisciuglio, il quale, accortosi delle intenzioni dei Vavalle, usciva di casa nonostante fosse ai domiciliari», picchiando «Francesco Vavalle, riuscendo a metterlo in fuga con il fratello Giuseppe».

I dettagli

Sullo sfondo «un’estorsione consumata tempo addietro» da Di Natale e da Cassano ai danni del bar Gran Caffè, di proprietà della famiglia Vavalle.

Un clima da botta e risposta, sfociato nel tentato omicidio di «Checco», il 1 luglio scorso. È stato lui stesso a raccontarlo: «Quando io e Giuseppe siamo usciti dal bar ho notato una moto che saliva da viale delle Regioni, che giungeva nella nostra direzione. Preoccupato, ho detto a mio fratello di scendere dall’auto perché pensavo che avrebbero potuto sparare contro di noi e lui, stando seduto in macchina, sarebbe stato più facilmente colpito». I due fratelli si sono così allontanati, il più giovane in sella ad una moto, il più grande al volante di un’auto.

«Superato l’incrocio con via Trentino Alto Adige - ha proseguito - e giunto a quello di via Caposcardicchio, ho visto la stessa moto di prima che è arrivata a circa trenta metri da me ed ha iniziato a sparare contro di me. Mi hanno sparato circa sei, sette colpi; istintivamente mi sono abbassato e sono scappato verso casa mia». I fotogrammi di un impianto di videosorveglianza hanno confermato che sarebbe stato Sardella, «dopo avere ricevuto una pistola carica dagli altri due indagati» (i fratelli Cassano), a bordo di una moto Honda SH300 «condotta da una quarta persona in via di identificazione», ad aprire il fuoco. «Ho visto le fiammate provenire dal passeggero che mi ha puntato verso il mio corpo», ha aggiunto Vavalle. Che, secondo Michelangelo Sardella, fratello di Gennaro, girava armato: «Lui si mette al lato che ha il servizio». [RIPRODUZ-RIS]

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