Pinna nobilis da salvare: riparte il progetto di ricerca da Taranto. Nello Jonio ad oggi solo 10 esemplari

Pinna nobilis da salvare: riparte il progetto di ricerca da Taranto. Nello Jonio ad oggi solo 10 esemplari
di Francesca RANA
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Domenica 10 Luglio 2022, 18:57 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 21:48

Trovare un numero utile di esemplari di pinna nobilis, vivi e non infetti o sopravvissuti nonostante l'infezione, e fare un'analisi molecolare sui segreti di questa loro resistenza e sopravvivenza in un periodo storico di alta mortalità di massa è lo scopo di Sos Pinna, campagna di Irsa Cnr di Taranto, Istituto di ricerca sulle acque, rilanciata il 7 luglio al Ketos, Centro Euromediterraneo del mare e dei cetacei, a Palazzo Amati in città vecchia.
Laddove un tempo erano oltre 10.000, dato sottostimato, tra due mari e Jonio, ora saranno al massimo 10. La mortalità di massa sarebbe iniziata nell'autunno 2016 nella costa spagnola. I sintomi erano il mantello retratto, valve più lente e difficoltà a chiudersi, impossibilità di nutrirsi fino a morire di fame. Fino ad oggi, la ricerca ha definito le più probabili cause multifattoriali, una combinazione di haplosporidium pinnae, organismo classificato recentemente, forse nato in altri mari o nello stesso Mediterraneo e mutato, mycobaterium sp. e vibrio sp. In altre parole, la crisi climatica, i traffici marittimi e le acque di zavorra potrebbero aver importato o attivato questo killer e nessuno può ancora affermarlo o smentirlo.

Una storia partita nel 2019

Dopo l'sos lanciato nel 2019 ai subacquei, amatoriali o professionisti, civili o militari, tarantini o di qualsiasi luogo mediterraneo, adesso la loro ricerca è nei fatti in una fase 0,1, ammetteva il responsabile di Sos Pinna, Fernando Rubino, con pochissimi nuovi risultati e sempre meno individui vivi nel Mediterraneo: «Ho avuto una cinquantina di segnalazioni di persone diverse e non solo a Taranto - conferma - tutti gli esemplari trovati vivi sono morti tre mesi dopo la segnalazione (stessa fine l'hanno fatta le 2000 recuperate invano nella vasca di colmata ex Belleli). A Taranto, ora saranno 5 o 6 vive, tra Mar Piccolo, Mar Grande, Jonio e la mortalità è quasi al 100%. Sarebbe semplice fare micromanipolazioni con strumenti chirurgici, prelevare frammenti di tessuto e fare analisi molecolari. Però, si tratta di un intervento invasivo con pinze a becco lungo. Lo fai quando la pinna è in buona salute o sono tante. Se riusciamo a trovarne 3 o 4 tutte insieme, in una puoi pensare di fare una vera e propria biopsia. Studiare il corredo genetico diventa importante. Molto probabilmente - risponde - c'entrano la crisi climatica, la globalizzazione. Questo organismo forse era silente e non patogeno e questo tipo di sconvolgimento climatico lo ha attivato in senso patogeno. Quando la pinna nobilis è morta, la guardi e dentro non c'è nulla, quando è viva è bella, ha colori vivi, si apre e si chiude. Le condizioni ambientali influiscono. Altri organismi hanno creato danni alle ostriche in Usa e solo le basse temperature ostacolavano le infezioni. A Taranto, però, sono morte nei citri e ci sono informazioni contrastanti».
Nel meeting, loro stessi hanno ricordato le recenti segnalazioni a: Piri Piri; in Mar Grande; in fondale non noto di Mar Piccolo, di Mare per sempre; a Porto Pirrone, in tempo reale, in fase di verifica.

L'appello ai sommozzatori

Ai centri diving, si sono aggiunti Vigili del Fuoco, Guardia di Finanza Sdai Marina Militare (Servizio difesa antimezzi insidiosi) e si chiede a tutti i sommozzatori di continuare a segnalare ad sos.pinna@irsa.cnr.it, nella speranza di rintracciare gruppi più numerosi in zone protette, poter studiare almeno un esemplare e trovare finalmente questo elisir di lunga vita.
«La pinna nobilis è endemica nel Mediterraneo - spiega il ricercatore Irsa Cnr Giovanni Fanelli - ed al pari della cernia bruna, è una specie iconica.
Prima della guerra erano tante. A Taranto, estraevano il suo bisso e lo lavoravano. Adesso, microrganismi probabilmente si trasferiscono tramite ospite intermedio sfruttando le correnti e la infettano. Colleghi di Genova hanno presentato un progetto europeo, finanziato, sulla riproduzione artificiale e non riescono a trovare una pinna viva. Io mi aspetto di trovare pinnae piccoline. Giuseppe Denti sarà il collettore di tutte le segnalazioni. Noi vedremo se è viva e se è pinna nobilis. Incominceremo a monitorarla. Utilizzeremo una sorta di gps subacqueo messo a punto da Fabio Matacchiera. Vogliamo raccogliere dati, capire perché sopravvivono e salvare tutta la specie. In cambio, possiamo dare visibilità».
L'Iucn, Unione internazionale conservazione natura, ha inserito la pinna nobilis in una lista rossa di specie a rischio, vicina all'estinzione e raccomanda azioni di salvaguardia. Un'iniziativa preannunciata a riguardo potrebbe essere la presentazione, in sinergia con Club Unesco, di una proposta di inserimento nel patrimonio Unesco, affinché si aprano altre strade in supporto alla ricerca, e già sono arrivate 35 lettere di approvazione di ricercatori di tutti i paesi mediterranei.
Un sogno nel cassetto sarebbe aprire una scuola di tessitura di bisso, grazie alla celebre artigiana sarda Chiara Vigo, che a quanto pare anni fa in un incontro in una scuola tarantina promise di contribuire.
 

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