Cambiano i capiclan, ma la geografia della criminalità organizzata nella provincia di Taranto è sempre la stessa. Con la rete malavitosa della città capoluogo e del territorio del versante occidentale che risente dell’influenza della ‘ndrangheta calabrese e i comuni della parte orientale della provincia che continua invece a tessere rapporti con la Sacra corona unita che ha avuto origine proprio dal bacino salentino. La mappa dei nuovi reggenti dei clan attivi su tutto l’arco ionico tarantino, è ben descritta nella relazione della direzione distrettuale distrettuale antimafia, guidata dal procuratore Leonardo Leone de Castris, inserita nei lavori dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte d’Appello di Lecce. L’attività investigativa dell’antimafia tiene costantemente d’occhio le famiglie emergenti che hanno il predominio sui rispettivi territori che si spartirebbero in una sorta di accordo di non belligeranza.
Sulla città di Taranto i riflettori sono puntati sui successori del defunto capoclan Giuseppe Cesario, soprannominato "Pelé". La magistratura ordinaria e quella distrettuale antimafia si sono occupati recentemente degli «affari» del clan Pelé nell’inchiesta coordinata dai pubblici ministeri Alessio Coccioli e Milto Stefano De Nozza intitolata «Feudo», da cui ha avuto origine l’omonimo processo che nel giudizio di primo grado ha annullato l’ipotesi delittuosa più grave dei reati con metodo e finalità mafiose del 416 bis a carico degli imputati.