Ex Ilva, nulla di fatto all'assemblea. Verso lo scontro tra soci

Una recente protesta dei sindacati nazionali a Roma
Una recente protesta dei sindacati nazionali a Roma
di Domenico PALMIOTTI
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Giovedì 7 Dicembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 9 Dicembre, 11:29

Non solo un ennesimo nulla di fatto, che peraltro era già nell’aria, ma adesso tra Stato e Mittal è scontro. L’assemblea di ieri pomeriggio di Acciaierie d’Italia ha rappresentato plasticamente come non funzioni il “matrimonio” tra la multinazionale, che ha la maggioranza dell’ex Ilva di Taranto, e la società pubblica Invitalia, partner di minoranza. Non si è al “divorzio”, ma i due soci sono chiaramente in conflitto. Mittal era chiamato ad esprimersi sul sostegno finanziario urgente da assicurare all’ex Ilva. Invitalia, già da un paio di assemblee fa, aveva detto di essere pronta. 
Mittal, invece, anche ieri non ha offerto alcuna disponibilità. Anzi, per tutta risposta, ha portato al tavolo una memoria di 12 pagine in cui evidenzierebbe, a suo dire, gli aiuti e i sostegni finanziari che lo Stato avrebbe promesso e non erogato negli ultimi anni. Conclusione: è lo Stato che deve mettere mani al portafogli per l’ex Ilva, non Mittal. 
Il Governo, tramite Invitalia, ha quindi chiesto un aggiornamento al 22 dicembre (e non all’11 dicembre come emerso in un primo momento) per studiare la memoria e preparare la replica. Ieri, in contemporanea all’assemblea di Acciaierie, c’è stato anche un vertice tra i ministri interessati. L’Esecutivo, visto che sinora non sono andati a buon fine né gli inviti rivolti a Mittal dal ministro Adolfo Urso, né le trattative condotte dal ministro Raffaele Fitto sulla base del memorandum che lo stesso aveva firmato a settembre con la multinazionale e Acciaierie, già da giorni ha ripreso l’ipotesi che lo vedrebbe salire in maggioranza nella società, 60 per cento, convertendo in capitale i 680 milioni erogati da Invitalia nei mesi scorsi.

È chiaro, però, che è un’operazione impegnativa sotto vari profili - tecnici, legali, contrattualistici, finanziari - e quindi richiede un accurato lavoro di preparazione e impostazione.

Si vedrà nei prossimi giorni, dunque, la risposta che il Governo darà a Mittal, ma già ieri le mosse della multinazionale sono state valutate come “dilatorie”. Scusanti e pretese per non fare nulla e cercare di prendere tempo. Mittal avrebbe dovuto assicurare il 62 per cento dei 320 milioni che servono subito all’azienda ma non lo ha fatto. E così l’azienda resta terribilmente in bilico e si avvia a chiudere un anno decisamente negativo. 

La reazione dei sindacati


Gli esiti dell’assemblea non sono stati presi affatto bene dai sindacati. Sapevano già, le sigle metalmeccaniche, che ieri sarebbe andata buca, tant’è che nelle ore precedenti avevano invitato il Governo a fermare la multinazionale prima che fosse troppo tardi. E fermarla, mandandola via e trovando una soluzione alternativa per l’ex Ilva, anche con gli acciaieri nazionali. 
Dopo l’assemblea, Fim, Fiom e Uilm hanno naturalmente rilanciato. E sono andate di nuovo in pressing sul Governo. “Doveva essere la giornata della liberazione, invece continua ad essere una vicenda tragica che rasenta l’inverosimile”, dichiara Rocco Palombella, segretario generale Uilm. “Come è possibile - domanda Palombella - che il Governo continui a tenere in piedi un’assemblea che ormai è sotto ricatto da parte di un socio di maggioranza da mesi e che continua a fermare gli impianti e si permette di presentare il conto, anziché prendere atto della sua gestione fallimentare? L’abbiamo capito da tempo che l’obiettivo è fermare gli stabilimenti e richiedere il risarcimento danni, dopo che sono stati artefici di una gestione che ha provocato solo fermate di impianti, cassa integrazione per migliaia di lavoratori e bruciato oltre un miliardo di risorse pubbliche”. “Riteniamo inaccettabile - rileva il leader della Uilm - concedere ulteriore tempo a chi continua a tenere sotto scacco gli stabilimenti, bloccando la produzione e sbeffeggiando i lavoratori e le organizzazioni sindacali, anche con comunicati farneticanti. Dal Governo - conclude - ci aspettiamo scelte radicali e definitive. Si è perso già troppo tempo. Ci aspettiamo una convocazione urgente da parte di Palazzo Chigi, altrimenti ci autoconvocheremo”. 
Sulla stessa lunghezza d’onda Michele De Palma, leader Fiom Cgil: “È chiaro ormai l’intento di Arcelor Mittal di minare l’ex Ilva non dando avvio alla ricapitalizzazione ed impedendo gli investimenti necessari per garantire il presente ed il futuro del gruppo siderurgico. Il Governo italiano - prosegue - difenda la dignità del Paese, dignità che i lavoratori difendono scioperando per salvare gli impianti, evitando lo spegnimento di altoforno 2, e per garantire la transizione ecologica della produzione di acciaio. Il Governo non si faccia più tenere in ostaggio da Arcelor Mittal e nelle prossime ore intervenga per prendere il controllo e la gestione dell’azienda”. Secondo Sasha Colautti e Francesco Rizzo, dell’Usb nazionale, “dopo l'ennesima presa in giro nei confronti dei lavoratori e di questo Paese, è sancito a chiare lettere che il Governo si fa ricattare dalla multinazionale. A noi sembra che stiamo consegnando le politiche industriali del Paese nelle mani di aziende prive di alcun scrupolo verso i territori in cui operano, sprezzanti delle istituzioni fino all’ultimo, irrispettosi di chi i lavoratori li rappresenta”. 

Le imprese dell'indotto


E con Aigi arriva anche la voce delle imprese dell’indotto. “Restiamo sconcertati di fronte all’ennesimo nulla di fatto e all’ennesimo rinvio della trattativa tra soci cui è legato il destino della grande fabbrica, delle imprese e dei lavoratori - commenta il presidente Fabio Greco, soprattutto preoccupato dell’ipotesi di un ulteriore commissariamento -. Un nuovo rinvio che lascia prefigurare scenari allarmanti rispetto all’immediato futuro dello stabilimento siderurgico. La situazione è insostenibile. La soluzione tarda ad arrivare e rischia di far sprofondare nel baratro l'indotto e con esso tutto il circuito economico locale”. 

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