Ex Ilva, commissariamento vicino. Ma da Mittal arrivano spiragli

I parchi minerali di Taranto
I parchi minerali di Taranto
di Domenico PALMIOTTI
6 Minuti di Lettura
Mercoledì 10 Gennaio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 11 Gennaio, 12:51

Lunedì sera, dopo la rottura tra governo e Mittal su Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva di Taranto, era un’ipotesi. Da ieri comincia ad essere probabilmente qualcosa in più. Lo scenario sul quale i ministri che seguono il dossier, stanno ragionando. Parliamo dell’amministrazione straordinaria per Acciaierie. Una seconda per l’ex Ilva, considerato che la prima - dopo che l’azienda fu tolta ai Riva e commissariata dallo Stato - risale a gennaio del 2015. Nove anni fa. La storia, quindi, rischia di ripetersi.

Ad aprire all’amministrazione straordinaria è stato ieri il sottosegretario al ministero delle Imprese, Massimo Bitonci. Che a Sky Tg 24 Economia ha detto: «Penso che alla fine si andrà verso l’amministrazione straordinaria che è stata prevista proprio l’anno scorso e inserita all’interno del decreto e quindi il socio pubblico può chiederla in maniera autonoma. È chiaro che dopo si dovrà iniziare un percorso ed è importante il cambio dell’assetto manageriale e il piano industriale». 

Il decreto

Il decreto cui fa riferimento Bitonci è quello del 5 gennaio 2023, numero 2 (“Misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale). Decreto, convertito in legge a marzo scorso, che all’articolo 2 recita: “Nei casi di società partecipate dallo Stato, ad eccezione di quelle quotate, l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese che gestiscono uno o più stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, può avvenire su istanza del socio pubblico che detenga almeno il 30 per cento delle quote societarie”. 
Tra l’articolo del dl e Acciaierie, c’è assonanza. Acciaierie è infatti partecipata dallo Stato, non è quotata, e Invitalia ha il 32%. Quando questa normafu varata, protestò l’ad di Acciaierie, Lucia Morselli, che, esibendo in audizione al Parlamento un parere del giurista Sabino Cassese, la definì incostituzionale e ne chiese la soppressione. E protestò anche l’indotto rappresentato da Aigi, che temeva un bis del 2015. Ma il ministro Adolfo Urso disse che era solo un’ipotesi estrema, tant’è che l’articolo non fu né emendato, né cancellato. Anche perché si era all’inizio del 2023, Invitalia stava per erogati ad Acciaierie 680 milioni, e nessuno allora poteva immaginare che Mittal non avrebbe mai risposto ai numerosi inviti del Governo a investire, come hanno poi dimostrato lo stallo di questi mesi e il confronto infruttuoso di lunedì sera. 
«La situazione è estremamente delicata perché in queste ore si parla di amministrazione straordinaria» e «questo, ovviamente, porterà un contenzioso», avverte Bitonci, per il quale «l’ipotesi della liquidazione volontaria è assurda».

Il ministro Urso

Non ha invece parlato di amministrazione straordinaria Urso, che ieri, intervenendo a Firenze, all’inaugurazione di Pitti Uomo, ha dichiarato: «Oggi più che mai, il Governo, e quindi lo Stato, è in campo per salvare e rilanciare la siderurgia italiana, anche e soprattutto quella rappresentata dall’ex Ilva di Taranto, da quello che era il più grande sito siderurgico europeo. Se interverremo? Certo che sì». 
E in Acciaierie d'Italia, ha aggiunto Urso, «riprenderemo in mano la situazione dopo i disastri che sono stati realizzati dai Governi precedenti, per fare di quel sito il più grande sito siderurgico green d’Europa.

Noi siamo convinti di riuscirci». Il fatto che Urso non abbia accennato alla possibilità di un’amministrazione straordinaria può anche dipendere dal fatto che il Governo ha ancora in corso tutte le valutazioni. Infatti, prima di procedere, va effettuato un approfondimento tecnico, giuridico e contrattuale della materia. Se ne potrà sapere di più domani, quando Urso alle 10 riferirà al Senato sull’ex Ilva. Mentre è stato fissato per le 19 dello stesso giorno il confronto tra i ministri e i sindacati, i quali attendono di sapere come l’Esecutivo vuole ora procedere. 

La trattativa e lo spiraglio


Ma tutto è compromesso? Non c’è alternativa all’amministrazione straordinaria? Forse uno spazio di trattativa ci sarebbe. Proprio ieri fonti legali di Mittal hanno esplicitato che il punto non è costituito della multinazionale che blocca la ricapitalizzazione di Acciaiaierie da parte di Invitalia. Anzi, “ArcelorMittal è favorevole al versamento da parte di Invitalia di ulteriori 320 milioni di euro”. Il nodo è invece la governance. In altri termini, Mittal può anche scendere in Acciaierie dall’attuale 62 al 34 per cento, e quindi ridurre la propria quota, e di converso Invitalia salire dal 38 al 66, a seguito dei 680 già versati da convertire in capitale e degli ulteriori 320 da versare, ma la governance, a prescindere dai pesi, deve comunque rimanere paritaria. Condivisa. Così come è oggi, con Mittal in maggioranza e Invitalia in minoranza. Invece, secondo le fonti legali della multinazionale, la proposta di Invitalia, nel portare Mittal al 34 per cento, prevede la cessazione del controllo condiviso al 50 tra i due soci. La cessazione del controllo condiviso - sostengono gli avvocati della multinazionale - “va in direzione contraria a tutte le interlocuzioni avvenute”. E “ArcelorMittal si sarebbe aspettata di poter continuare a esercitare il ruolo di partner industriale di Invitalia con il medesimo status di controllo al 50% anche a pesi azionari invertiti”. “In quest’ottica - affermano le fonti legali - ArcelorMittal conferma la volontà di collaborare con il Governo italiano a livello tecnico e tecnologico per la decarbonizzazione e la transizione ambientale dell’azienda”. Può, quindi, essere questo il punto da negoziare prima di percorrere strade drastiche per l’ex Ilva? Si vedrà. 
Intanto, i legali di Mittal dicono che la multinazionale è anche favorevole all’acquisizione degli impianti da Ilva in amministrazione straordinaria che era originariamente prevista a maggio 2022 e in seguito posticipata a maggio 2024. Infine, si rammenta che ad aprile 2021, al momento dell’investimento di 400 milioni in Acciaierie da parte di Invitalia, che ha così ottenuto il 38% della società, il privato ha accettato di condividerne il controllo e la governance al 50 anche sulla base dell’impegno pubblico a erogare misure di supporto fino a due miliardi di euro. Invece, dicono le fonti legali, a quasi tre anni di distanza, solo 350 milioni sono arrivati da Invitalia e dal Governo. E quindi la multinazionale sarebbe in credito. Un capitolo, quello dei crediti vantati da Mittal, che fa parte della storia tormentata di questi cinque anni di gestione. Con uno stabilimento che ha visto progressivamente decrescere la produzione, oggi ad appena 3 milioni di tonnellate di acciaio, e avere al contempo una quota fissa di 2.500 cassintegrati su 8.200 addetti. 
Intanto, ieri sera in una nota i lavoratori Rsu Usb di Acciaierie d’Italia hanno fatto sapere che «l'azienda ha comunicato l'apertura della procedura di cassa integrazione per un anno a partire dal primo gennaio per il sito di Taranto e a scadenza negli altri siti». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA