Russo: "Territori e brand, decisivo il dialogo"

Russo: "Territori e brand, decisivo il dialogo"
di Rita DE BERNART
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Venerdì 28 Ottobre 2022, 18:41 - Ultimo aggiornamento: 2 Novembre, 18:38

Territorio e azienda devono viaggiare su un binario comune. Perché i singoli brand di successo portino valore aggiunto al brand Puglia è necessario che ogni singola attività sia ben contestualizzata ma è anche determinante un lavoro di coordinamento da parte delle Istituzioni. Vincenzo Russo, professore di Psicologia dei consumi e neuromarketing presso la Iulm di Milano, collabora da qualche anno con diverse aziende pugliesi. «In Puglia - dice - è stato fatto un grande lavoro ma manca la capacità di camminare insieme».
Professore, quanto i singoli marchi possono contribuire al successo del brand Puglia?
«Occorre fare una riflessione di carattere generale: è importante che sia l'azienda ad affiancare il territorio e non il contrario. Secondo un recente studio del centro ricerche Ipsos, le tendenze cambiano velocemente, a livello internazionale l'attenzione si è spostata dal più generico made in Italy al made in local. Ma questo iperlocale deve essere contestualizzato; fuori dal nostro Paese non tutti sanno dove si trovano le singole località. Nel comunicare il proprio brand e la propria storia dunque è necessario contestualizzare e inserirsi all'interno di un brand più ampio, che è appunto quello territoriale; bisogna stare dunque attenti a non frammentare eccessivamente. Se si fa una buona comunicazione le imprese diventano attrattive non solo per se stesse ma anche per la Puglia».
Ci fa degli esempi concreti?
«Nel mondo del vino c'è un grande strumento: l'etichetta. Di recente, per un concorso enologico nella vostra regione, mi è capitato di analizzarne 490 tra cui moltissime pugliesi. Sembrerà strano ma sono pochissime quelle in cui si faceva riferimento concreto al territorio, al di là del luogo di produzione. Il riconoscimento del territorio di provenienza è invece proprio uno dei tre elementi ritenuti indispensabili dai consumatori».
Ritiene che in Puglia sia stato fatto un buon lavoro?
«Se la maggior parte degli italiani e anche molti stranieri sono stati in Puglia per le proprie vacanze in questi ultimi anni, certamente tanto di buono è stato creato. Per restare sempre nel mondo del vino, la Regione è una delle poche, e fra le prime, ad aver recepito la legge sull'enoturismo, connotando in questo modo la destinazione anche come luogo di attrazione enoturistica. Lavorando con le aziende ho sperimentato che c'è stata una crescita esponenziale a livello turistico; bisogna stare in guardia perché negli ultimi due anni tanto è dovuto anche alla pandemia ma è un dato di fatto che Puglia e Sicilia siano le due regioni in cui si percepisce una maggiore qualificazione dei servizi, è migliorata tanto l'offerta ristorativa con diversi stellati e buoni ristoranti e questo ha creato effetto branding».
Quali sono le principali problematiche che ha osservato nella sua esperienza?
«C'è un problema atavico che è in realtà tipico meridionale: siamo ricchi di imprenditori brillanti che spesso non sono supportati dalle istituzioni ma c'è anche spesso un pizzico di narcisismo che non consente di lavorare insieme. Non è nel nostro Dna».
Spesso è accaduto che singole iniziative private abbiano fatto da traino all'intero territorio...
«Può accadere ma se poi non c'è un sistema che dialoga e che supporta tutto è vanificato. Le istituzioni spesso hanno tempi molto più lunghi rispetto all'imprenditoria e questo porta a due situazioni: da una parte aree territoriali che non sono attrezzate per gestire la popolarità, dall'altra porta alla nascita di esperienze frammentate: zone dove gli imprenditori riescono da soli a creare delle realtà consolidate e altre che restano indietro. In questo senso serve un indirizzo forte delle istituzioni».
In Puglia ci sono diversi esempi di mini filiere ed eccellenze produttive che attraggono clientela importante anche internazionale, come accade per il tessile in Valle d'Itria. Possono fare la differenza?
«In questi casi spesso accade che il successo viaggi attraverso il passaparola o canali altamente specializzati ma non sia veicolato a livello istituzionale. Perché queste esperienze diventino un valore istituzionale aggiunto occorre spingere di più a livello di sistema».
Costituendo dei veri e propri distretti?
«Facendo in modo che queste eccellenze innanzitutto parlino e collaborino tra di loro, parlo in generale. Fare un lavoro congiunto di co-branding, compito dell'Ente regionale è proprio coordinare le eccellenze perché portino valore l'un l'altro e al territorio regionale. In Francia ad esempio è normale per un produttore far conoscere cosa fanno i suoi colleghi perché questo crea autorevolezza in quel comparto. In Puglia basti pensare all'effetto che potrebbe il mondo del vino su quello dell'olio come capacità attrattiva e trainante collaborando insieme».

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