L’attesa è per domani sera quando il Governo incontrerà prima, alle 18, tutte le associazioni delle imprese dell'indotto (da Confindustria Taranto ad Aigi, da Casartigiani a Confapi) e poi, alle 19.15, i sindacati Fim, Fiom, Uilm, Usb e Ugl. Nelle stesse ore, ma già a partire dalle 16.30, l’Usb terrà un presidio davanti alla Prefettura per “focalizzare l'attenzione sulle problematiche reali”.
Attesa perché queste saranno le sedi in cui il Governo spiegherà cosa ha deciso di fare per la crisi di Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva.
La situazione
La direzione di marcia, salvo imprevedibili, diversi sviluppi, che al momento non si vedono, è quella dell’amministrazione straordinaria della società e quindi del commissariamento. La potrà chiedere, l’amministrazione straordinaria, il cda di Acciaierie d’Italia spa o, in alternativa, Invitalia, ma lo sbocco appare comunque segnato. Anche perché nel frattempo sono caduti tutti gli appigli che potevano in qualche modo sostanziare un percorso diverso. Infatti, le trattative tra i due azionisti, Mittal e Invitalia - che per una parte si sono avvalse anche del contributo di mediazione del presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia - non hanno ricavato nulla e le due posizioni sono rimaste lontane. Il Tribunale di Milano, poi, con le decisioni - formalizzate in due provvedimenti - del giudice Francesco Pipicelli, ha rigettato tutte le richieste espresse da Acciaierie. E quindi, nell’ordine, nessun divieto a Invitalia dal chiedere al ministero delle Imprese l’amministrazione straordinaria per AdI, nessuna incostituzionalità relativamente al decreto legge di gennaio 2023 - il primo sull’amministrazione straordinaria -, infine, nessuna misura cautelare e di protezione di Acciaierie rispetto alle pretese dei creditori, a partire da Ilva in amministrazione straordinaria, banche e istituti finanziari. Ma soprattutto il giudice, come aveva già fatto l’esperto incaricato per la composizione negoziata della crisi, Cesare Giuseppe Meroni, ha detto che il piano di Acciaierie per gestire la stessa crisi con la composizione negoziata anziché con l’amministrazione straordinaria, non sta in piedi. Perché, ha scritto il magistrato, per giustificare “un provvedimento giudiziale di compressione delle azioni cautelari ed esecutive dei creditori sul patrimonio del debitore”, serve “una concreta, attendibile e realistica prospettiva di risanamento dell’impresa”.
Che nel caso di Acciaierie per il giudice non sussiste. Dunque, si torna a quello che già da settimane era sembrato l’unico approdo possibile, una nuova amministrazione straordinaria dopo quella di gennaio 2015, che allora investì Ilva. Solo che gli interrogativi non mancano, sebbene il Governo, con due decreti legge, stia cercando di evitare il bis del 2015. Prendiamo l’indotto per esempio.
Le parole di Renzi
E di indotto e di ex Ilva ha parlato ieri a Taranto anche Matteo Renzi, leader di Italia Viva, a margine della presentazione del suo libro “Palla al centro”. «La vera sfida adesso - ha sostenuto l’ex premier - è che il Governo riesca a sciogliere il nodo di questo rapporto complicato con la proprietà e decidere di andare in una direzione o nell’altra. Penso che la priorità sull’immediato sia quella di pagare le aziende dell’indotto. Sarebbe inaccettabile se fallissero. Le aziende dell’indotto sono quelle che stanno pagando sulla propria pelle i ritardi assurdi che si stanno verificando».
«Io credo che in questo momento i nodi siano tutti al pettine - ha detto Renzi sul commissariamento -. Non voglio dare suggerimenti al Governo. Le responsabilità sono varie. Noi eravamo in commissariamento nel 2016 e avevamo fatto un percorso. Poi c’è stata la gara e sappiamo come è andata. Sappiamo quello che è successo poi, quando il Governo ha deciso di far intervenire una proprietà pubblica. Per me, la priorità è che paghino i soldi all’indotto». «Taranto - ha aggiunto - è stata una città martoriata e chi ha responsabilità sulla vicenda Ilva deve avere il coraggio di dire che questa è la verità. Siamo arrivati nel 2014, anno in cui abbiamo lavorato non solo per il commissariamento ma per prendere un miliardo di euro dai Riva col Tribunale di Milano e darlo alla città di Taranto per i progetti che allora hanno preso il via. Da allora è cambiato molto. Io ho lasciato nel 2016, c’è stata una gara e il fallimento di quel progetto». E il futuro della fabbrica Renzi come lo vede? Ha risposto: «Un polo industriale decarbonizzato e in grado di competere con i grandi poli industriali nel mondo, è nell’interesse di Taranto e del Paese a condizione che sia ambientalmente e sanitariamente sostenibile».