Traffico e smaltimento illecito di rifiuti: cinque arresti

Traffico e smaltimento illecito di rifiuti: cinque arresti
Traffico e smaltimento illecito di rifiuti: cinque arresti
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Martedì 13 Giugno 2023, 08:16 - Ultimo aggiornamento: 16:48

Cinque arresti e il sequestro di capannoni e denaro. Questi i dettagli dell'operazione messa a segno all'alba di questa mattina dai carabinieri del nucleo per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica di Napoli e della Sezione di Polizia Giudiziaria di Taranto.

I militari hanno dato esecuzione a 5 provvedimenti cautelari agli arresti domiciliari e ai sequestri disposti dal gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, per i reati di associazione per delinquere ed attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, gestione illecita di rifiuti speciali e discarica abusiva. L'operazione è stata eseguita nei territori di Taranto, Brindisi, Matera e Bari.

L'inchiesta

Gli arresti rappresentano il punto di arrivo il di una complessa attività investigativa focalizzata sul fenomeno degli abbandoni di rifiuti speciali su terreni situati nelle campagne della provincia di Taranto.
Le indagini hanno preso il via a luglio del 2019, dopo il rinvenimento ad opera del nucleo di Taranto della Sezione di Vigilanza Ambientale della Regione Puglia di rifiuti pericolosi costituiti da ritagli e cascami di lavorazioni della pelle, abbandonati in terreni del tarantino e da successivi ulteriori rinvenimenti della stessa tipologia di rifiuti in altre aree dello stesso territorio. Le successive indagini hanno consentito di ipotizzare quali fossero le aziende produttrici dei rifiuti, tutte operanti nella produzione di divani nelle aree industriali di Matera, Altamura e Gravina di Puglia.
Le prime informazioni testimoniali rese dai legali rappresentanti delle ditte interessate, facevano subito emergere chiaramente la figura del principale indagato ritenuto leade e fautore del traffico illecito di rifiuti da almeno 30 anni.

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I dettagli

L'uomo avrebbe promosso e organizzato la presunta associazione. Tramite un’azienda individuale si sarebbe presentato alle società come titolare di un’azienda che avrebbe provveduto al recupero dei rifiuti speciali da loro prodotti, con un costo di smaltimento pari a 0,15 centesimi al chilo.
Lo stesso, dopo aver ritirato i rifiuti stoccati all’interno dei piazzali delle aziende, si faceva pagare in contanti o anche tramite bonifico emettendo a loro carico, in questo caso, fatture con causali false di pulizia del verde o dei piazzali così da consentire alle aziende di contabilizzare, si ritiene illecitamente, un costo sostenuto di fatto di gran lunga inferiore rispetto a ciò che avrebbero pagato smaltendo lecitamente, ovvero 0,40 al chilo.
Alla sua morte, il ruolo primario sarebbe stato assunto da altro indagato il quale, sebbene incensurato, si ritiene essere colui che reclutava la manovalanza ed al quale i lavoratori si rivolgevano per essere pagati.
Gli accertamenti investigativi di natura tecnica, costituiti in prima battuta dai convenzionali servizi di osservazione, controllo e pedinamento e le successive attività di intercettazione telefonica ed ambientale, permettevano di individuare i presunti complici.

Numerosi sono i fotogrammi ed i video che immortalano le attività condotte e gli scambi di denaro tra i vari soggetti di volta in volta chiamati ad effettuare i trasporti ed i successivi sversamenti sui terreni o l’ammassamento dei rifiuti in capannoni nelle disponibilità del sodalizio.
Si stima che il sodalizio abbia smaltito illegalmente circa 3.000 tremila tonnellate di rifiuti.

Il materiale sarebbe stato sotterrato, bruciato o nascosto in capannoni agricoli e industriali con ingiusto profitto complessivo stimato in circa 550.000 Euro.

Oltre ad eseguire 5 ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari, i militari hanno sequestrato 5 capannoni industriali, 1 area agricola ove i rifiuti sarebbero stati illecitamente smaltiti, nonchè 6 mezzi utilizzati per il trasporto degli stessi. Inoltre la Dda ha dsposto il sequestro, finalizzato alla confisca, delle somme di denaro oggetto del presunto ingiusto profitto documentato in 100.000 euro circa, da effettuarsi sui conti correnti delle ditte.

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