Ex Ilva, stop alla trattativa a Taranto. La cassa si discute con il Governo venerdì a Roma

Una delle proteste dei lavoratori dell'appalto
Una delle proteste dei lavoratori dell'appalto
di Domenico PALMIOTTI
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Mercoledì 23 Marzo 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 20:45

Non fa nessun passo avanti la trattativa preliminare sulla cassa integrazione straordinaria in Acciaierie d’Italia, ex Ilva, chiesta dall’azienda, per un anno, per 3.000 dipendenti di cui 2.500 a Taranto. Anzi, cristallizza l’attuale incomunicabilità e distanza tra azienda e sindacati metalmeccanici, i quali, a questo punto, non ritengono più produttivo continuare in sede locale, che pure doveva essere il luogo dove sciogliere una serie di nodi, e vogliono spostare subito tutto al ministero del Lavoro. Dove invece si tornerà il 25 marzo: il ministero del Lavoro ha convocato alle 11.00 i vertici di Acciaierie d'Italia (ex Ilva) e i sindacati metalmeccanici per l'esame congiunto sulla cassa integrazione straordinaria per circa 3mila lavoratori in tutta Italia, 2.500 dei quali a Taranto. La modalità dell'incontro sarà mista in presenza e a distanza. Sono convocati anche i rappresentanti delle regioni interessate..

I sindacati

«Come azienda restano fermi sulle loro posizioni, dicono che i numeri della cassa quelli sono e quelli rimangono», dichiara a  "Quotidiano" Rocco Palombella, segretario generale Uilm. Questo sindacato già lunedì aveva lasciato il tavolo in sede aziendale e ieri non si è presentato agli incontri. Altrettanto ha fatto la Fiom Cgil mentre la Fim Cisl e l’Usb c’erano. «Ma come si fa a ricorrere alla cassa integrazione in questa misura, tagliando gli organici del 36-38 per cento - prosegue Palombella -, se la produzione quest’anno cresce e va a 5,7 milioni di tonnellate di acciaio e si proietta verso i 6 milioni? Sugli organici non si può scherzare. È una questione delicata. Se devo svolgere certe attività, ho bisogno di una determinata forza lavoro». «Ricordo ancora - prosegue Palombella - quando ci furono i morti sul lavoro al Movimento ferroviario della fabbrica. La Procura ci chiese per quale ragione gli addetti ai convogli erano passati da 2 ad 1». Anche l’incontro di ieri non ha segnato «alcun avanzamento» dichiara la Fim Cisl. «L’azienda ci ha presentato il solito schemino con i soliti numeri e nulla ha detto su rotazione del personale in cassa e integrazione economica della stessa cassa» spiega Vincenzo La Neve, coordinatore di fabbrica Fim Cisl.

Questo sindacato, già lunedì pomeriggio, aveva dichiarato che con “questi presupposti” mancano “le condizioni per raggiungere un’intesa”. Anche perché non si è verificato alcun “cambio di passo” da parte dell’azienda per allinearsi alla direzione di marcia suggerita dal ministero del Lavoro.

E la Fim nazionale ieri stava provando a “premere” sul ministero del Lavoro per una riapertura nazionale della trattativa. «Con Acciaierie d’Italia al momento non ci sono i margini per una discussione seria sulla cassa integrazione straordinaria - avverte Francesco Brigati, coordinatore di fabbrica Fiom Cgil -. Chiediamo quindi che la palla torni al ministero del Lavoro e che si discuta lì sino all’eventuale accordo. Lo chiediamo subito perché non possiamo aspettare il 25 marzo, data della presumibile convocazione ministeriale, a tre giorni dall’avvio della nuova cassa prevista per il 28». E in un documento i metalmeccanici Cgil rimarcano: «Ancora una volta l’azienda ha disatteso gli impegni assunti in sede ministeriale e durante l’incontro con i rappresentati dei lavoratori dell’area ghisa, non c’è stato nessun avanzamento in merito ad una richiesta di approfondimento sul numero dei dipendenti coinvolti dalla procedura di cassa integrazione. La direzione ha illustrato semplicemente i numeri della procedura e a seguito di richieste sindacali, la risposta aziendale è stata di assoluta chiusura». «L’invito al senso di responsabilità rivolto dal ministero del Lavoro alle organizzazioni sindacali e ad Acciaierie d’Italia durante l’incontro del 16 scorso, è stato totalmente disatteso e rigettato al mittente da parte dell’azienda», osserva Alessandro Dipino di Ugl metalmeccanici. Mentre Usb chiosa: «Netta chiusura. Di fronte a questo atteggiamento, l’Usb è sempre più convinta che questa cigs sia proficua per alcuni piani aziendali che porteranno a fare un copia incolla di quanto già accaduto con i lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria».

I dati

Intanto, in attesa di vedere come evolve la partita sulla cassa, merita senz’altro un cenno quanto ha diffuso l’ufficio studi di Siderweb su dati Istat. Grazie a più export e prezzi aumentati, nel 2021 è cresciuto del 51,7% l’export italiano di prodotti della siderurgia, tubi e prodotti della prima trasformazione dell’acciaio nel 2021, passando da 14,8 a 22,5 miliardi di euro. Si veniva da un calo del 18,6% in valore (2020). Osservando i primi 20 poli nazionali, in cui c’è Taranto, le esportazioni sono passate da 12 a 19 miliardi di euro con un incremento del 58,2%. Ma tra le 20 Taranto è ultima perché, rispetto al 2008, le esportazioni di sono diminuite del 78,2%. 

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