Il bimbo nacque con lesioni gravi: condannati due medici

Il bimbo nacque con lesioni gravi: condannati due medici
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Mercoledì 16 Dicembre 2015, 09:14
Due medici dell’ospedale di Martina sono stati condannati per aver provocato, con condotta ritenuta dal tribunale «negligente», lesioni gravissime ad un neonato in fase di parto.

Il tribunale ha disposto una provvisionale immediatamente esecutiva di 250mila euro per le parti civili che si erano costituite attraverso l’avvocato Giuseppe Sernia, subordinando la sospensione della pena irrogata al pagamento della stessa provvisionale.
È questo l’esito del processo celebrato e definito dal tribunale in composizione monocratica (giudice dottoressa Fulvia Misserini), per una vicenda che risale all’aprile del 2012.

Secondo la tesi accusatoria, che il tribunale ha ritenuto di dover accogliere, quelle lesioni gravissime nel bambino sarebbero state la conseguenza diretta della condotta attuata dai medici ginecologi che si occuparono del parto di una tarantina.
Nella circostanza, secondo quando delineato nel capo di imputazione, i medici sottoposero la gestante ai tracciati ecotococardiografici per il monitoraggio delle condizioni del feto, omettendo di rilevare i segni di sofferenza fetale che gli stessi avrebbero dovuto desumere dalla corretta interpretazione dei grafici dei tracciati.

Gli stessi segnali, secondo quanto contestato dal dottor Lanfranco Marazia, pubblico ministero titolare dell’inchiesta, si presentavano l’uno “non rassicurante” e i successivi due “patologico”.

Queste indicazioni, secondo l’accusa, avrebbero poi determinato la condotta che si era concretizzata nella nascita del bambino con patologia anossico-ischemica, tanto che il povero piccino veniva poi dimesso dall’ospedale con una diagnosi drammatica: encefalopatia ipossico-ischemica perinatale.
Secondo la tesi accusatoria basata sulla consulenza di un esperto, all’esito dei primi tracciati ecotococardiografici, che avevano proposto una situazione di evidente sofferenza del feto, i ginecologi avrebbero dovuto approntare gli intervcenti necessari per aumentare l’apporto di ossigeno a livello fetale e di procedere all’immediata estrazione del feto mediante parto cosiddetto “operativo” o per “via laparotomica”.

L’assenza di questi interventi, al contrario, avrebbe determinato l’aggravarsi della sofferenza fetale insorta durante il travaglio ed acuitosi in periodo espulsivo per “l’insorgenza della patologia anossico-ischemica severa del neonato”.

La vicenda processuale aveva coinvolto anche una ostetrica, la cui condotta però è stata ritenuta ininfluente tanto che l’imputata è stata assolta. Sono stati invece condannati i medici Bruno Pinto di 50 anni, tarantino, e Antonella Zurlo di 52, originaria di Ostuni (Brindisi), rispettivamente a 2 anni e a un anno e 2 mesi.