Taranto, sospesa direttrice del carcere: «Favoriva il boss di mafia, ecco come»

Taranto, sospesa direttrice del carcere: «Favoriva il boss di mafia, ecco come»
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Martedì 27 Luglio 2021, 09:12 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 08:26

E' stata sospesa la direttrice del carcere di Taranto. Secondo gli inquirenti favoriva un detenuto.

Il provvedimento

Il provvedimento è arrivato dal Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Bernardo Petralia, ha sospeso dalle funzioni di direttrice della Casa Circondariale di Taranto, Stefania Baldassarri, già candidata sindaco della città nel 2017, a capo di alcune liste civiche. Il provvedimento è stato adottato - a quanto si apprende da fonti dell'amministrazione - sulla scorta di un' informativa della Direzione distrettuale Antimafia di Lecce, secondo la quale la direttrice sarebbe coinvolta in condotte irregolari nell'interesse di un detenuto, presente nello stesso istituto penitenziario, indagato per il reato di 416 bis, l'associazione a delinquere di tipo mafioso.

Chi è il detenuto

Si tratterebbe, in particolare, del boss di Taranto, Michele Cicala. Secondo l'informativa, la direttrice avrebbe riferito alla moglie del boss che il marito stava bene, suggerendogli di scrivergli «per essergli di conforto e dargli forza». Per questo, l'amministrazione penitenziaria ha sospeso Baldassarri, che si è detta «esterrefatta, ai limiti dello smarrimento umano più che istituzionale» e che, stando alle prime informazioni raccolte, sarebbe pronta a impugnare la sospensione davanti al Tar Lecce.

 

L'inchiesta e gli arresti

La vicenda affonda le radici in un’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce, condotta dai carabinieri e dalla guardia di finanza di Taranto e coordinata dal pm Milto De Nozza: sulla scorta delle informazioni raccolte e dei risultati delle indagini, alcuni mesi fa, sono state arrestate 26 persone, ritenute affiliate al clan Cicala.

Secondo gli inquirenti sarebbero tutte state coinvolte negli affari - dal traffico di droga a quello di carburanti - messi in piedi con il clan camorristico dei Casalesi.

La Procura di Lecce ha fatto ricorso in Corte di Cassazione contro il provvedimento del Tribunale del Riesame che ha annullato per Michele Cicala e degli altri esponenti del clan, l’aggravante di associazione mafiosa ipotizzata dal sostituto procuratore De Nozza. Il Riesame ha confermato arresti e sequestri di beni e attività riconducibili a Cicala, ma con un nuovo provvedimento il presunto boss - difeso dagli avvocati Salvatore Maggio e Armando Veneto - è tornato ai domiciliari. 

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