Franco Causio, il "Barone" si racconta: «Solo soldi: non ci sono i campioni di una volta»

Franco Causio, il "Barone" si racconta: «Solo soldi: non ci sono i campioni di una volta»
di Maria Grazia Fasiello
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Sabato 23 Gennaio 2016, 10:44

Un ragazzo di 16 anni che parte dal profondo Sud e diventa grande, arrivando a condividere il campo con altri grandi calciatori di un periodo leggendario. La storia del “Barone” Franco Causio - piedi di velluto ed eleganza atletica - è la celebrazione di un calcio indimenticabile. Come quello dei campioni che spalano da soli la neve per liberare il campo, o che giocano a carte con Pertini sull’aereo presidenziale dopo aver alzato la coppa nell’82. Episodi che Causio ha raccontato ieri sera con lo stesso stile di gioco che lo ha contraddistinto, tanta classe e fantasia, davanti al pubblico della libreria Feltrinelli a Lecce.



La sala era piena di appassionati, colleghi, nostalgici e giovani cresciuti con il mito del “Barone” leccese, bianconero da una vita come recita la copertina del suo libro “Vincere è l’unica cosa che conta” (citazione presa in prestito da Boniperti e che da sempre racchiude la filosofia Juventus). All’incontro ha preso parte un altro calciatore leccese che ha fatto la storia, Sergio Brio. Ad intervistare i due, il giornalista Giorgio Demetrio.

«Il calcio indubbiamente è cambiato - ha dichiarato Causio - non è più quello di una volta e, al momento, dobbiamo riconoscere di aver perso qualità in favore della quantità. Se penso ai grandi che ho incontrato, come Zico, Platini, Cruijff, Maradona, riesce difficile fare paragoni con i campioni del calcio attuale. E poi ci sono tanti interessi economici che distolgono dal vero obiettivo». Sono tre, invece, i valori che Causio ha sempre messo al primo posto: umiltà, sacrificio e lavoro. Non per niente l’appellativo - “il Barone” - che gli affibbiò un giornalista è diventato un marchio di fabbrica. «In realtà sento più mio un altro appellativo che mi era stato dato, Brazil. Infatti ho sposato una brasiliana, quindi non è stato un caso».

Eleganza e fantasia erano i tratti distintivi, come ha sottolineato l’amico Brio. «È stato uno dei più grandi giocatori - ha spiegato - tecnica sopraffina e una grande fantasia. Il giorno del mio esordio ha puntato su di me e per questo gli sarò riconoscente a vita».
Nato a Lecce nel ’49, Causio è arrivato a Torino a soli sedici anni. «Ricordo le telefonate di Agnelli che ci svegliava di primo mattino: voleva un resoconto della partita». Nella sua carriera in bianconero ha registrato 447 presenze e 72 gol, con la Nazionale 63 presenze e 6 gol. Causio vestiva la maglia azzurra al Santiago Bernabeu l’11 luglio 1982.

L’episodio più divertente è proprio legato alla finale. «Pertini ci fece salire sull’aereo presidenziale - ricorda - giocammo a scopone, io ero in coppia con Bearzot e il presidente con Zoff. Con un bluff riuscì a vincere la partita». Ha giocato nella Sambenedettese, nella Reggina, nel Palermo, nell’Udinese, nell’Inter e nella Triestina, ma l’esordio è avvenuto con la squadra della sua città, Lecce, che ieri lo ha accolto calorosamente. «Con questo libro - conclude - ho voluto dimostrare che un ragazzo di 16 anni può partire dal profondo Sud e diventare qualcuno».

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