Unioncamere, i dati sono chiari: le imprese joniche richiedono pochi laureati

Unioncamere, i dati sono chiari: le imprese joniche richiedono pochi laureati
di Lucia J. IAIA
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Martedì 26 Ottobre 2021, 12:51 - Ultimo aggiornamento: 15:09

Studiare non serve, almeno in questa provincia. La disarmante rivelazione giunge dall'ultima indagine mensile del sistema informativo Excelsior. A dire il vero, si era già capito da tempo che una laurea non bastasse a trovare un lavoro decente ma, ora le statistiche dicono anche che non è utile, almeno a soddisfare il fabbisogno occupazionale delle imprese ioniche. Lo hanno dichiarato loro stesse, seppur a campione, evidenziando che non sarà scontato reperire la manodopera richiesta. In 36 casi su 100, prevedono infatti, di avere difficoltà nel trovare i profili desiderati sai per mancanza di candidati che per la preparazione inadeguata degli stessi.

I dati Unioncamere

Intanto, sulla scorta della collaborazione tra Unioncamere, Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro e le Camere di Commercio italiane, è emerso che, nel prossimo trimestre, si prevedono 8.400 nuove assunzioni nella provincia di Taranto. Ma se la crescita del trend occupazionale dimostra l'esistenza di un fermento economico, seppur embrionale, dall'altra parte risulta interessante soffermarsi sulle caratteristiche del target professionale richiesto. Ad avere maggiori opportunità lavorative saranno coloro che non possiedono alcun titolo di studio, visto che il 33% delle assunzioni è rivolto a questo genere di lavoratore.

Subito dopo, toccherà a chi ha un diploma di scuola media superiore (31%), qualcosa invece, potranno rimediare quelli che hanno una qualifica professionale (20%), mentre il fanalino di coda è occupato dai laureati. Solo il 14% dei posti di lavoro disponibili, secondo il fabbisogno delle imprese tarantine, richiede questo genere di preparazione. Appare legittimo dunque, chiedersi quale sia la direzione intrapresa dalla realtà socio-economica tarantina.

Il report della Corte dei Conti


Quest'anno, il referto universitario della Corte dei Conti ha fotografato una società in cui 48% in più dei giovani laureati ha lasciato il Paese sia per mancanza di lavoro che proprio per scarse possibilità d'impiego rispetto a chi ha un livello d'istruzione più basso.

Sempre secondo il referto universitario 2021, i grandi assenti sono i laureati in discipline stem, (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) con conseguenze negative sul tasso di occupazione. Di fatto comunque, gran parte di chi si laurea in questo territorio stenta a trovare un qualunque lavoro. Per alcune aziende, sono troppo preparati, mentre per altre non possiedono le competenze pratiche necessarie. Un vero limbo in cui chi ha studiato rischia di rimanere, a meno che non decida di trasferirsi altrove. Sembra esserci un cortocircuito perciò, tra la domanda e l'offerta di lavoro, quasi fossero due rette parallele che non si incontrano mai.

Le imprese che assumeranno in questa provincia operano, secondo l'indagine Excelsior, nel campo dei servizi e del commercio, tanto da assorbire il 60% per cento delle nuove assunzioni programmate e concentrate prevalentemente nelle imprese con meno di 50 dipendenti. A loro però, non servono laureati, fermo restando che si tratterà, per la maggior parte, di contratti a termine. Di sicuro, diventa un punto essenziale comprendere le ragioni profonde che determinano questo grave gap tra i giovani laureati e le imprese ioniche. Sullo sfondo, resta l'innegabile dubbio che lo spopolamento di laureati possa, a lungo andare, incidere sul futuro della città e della sua provincia. Si cercano operai e conduttori di impianti (44%), seguiti da operatori commerciali e dei servizi (25%), da dirigenti, specialisti e tecnici ( 19%) da generici (7%) ed infine da impiegati (5%).


La sensazione è che la manovalanza, preferibilmente senza studi alle spalle, sia ancora, in gran parte, connessa al contesto industriale da cui, Taranto sta provando a prendere le distanze. Ma lasciare che i laureati vadano fuori a cercare fortuna, non creare per loro opportunità lavorative e di crescita può mai essere la direzione giusta?
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