Mar Piccolo, spettacolo da choc: discarica lunga otto chilometri

Mar Piccolo, spettacolo da choc: discarica lunga otto chilometri
di Claudio FRASCELLA
3 Minuti di Lettura
Martedì 19 Gennaio 2016, 09:45

«Ci imbattiamo spesso in materiale di risulta, di costruzioni edili, la solita plastica, eternit, sanitari, frigoriferi, lavatrici, elettrodomestici in genere, materassi, divani, di tutto, quello che però abbiamo visto nei primi otto chilometri, rispetto a un percorso di venti totali, dal Ponte Punta Penna al fiume Galeso, ci ha letteralmente scioccati». Il reportage, contenuto, le foto sono innumerevoli, purtroppo racconta più delle parole di Ada Gioia, escursionista del direttivo “Terra nostra”.

Sede in via Cinieri a Sava, l’associazione nasce per fare attività fisica, fino a sviluppare temi sull’ambiente attraverso un profilo su Facebook. Insieme la quarantina di iscritti racconta le domeniche in giro per boschi e sentieri dell’entroterra tarantino. Da monte Sant’Elia, fra Martina Franca e Mottola, fino ad Ostuni. Fra le escursioni, appunto, una domenica ai bordi di Mar piccolo fino al ponte del Galeso. Nell’autoscatto di fine giornata, fra gli altri: il presidente Piero Melchiorre, Mimmo Gioia, Katia De Pascale, Angela Solito, Katia Claps, la stessa Ada Gioia, la guida tarantina Francesco Spadaro.
Ogni domenica un percorso. Partono da Sava, gli amici di “Terra nostra”. Cinquanta chilometri dalla città, una meta precisa e via all’escursione settimanale. Scelgono giornate belle, sulla carta, spesso macchiate da quel senso di abbandono e vandalismo che è in quanti amano la propria terra solo a parole. «Non è solo Taranto ad offrire un simile profilo – puntualizza l’escursionista – nelle nostre campagne troviamo di tutto: Sava stessa, facciamo raccolta differenziata, ma non mettiamo attenzione a sufficienza, non voler bene al proprio territorio vuol dire non voler bene a se stessi, alla gente che amiamo».

«Francesco Spadaro, un amico, ci ha invitati a compiere un percorso in riva al Mar Piccolo prima, del fiume Galeso poi, passando per la Città vecchia, proseguendo fino ai Tamburi; primi otto chilometri da sciagura, neppure lui stesso immaginava, orgoglioso com’è della sua Taranto, che ci saremmo trovati al cospetto di discariche a cielo aperto, dannose per l’immagine di una città così bella, ma soprattutto per la salute della gente e della natura, avvelenata da plastica ed eternit in quantità industriale».

Ada Gioia racconta il percorso domenicale tarantino. «Forse la foto di un cane accucciato fra barattoli di vernice – osserva – così malinconica, racconta il nostro stesso stato d’animo in un giorno che doveva essere salutare, fatto di scoperte sul nostro territorio; c’è di tutto nelle nostre foto: sanitari, elettrodomestici, copertoni, eternit, plastica, scaricati ovunque; e, ancora, cassette di polistirolo e reti da pesca gettate via, nel frattempo trasformatesi in autentiche trappole per gli stessi pesci che vivono in queste acque».
Inquietante la giustificazione di un paio di pescatori di passaggio. «Ci siamo permessi di chiedere come mai potesse accadere tutto questo – racconta la rappresentante dell’associazione “Terra nostra” – “Qui gli operatori dell’Amiu passano una volta ogni tanto”, ci è stato risposto; spetta a noi adulti dare l’esempio ai nostri ragazzi; evitare di scaricare ovunque capiti cassette, galleggianti, reti e, come si evince dall’imbarazzante “collage”, frigorifero, lavabo, water, mattoni, plastica in quantità esagerata, eternit, dannoso come il solo pensiero che dell’amianto possa sprigionarsi nell’aria».

Una riflessione. «E’ l’intero sistema ad essere sbagliato – conclude Ada Gioia – noi stessi, forse, non riusciamo a fare di meglio; da circa due anni come associazione stiamo provando a fare opera di sensibilizzazione sui temi ambientali: dovremmo impegnarci più tempo a spiegare ai nostri ragazzi come volersi bene partendo dal rispetto per la natura; ci attrezziamo di zaini, pranzo al sacco, abbigliamento sportivo, scarpe da trekking, bastoncino e l’immancabile macchina fotografica, per riprendere gli angoli più belli del nostro territorio e raccontarlo, con la speranza che quello in cui ci siamo imbattuti nei giorni scorsi sia solo un incidente di percorso, perché Taranto è così affascinante e non è giusto che sia alla mercé dei vandali…».