I latitanti della mala pugliese: ecco la sfilza di arresti rocamboleschi

I latitanti della mala pugliese: ecco la sfilza di arresti rocamboleschi
di Roberta GRASSI
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Martedì 17 Gennaio 2023, 09:23 - Ultimo aggiornamento: 21:29

Incessante la lotta alla mafia, mai conclusa quella alla Sacra corona unita. Guai a pensare che non ci sia più nulla da temere. È vero, lo dicono gli inquirenti, lo si ritrova nelle relazioni degli investigatori, che i pentiti e gli arresti hanno fiaccato le associazioni criminali pugliesi. Ma chi dimentica i Novanta e i primi Duemila. Anni di conflitti roventi. Anni di indagini serrate, di maxi processi e ordini di cattura non sempre eseguiti in real time. Anche nel tacco d'Italia i capi o i fidati collaboratori hanno latitato. Talvolta a lungo, in altre circostanze un po' meno. Ma gli arresti spettacolari caratterizzano la storia della malavita pugliese così come di tutte le altre mafie. Oggi di latitanti ne restano pochi. E si tratta per lo più di personaggi di secondo piano.

Foggia

Per lo meno è così ovunque, in tutte le province, eccezion fatta per Foggia dove la situazione è del tutto differente dal resto dei territori.

La criminalità è feroce e organizzatissima. L'antistato continua ad alzare la testa e la sfida, al momento, è tutt'altro che vinta. Mancano all'appello Leonardo Gesualdo, detto il Vavoso, sfuggito al blitz antimafia Decimabis. Gianluigi Troiano, svanito nel nulla a dicembre 2021, considerato il riferimento su Vieste del gruppo criminale Lombardi-Scirpoli. Poi, Olinto Bonalumi, il Lupin di Foggia, ma non c'entra nulla con la mafia: deve scontare 13 anni per rapina. Invece Savino Ariostini, alias Nino 55, elemento di spicco della Società Foggiana, era latitante ma è stato arrestato a ottobre scorso a seguito del conflitto a fuoco con la polizia in Campania, dopo il mancato assalto ad un portavalori. Nella sparatoria morì uno dei rapinatori, Ariostini fu preso il giorno dopo mentre fuggiva con addosso la maglia dell'Audace Cerignola.

Bari


La provincia di Bari non è caratterizzata da una storia di grandi fughe. Nel 2020 si cercò a lungo Ivan Caldarola, 20 anni, figlio del boss del clan Strisciuglio Lorenzo Caldarola, che era tra coloro che scapparono via nella maxi evasione dal carcere di Foggia. Fu accompagnato dalla madre a costituirsi. Niente di paragonabile alle strategie della vecchia guardia.
Nell'aprile scorso a Bari, in zona San Giorgio si fece incastrare per una debolezza: la videochiamata in carcere con papà: si parla di Nicola Lorusso, 24 anni, figlio di Umberto, considerato il capo del clan omonimo che nei quartieri del litorale nord del capoluogo - San Girolamo, Fesca e San Cataldo - gestisce i traffici illegali. Una cosca in contrapposizione a quella dei Campanale che, in una storica faida, è radicata nello stesso territorio. Storielle di quartiere. Andando indietro nel tempo c'è l'arresto di Orazio Porro, uno dei latitanti pugliesi del periodo del contrabbando. Uno di quelli che avevano trovato rifugio in Montenegro. Nel marzo'98, dopo sei mesi di irreperibilità assoluta, fu beccato dalla Dia al confine con la Jugoslavia.

Brindisi


Brindisi, con i suoi anni d'oro collegati alle bionde, traffici da cui è scaturita una guerra di mala, ha consegnato agli annali un elenco nutrito di figure criminali di spicco. E di latitanze eccellenti. Nel 2000 a Salonicco fu arrestato Francesco Prudentino, un manager dell'impresa criminale collegata ai tabacchi lavorati esteri. Stava scendendo da un'auto ed entrando in un negozio. Leggenda narra che una volta resosi conto di essere stato scoperto si sia complimentato. Ma anche questo è un aneddoto che si ripete, tanto da caratterizzare il genere letterario dell'arresto del latitante.
Nessuno dimentica il giorno in cui cadde in trappola Vito Di Emidio, detto Bullone. Svanito nel nulla nel 1995, fu catturato nel 2001 dopo un inseguimento in cui furono sparati colpi di pistola. Si pentì subito dopo e confessò 21 delitti sanguinari. Più recenti le operazioni in cui sono stati condotti in cella Andrea Bruno, di Torre Santa Susanna e il mesagnese di vertice, Francesco Campana, mesagnese ritenuto uno dei capi del clan che controllava brindisi città.

Salento

Nel Salento si inizia nell'89 con la cattura di Gianni De Tommasi, di Campi Salentina. Poi c'è Filippo Cerfeda, diventato collaboratore di giustizia e ora autorizzato a cambiare nome. Reo confesso di 15 omicidi, alla guida del clan leccese dal pentimento di Dario Toma fino all'arresto in Olanda a marzo del 2003. Nel 1992 era toccato a Totò Rizzo, ad Andria. Il boss, ora ristretto in regime di 41 bis nel carcere dell'Aquila. In epoca più recente, spicca l'evasione da un ospedale di Fabio Perrone, detto Triglietta. Quando lo presero gli dissero: Triglietta, sei fritto. Taranto pure ha fornito il suo contributo alle varie storie di manette scattate dopo lunghe o brevi ricerche: nel 2021 Cosimo Cesario, capoclan di 61 anni, conosciuto con il soprannome di Giappone fu scovato dalla Mobile. Era ricercato da 4 mesi, lo ritenevano coinvolto nei traffici di droga.
R.Gra.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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