Caso Vannacci: è pugliese la libraia anti-generale. Clara Abatangelo: «Nella mia libreria no al suo libro»

Clara, la libraia anti Vannacci è pugliese: «Nella mia libreria no al suo libro»
Clara, la libraia anti Vannacci è pugliese: «Nella mia libreria no al suo libro»
di Massimiliano MARTUCCI
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Sabato 26 Agosto 2023, 12:33 - Ultimo aggiornamento: 20:32

Basta annunciare di non vendere il controverso libro di Roberto Vannacci per ottenere visibilità e attenzione in tutta Italia. Accade a Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, dove c'è una libreria Ubik, gestita da Clara Abatangelo, classe 1982, nata e cresciuta a Martina Franca, andata via per studiare a Trieste e poi non è più tornata.

Il 21 agosto scorso, nel pieno delle polemiche sul libro del generale Vannacci, pubblica una foto del cartello sulla vetrina della libreria, che recita: «S'invita la gentile clientela a non chiederci il libro di Vannacci», con la foto della copertina del volume a testa in giù.

La foto, considerando clima e argomento, è immediatamente divenuta virale, tanto da far guadagnare, se così si può dire, infuocati editoriali sulla libertà di stampa e di parola da parte dei quotidiani di centrodestra.

In un Paese in cui la profondità della spaccatura dell'opinione pubblica è scavata ancora più in profondità dalle piattaforme social, una scelta del genere, legittima e sostenuta anche da una motivazione culturale che non fa una piega, ha però fatto ricevere alla imprenditrice culturale martinese moltissimi insulti e diverse minacce.

L'importanza di leggere

«L'altro giorno un signore anziano ha aperto la porta e ha urlato "Libreria di m..."», ha dichiarato la Abatangelo ai colleghi di un quotidiano del posto, raccontando poi che gli insulti si leggono anche sotto ai post dei libri dedicati ai bambini. Ignoranza e social network sono un mix letale. E sebbene il libro non sia disponibile tramite la classica distribuzione, ma solo sulle piattaforme online, dichiarare apertamente di non essere disponibile a ricevere richieste in tal senso è una presa di posizione sostenuta da una profonda riflessione, come spiega la stessa libraia: «Credo che studiare e leggere, da sempre, ma oggigiorno più che mai, sia il solo gesto rivoluzionario possibile per cambiare le cose. Perché leggere e studiare sono un principio di democrazia. O almeno, l’origine di ogni rivoluzione a mio avviso parte da qui. Studiare aiuta a comprendere che capire e giudicare non sono sinonimi, che la vita è per definizione mescolanza e relazione; che la cultura è un processo intrinsecamente connesso al confronto, alle metamorfosi, alle mescolanze. La cultura permette di correggersi a ogni passo e consente di partecipare alla cultura degli altri e alla complessità di ogni alterità. Lo studio insegna che si può essere uguali nei diritti e nei doveri. Che l’iniquità che regna nel mondo è vergognosa. Che si può barattare rabbia e odio con l’intelligenza» e quindi: «Michela Murgia diceva più o meno questo: “Bisognerebbe dire Engagé al posto di intellettuale. Engagé in francese vuol dire coinvolti, impegnati, fidanzati con la realtà. Gli intellettuali sono persone che pensano sé stesse come creature fidanzate con il proprio tempo, che possiedono gli strumenti per raccontare una storia d’amore che spesso è anche contraddittoria, conflittuale, dolorosa. Ci sono libri e romanzi che bastano da soli a rimettere in discussione il nostro presente. Ci devi mettere il corpo però: la faccia, il rischio della ferita; devi mettere sul piatto l’ipotesi della tangibilità e anche della vulnerabilità. La carta non sanguina, tu sì. Quindi, facendo diventare ciò che dici importante e rilevante quanto ciò che sei, ti esponi a diventare bersaglio di chi contrasti. Ma questo è un rischio che si deve correre. Essere ammirati ed essere presi di mira hanno la stessa radice etimologica. Non puoi pensare di essere l’orizzonte aspirazionale di qualcuno e non prendere qualche sasso. Stare nel crinale del testimoniare il tempo significa anche prendere gli schiaffi del tempo. La capacità di riconoscere i luoghi della storia ha un prezzo”».

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