Ex Ilva di Taranto, oggi il vertice Governo-Mittal. I possibili scenari

La protesta degli autotrasportatori, ditte dell'indotto ex Ilva
La protesta degli autotrasportatori, ditte dell'indotto ex Ilva
di Domenico PALMIOTTI
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Lunedì 8 Gennaio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 15:06

A poche ore dall’incontro di oggi, pare nel primo pomeriggio, tra il Governo e Aditya Mittal, ceo di Arcelor Mittal, sul futuro di Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva di Taranto, nessuna convocazione è ancora giunta ai sindacati per i giorni successivi al vertice odierno. L’impegno a rivedere i sindacati lo ha assunto lo stesso Esecutivo il 29 dicembre, all’indomani dell’ultima riunione a vuoto del cda di Acciaierie (il 28 dicembre). Ora, è probabile che la riunione con le sigle metalmeccaniche non sia proprio il 9 gennaio ma comunque avverrà a stretto giro. In ogni caso, l’attesa è finita o dovrebbe essere finita. In giornata si dovrebbe sapere se Aditya Mittal conferma la linea che vedrebbe la multinazionale arretrare dalla posizione di socio di maggioranza di Acciaierie per far salire al suo posto l’azionista pubblico, cioè Invitalia, che partirebbe dalla conversione in capitale dei 680 milioni erogati mesi fa grazie al decreto legge del 5 gennaio del 2023. 

Il nuovo inizio


A giudizio di molti, per come sono ormai messe le cose, e con la fabbrica in declino, lo Stato in maggioranza (seppure temporaneamente) può costituire lo spartiacque, il nuovo inizio.

Messo questo punto fermo, il resto verrà dopo: dalla revisione della governance societaria all’amministratore delegato, dal piano industriale alle sorti dell’indotto. È evidente che non basta l’incontro tra il ceo Mittal e il Governo a risolvere le tante questioni sul tappeto. Nel senso che oggi non saranno annunciati nuovi pagamenti alle imprese che avanzano crediti da Acciaierie, così come non sarà annunciato il nuovo fornitore del gas per neutralizzare un eventuale giudizio sfavorevole ad Acciaierie da parte del Tar della Lombardia, i cui giudici per ora hanno sospeso sino al 10 gennaio il distacco della fornitura che avrebbe dovuto essere fatto da novembre. Tuttavia, malgrado le emergenze - il 10 gennaio per la questione del gas al Tar è praticamente arrivato -, se oggi venisse confermata una schiarita nei rapporti tra i due soci di Acciaierie e diventasse certo che lo Stato sale sulla tolda di comando dell’azienda, sarebbe un passo avanti non da poco. E probabilmente permetterebbe di far decantare il carico di urgenze che attualmente preme. Rimarrebbero, certo, ancora tanti problemi da affrontare, ma probabilmente maturerebbe un nuovo clima, con lo Stato investito da una doppia aspettativa: rimettere finalmente ordine nella gestione dell’ex Ilva e rilanciare la società. 

Dal 2012 a oggi


Sono quasi 12 anni, dal sequestro degli impianti del luglio 2012, che quest’obiettivo viene inseguito. Senza trascurare che l’azienda, se andasse in porto il disegno dello Stato in maggioranza, tornerebbe sotto di nuovo sotto controllo pubblico dopo essere stata privata per due volte. In mano ai Riva, che l’acquistarono dall’Iri, dal 1995 sino ai primi di giugno 2013, quando fu commissariata dal Governo, e poi sotto la bandiera di Arcelor Mittal da novembre 2018 sino ad aprile 2021, quando divenne privata-pubblica a seguito dell’ingresso di Invitalia come partner di minoranza (38 per cento, Mittal al 62) e l’esborso di 400 milioni da parte della società del Mef. E non è finita, perché anche stavolta lo Stato, dopo l’acquisizione temporanea di AdI, dovrebbe farsi da parte per far entrare un nuovo privato.

I possibili nuovi ingressi

Quale eventualmente sarà, e se sarà più di uno, è cosa che si vedrà. Adesso è prematuro. Un passo alla volta. 
Mesi fa si è parlato di Arvedi, che ad inizio 2022 ha acquisito anche Acciai Speciali Terni e che con i suoi stabilimenti ha in parte coperto la produzione che non è più arrivata da Taranto. Ma, sarà anche per le tante incognite del nodo Taranto, un’eventuale partecipazione di Arvedi sinora è rimasta solo come ipotesi e non si è visto altro. Adesso, però, le cose potrebbero cambiare. Arvedi potrebbe magari entrare, ma quando Mittal sarà in minoranza assoluta. 
Un altro siderurgico che forse avrebbe potuto investire a Taranto è il gruppo ucraino Metinvest a cui fa capo l’acciaieria Azovstal di Mariupol gravemente danneggiata dalla guerra aperta dai russi. Il siderurgico di Taranto, lo ha detto l’ad Lucia Morselli, mesi addietro ha lavorato per supportare la mancata produzione di Azovstal. Ma negli ultimi tempi Metinvest, insieme a Danieli, specializzato nella costruzione di impianti siderurgici, ha fatto rotta su Piombino, dove userà aree attualmente occupate da Jsw (Jindal). I due gruppi hanno infatti abbandonato l’ipotesi iniziale di una nuova acciaieria in Friuli a causa di contestazioni ambientali. Ospite a novembre di un convegno di Legambiente a Taranto, Antonio Sgrò, vice presidente di Danieli Green Metal, ha dichiarato a Quotidiano: «A Piombino faremo quello che era stato proposto a San Giorgio di Nogaro in Friuli. Due forni elettrici da 2,7 milioni in totale nella prima fase. Saranno alimentati a rottame e, in base alla composizione dell’acciaio, ci sarà un’adduzione di preridotto che verrà importato. Dovevamo fare questo progetto in Friuli. Piombino è un’occasione che si è aperta. Sembra che la ricezione e l’accoglienza siano buone, non ci sono problemi. Perché no Taranto? Qui è più complicato, ma non è mica di escludere in futuro. Bisognerà vedere». 

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