Il dato è tuttavia positivo: nel 2022 c'è stata «una graduale diminuzione dei reati contro il patrimonio culturale, anche alla luce delle innovazioni legislative che hanno inasprito il sistema sanzionatorio, rendendo più efficace l'attività repressiva». Lo evidenzia il Nucleo Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale di Bari, che traccia un bilancio per l'anno passato delle attività investigative avviate nelle regioni di Puglia e Basilicata ma con riflessi sull'intero territorio nazionale e all'estero. È stato restituito al patrimonio culturale italiano, un ingente numero di beni culturali a rischio di definitiva dispersione sul territorio.
I numeri
Il Nucleo di Bari ha deferito all'Autorità Giudiziaria 119 persone per reati di ricettazione, violazioni in materia di ricerche archeologiche, contraffazione di opere d'arte, violazioni in danno del paesaggio ed altre tipologie di reato previste dal Codice dei beni Culturali e del paesaggio e dal Codice Penale. Sono state eseguite 26 perquisizioni domiciliari e locali che hanno consentito il recupero di 3.707 beni culturali (erano 2.009 nel 2021), di cui 5 di tipo antiquariale, archivistico e librario, 3613 reperti archeologici, 80 reperti paleontologici oltre a 9 opere d'arte contraffatte, per un valore economico stimato in 2.811.500 euro per i beni autentici e di 255.000 euro per quelli contraffatti, qualora immessi sul mercato come autentici.
Reperti archeologici
Particolare impulso è stato dato alla tutela delle aree archeologiche.
Le operazioni
Tra le più importanti dell’anno, anche a livello nazionale, è sicuramente da menzionare “Freezing” che ha consentito il rimpatrio, dall’Austria, del dipinto “Caritas Romana” di Artemisia Gentileschi. La tela seicentesca, appartenente all’eredità del Conte Giangirolamo II Acquaviva, già conservato presso il Castello Marchione di Conversano (BA), era stato esportato illecitamente dal territorio nazionale nel tentativo di commercializzarlo all’estero. Due persone sono state indagate.
Altra importante attività investigativa avviata e coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari, consentiva di individuare una preziosa collezione archeologica, consistente in 103 reperti di natura ceramica risalenti al periodo compreso tra il V sec. a.C. e il I sec. d.C., di inestimabile valore storico-culturale ed importantissimo valore economico, custodita all’interno della sala riunioni della sede centrale della Banca Popolare di Bari. Le investigazioni, che hanno accertato l’assoluta estraneità della nuova dirigenza, secondo l’impostazione accusatoria, afferiscono ad un’operazione di compravendita di reperti archeologici perfezionata nell’anno 2009 dall’allora Amministratore Delegato dell’istituto bancario.