Peacelink: «L'Ilva deve decontaminare i Tamburi dalla presenza di diossina»

Peacelink: «L'Ilva deve decontaminare i Tamburi dalla presenza di diossina»
di Alessio PIGNATELLI
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Sabato 5 Marzo 2016, 06:27 - Ultimo aggiornamento: 20:09
La rimozione della diossina deve essere a carico dell’Ilva. Lo dice la legge, lo ricorda Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink: il quartiere Tamburi deve essere decontaminato urgentemente e i costi non devono ricadere sulla collettività. Destinatario principale del messaggio, il sindaco Ippazio Stefàno.
Il riferimento normativo in questione è l’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata il 26 ottobre 2012. L’ultima prescrizione è molto chiara. 
 
“Si prescrive all’Ilva, su specifica richiesta dei Sindaci dei Comuni di Taranto e di Statte, di garantire alle medesime autorità comunali il ristoro degli oneri derivanti ai comuni dalla pulizia delle aree prospicienti lo stabilimento e di tutte le aree pubbliche dei Tamburi”. Articolo 1, comma 22. Prescrizione numero 96.
«È ormai accertato che sono anni che la diossina ha gravemente contaminato il quartiere Tamburi, come riportato con i recenti accertamenti sui drammatici picchi registrati nel 2014 e 2015, eventi di intensità senza eguali in Italia. Quella diossina caduta per strada e nelle aree pubbliche va rimossa urgentemente» spiega il presidente dell’associazione ambientalista. 
Peacelink chiede al Sindaco di Taranto di applicare con estrema urgenza l’ultima prescrizione che aveva scadenza in data 27 ottobre 2012 ma non è stata attuata: «Il sindaco di Taranto non ha mai richiesto all’Ilva lo svolgimento di questi lavori a spese dell’azienda. L’onere delle spese, infatti, è in virtù dell’Aia a totale carico dell'azienda e non del Comune di Taranto». 
Il caso diossina, deflagrato in questi giorni, si riempie quindi di un altro tassello. Come ha ricordato il direttore di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, il rischio maggiore riguarda la possibile ingestione.
Quelle polveri “hanno caratteristiche granulometriche tali da non poter entrane nell'alveo respiratorio, ma sono molto pericolose se ingerite” e i picchi riscontrati a novembre 2014 e febbraio 2015 nei deposimetri delle centraline sono abnormi. Se finissero sul terreno e intaccassero la catena alimentare, il problema sarebbe serio.
Ilva ha controreplicato dichiarando esplicitamente che la matrice di quelle polveri non è riconducibile al siderurgico. Arpa ha già dato avvio a un programma di campionamento del terreno superficiale nel quartiere Tamburi e, specificamente, nell’area intorno al sito in cui è collocato il deposimetro di via Orsini, che ha evidenziato nei mesi di novembre 2014 e febbraio 2015 concentrazioni molto elevate di diossine: “a tali prelievi verrà data una elevata priorità di analisi”.
E la stessa agenzia ha fatto sapere che è aperta “un’attività di approfondimento sui risultati delle analisi deposimetriche condotte da Ilva, al termine della quale produrrà una dettagliata relazione tecnica contenente i risultati di tale studio”. 
Il problema, però, è che non si può certo attendere. Non può aspettare la prevenzione - almeno questo dovrebbe essere un dogma per tutti dopo questi anni - e perciò Peacelink caldeggia l’azione del primo cittadino.
Per una prescrizione che, come detto, sarebbe dovuta essere già rispettata da anni. Non è l’unica, sia chiaro. Si pensi che l’Aia iniziava così con la prescrizione numero 1: “Si prescrive all’azienda di procedere con la completa copertura dei parchi primari, prevedendo in via prioritaria, l’avvio della realizzazione delle coperture per quelle aree che presentano i maggiori contributi in termini di emissioni diffuse”. 
Consegna progetto 27 aprile 2013, ultimazione 27 ottobre 2015.
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