L'antimafia e Taranto: «Tra Scu e 'ndrangheta, gli affari criminali intorno all'eredità di “Pelé”»

L'antimafia e Taranto: «Tra Scu e 'ndrangheta, gli affari criminali intorno all'eredità di “Pelé”»
di Nazareno DINOI
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Domenica 31 Gennaio 2021, 12:13

Cambiano i capiclan, ma la geografia della criminalità organizzata nella provincia di Taranto è sempre la stessa. Con la rete malavitosa della città capoluogo e del territorio del versante occidentale che risente dell’influenza della ‘ndrangheta calabrese e i comuni della parte orientale della provincia che continua invece a tessere rapporti con la Sacra corona unita che ha avuto origine proprio dal bacino salentino. La mappa dei nuovi reggenti dei clan attivi su tutto l’arco ionico tarantino, è ben descritta nella relazione della direzione distrettuale distrettuale antimafia, guidata dal procuratore Leonardo Leone de Castris,  inserita nei lavori dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte d’Appello di Lecce. L’attività investigativa dell’antimafia tiene costantemente d’occhio le famiglie emergenti che hanno il predominio sui rispettivi territori che si spartirebbero in una sorta di accordo di non belligeranza.

Sulla città di Taranto i riflettori sono puntati sui successori del defunto capoclan Giuseppe Cesario, soprannominato "Pelé". La magistratura ordinaria e quella distrettuale antimafia si sono occupati recentemente degli «affari» del clan Pelé nell’inchiesta coordinata dai pubblici ministeri Alessio Coccioli e Milto Stefano De Nozza intitolata «Feudo», da cui ha avuto origine l’omonimo processo che nel giudizio di primo grado ha annullato l’ipotesi delittuosa più grave dei reati con metodo e finalità mafiose del 416 bis a carico degli imputati.

Giudizio impugnato dalla pubblica accusa e accolto dalla Corte d’Appello di Lecce. Sul versante orientale si ricordano le operazioni antimafia intitolate «Mercurio» e «Impresa». La prima che ha scompaginato una organizzazione mafiosa operante nel territorio di Lizzano, la seconda radicata a Manduria, entrambi territori storicamente legati con la sacra corona salentina. Nella città messapica, soprattutto, il cui controllo viene attribuito al pluripregiudicato Antonio Campeggio, detto «scippatore», si registrano forti pressioni della criminalità sulle pubbliche amministrazioni e sulle imprese spesso assoggettate al controllo criminale. Oltre ai tentativi di controllo sugli appalti, l’attività degli inquirenti ha documentato un traffico di sostanze stupefacenti con mercato di riferimento in Albania, dove esisterebbero anche qui contatti storici tra le organizzazioni criminali del paese delle Aquile e le famiglie della Scu brindisina. 

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