L'arresto del boss, i parenti delle vittime: «Attendiamo la verità. Non si abbassi la guardia»

L'arresto del boss, i parenti delle vittime: «Attendiamo la verità. Non si abbassi la guardia»
di Roberta GRASSI
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Martedì 17 Gennaio 2023, 04:35 - Ultimo aggiornamento: 12:29

Il telefono squilla alle 9.30 del mattino. Sul cellulare appare la notifica. Il telegiornale va in onda con un’edizione straordinaria. E il cuore batte forte, finisce in gola. Giustizia è fatta, anche se mancano brandelli di verità. Lo Stato ha trionfato sulla mafia, anche se ci sono voluti trent’anni per catturare il latitante per antonomasia, Matteo Messina Denaro. 
«Mi spiace solo che mia madre non ci sia più e non abbia potuto vivere questo momento», dice Tilde, sorella di Antonio Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone, di Calimera, morto nella strage di Capaci. Fra i mandanti anche Messina Denaro che però non era mai stato assicurato alla giustizia. 

La battaglia della sorella del caposcorta


«Da tanti anni continuiamo a cercare verità e giustizia - aggiunge Tilde Montinaro - e quando vengono consegnati gli assassini alla giustizia non è che il dolore passi, ma un po’ si scolorisce. Ed è un pezzo di speranza in più». La gratitudine è tutta per i Ros dei carabinieri, per la procura di Palermo. Per lo Stato che trionfa e sconfigge: «La strage di Capaci - racconta - è entrata violentemente in casa nostra e ha sconvolto le nostre vite. Ha distrutto la vita di mia madre e di tutti noi. Quando si apprendono notizie di questo genere, ci si sente comunque colpiti. L’arresto di Matteo Messina Denaro è avvenuto comunque a Palermo, non era andato all’estero, distante chilometri e chilometri. Era qui, camminava tranquillamente per le vie di Palermo, Trapani, Marsala. Questo un po’ ci deve far pensare. Hanno continuato ad avere relazioni, rapporti che hanno permesso la latitanza e hanno garantito copertura e protezione. Bisogna partire proprio da questo. Ho sentito dire a qualcuno che la mafia così è stata sconfitta, ma non è così. Non bisogna abbassare la guardia». 
Un punto di partenza, insomma.

Per proseguire quell’opera di diffusione della cultura della legalità che si compie quotidianamente, scuola per scuola, incontro dopo incontro. Quanto all’arresto, l’augurio è che possa trattarsi del preludio alle rivelazioni che servono per ricostruire fatti ancora oscuri: «Ci sono tantissime verità ancora da rivelare. Ho sempre detto in questi anni che abbiamo rincorso una verità non vera e una giustizia non giusta. Per un famigliare, non è facile vivere così. Il dolore non passerà mai, però viene sbiadito dalla verità». 

Le parole commosse della vedova


Commossa anche Tina, la vedova di Antonio Montinaro: «Oggi per i familiari delle vittime della mafia e per i palermitani onesti è una bellissima giornata, una giornata di festa. Lo Stato ha vinto, ringraziamo tutte le forze dell’ordine, e i carabinieri in particolare, e i magistrati per questo risultato, per questa bella notizia dopo 30 anni di latitanza». 
La donna ricostruisce gli istanti in cui ha appreso la notizia, attimi che probabilmente non dimenticherà: «Mi ha chiamato uno dei miei figli e mi ha dato la bella notizia - aggiunge -. Mi ha commosso vedere in tv le immagini delle persone presenti al momento dell’arresto che applaudivano. Significa che c’è tanta brava gente. Fa riflettere, però, il fatto che Messina Denaro abbia potuto contare su così tante persone accanto a lui che lo hanno protetto in tutti questi anni. C’è ancora tanto lavoro da fare in questa città, ma oggi è un giorno bellissimo». L’arresto dell’ex primula rossa per la vedova del caposcorta che da anni gira nelle scuole per alimentare la memoria delle vittime di Cosa nostra «ripaga del dolore vissuto in tutti questi anni». «Il mio ringraziamento va al governo, a tutte le forze dell’ordine che ci sono sempre state vicine». 
Il procuratore della Repubblica di Palermo, Maurizio De Lucia, nel ricostruire i momenti dell’arresto e delle indagini che lo hanno preceduto e da cui è scaturito ha rivolto subito un pensiero ai famigliari di chi non c’è più, ritenendo di aver chiuso un importante capitolo e conti rimasti aperti per troppo tempo: «Abbiamo catturato l’ultimo stragista del periodo 92-93. Abbiamo saldato un debito con le vittime», ha spiegato. 

Il monito del fratello 


Soddisfatto l’altro fratello di Antonio, Brizio, ma non entusiasta: «Ho saputo da una mia sorella. Naturalmente è sempre un momento positivo quando vengono eseguiti arresti di questo calibro, ma non bisogna dimenticare che si tratta spesso di risultati che si ottengono in momenti di avvicendamento di sistemi di potere. Chi segue da vicino queste vicende sa che era noto che Messina Denaro fosse un malato oncologico. Oggi ha tutto l’interesse a voler essere curato in maniera diversa da come ha fatto fino aggi. Certi sistemi di potere sono intrecciati con altri. Non mi aspetto molto, ora. Non si può pensare, ancora oggi, che il sistema delle mafie possa essere annullato dalle Istituzioni». 

 

I familiari di Rocco Dicillo


Tra le vittime pugliesi di Capaci c’è anche Rocco Dicillo, di Triggiano. Per lui il fratello Michele e la fidanzata dell’epoca Rosalba Terrasi si battono recandosi dagli studenti, per affermare i principi della lotta a ogni forma di mafia. La notizia insomma, pochi istanti dopo la cattura, è giunta in Puglia come in tutte le altre regioni d’Italia. Passando per Calimera e per Triggiano dove lo choc, il dolore, lo sconcerto, si rinnovano ad ogni cerimonia, ad ogni ricorrenza, come avvenuto nella Grecìa salentina per i 60 anni di Montinaro. Stavolta il messaggio è di speranza: 31 anni dopo le stragi, 30 anni dopo l’arresto di Totò Riina, anche MatteoMessina Denaro ha smesso di fuggire. E potrà rispondere dell’orrore che gli viene contestato. 

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