Verde e digitale, il cantiere di Puglia guardando all'Europa

Verde e digitale, il cantiere di Puglia guardando all'Europa
di Francesco G. GIOFFREDI
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Mercoledì 24 Marzo 2021, 08:43

Il divario e i divari. Il capitale, cioè il bazooka di risorse, e i capitali. Sociale, umano, infrastrutturale. Questione di sfumature lessicali, ma non troppo. Questione, anche, di strategia, visione, consapevolezza. La crisi Covid ha ulteriormente amplificato ritardi e debolezze del Sud. Ma questo tornante della storia è anche opportunità di rilancio. Per accorciare i divari e mettere a frutto i capitali, tutti: il Mezzogiorno e la Puglia come un cantiere della transizione, energetica, ambientale, digitale, infrastrutturale. Lo strumento cardine non può che essere il Recovery plan, i 209 miliardi del Next Generation Eu. Verso una Puglia, e un Sud, verde e digitale. A che punto siamo? Quale quota di risorse spetterà al Mezzogiorno? Per fare cosa e come? Il premier Mario Draghi dà la linea d’indirizzo: «Vogliamo fermare l’allargamento del divario» Nord-Sud e «dirigere» i fondi europei e di Next generation Eu «in particolare verso donne e giovani».

SPESA BUONA E SPESA CATTIVA

Fin qui, in fondo, nulla di inedito. Ma l’ex presidente Bce rispolvera il dualismo spesa buona-spesa cattiva, responsabilizza gli amministratori e la classe dirigente («il ruolo cruciale è anche vostro») e insiste sul tasto: il Next Generation Eu ha tra gli obiettivi «favorire la transizione digitale ed ecologica». Che in Puglia ha declinazioni già ben individuabili: il futuro e la svolta di Taranto e dell’Ilva, la dismissione del carbone a Brindisi e l’avvio di un epocale “secondo tempo”, le opportunità di diversificazione energetica tramite il gas del Tap, la frontiera dell’idrogeno, il rafforzamento delle infrastrutture digitali, cioè le “autostrade rese ancora più necessarie dal flagello pandemico.


Di tutto questo Draghi ha parlato ieri, a “Sud - Progetti per ripartire”, l’iniziativa di ascolto e confronto promossa dalla ministra per il Sud, Mara Carfagna, in vista dell’elaborazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr, cioè il Recovery plan italiano). Transizione energetica e digitale, ha scandito il premier, «significa far ripartire il processo di convergenza tra Mezzogiorno e Centro-Nord che è fermo da decenni» e che «anzi dagli inizi degli anni ‘70 a oggi è grandemente peggiorato». I numeri: il prodotto interno lordo per persona nel Sud «è passato dal 65% di quello del Centro-Nord al 55%» e «negli ultimi anni c’è stato un forte calo negli investimenti pubblici, che ha colpito il Sud insieme al resto del Paese». Infatti «tra il 2008 e il 2018, la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno si è più che dimezzata ed è passata da 21 a poco più di 10 miliardi». Manca perciò il moltiplicatore principale, cioè gli investimenti: rispetto al 2007, al Sud, sono crollati del 35%. Senza segnali di apparente ripresa. Ma ora per «la prima volta» - dice Draghi - c’è «l’occasione di aumentare la spesa in infrastrutture fisiche e digitali, nelle fonti di energia sostenibili». Precisando che le risorse del Next Generation Eu si «aggiungono ad ulteriori programmi europei e ai fondi per la coesione, che mettono a disposizione altri 96 miliardi per il Sud» nei prossimi anni.

IL DIVARIO NORD-SUD


Insomma: cassaforte e cassetta degli attrezzi ci sono. Ieri sono intervenuti anche i governatori meridionali, tra cui Michele Emiliano: «Il Recovery deve servire a incidere sul divario Nord-Sud. Non deve servire solo ad un immediato recupero di competitività del sistema di impresa del Nord per poi ricominciare questo sistema infernale che tiene l’Italia in serie B». «Anche gli investimenti al Sud refluiscono in gran parte sul sistema economico del Nord, riequilibrando lo sviluppo, la civiltà, i rapporti di genere, la giustizia, l’eguaglianza, tutti elementi che per un investitore estero sono molto più importanti dei break even». Emiliano insiste su un tasto forte: «Ho sentito parlare del progetto Taranto, della economia verde che ne deriva. In Puglia c’è l’ex Ilva», «abbiamo una occasione imperdibile, con questi fondi e con altri, per fare di Taranto il polo della transizione energetica italiana. Possiamo fare il polo dell’idrogeno, perché lì c’è una serie di combinazioni, tutta una serie di possibilità industriali che possono cambiare la storia del Paese. Ad un impatto ambientale e di salute molto inferiore».

I PROGETTI PUGLIESI

La Puglia ha già candidato, col governo Conte, progetti e interventi nel perimetro del Recovery plan, per un totale di 18 miliardi. La riscrittura del piano azzera molte cose, non le priorità, né l’esigenza di visioni condivise per il Sud. Di sicuro, lo spazio del confronto corale - ieri aperto dalla ministra Carfagna - è un buon inizio.
Prima però occorre superare due scogli di metodo. E su questo Draghi è categorico: «Ci sono due problemi: uno nell’utilizzo dei fondi europei, l’altro nella capacità di completamento delle opere pubbliche. A fronte di 47,3 miliardi di euro programmati nel Fondo per lo Sviluppo e la Coesione dal 2014 al 2020, alla fine dello scorso anno erano stati spesi poco più di 3 miliardi, il 6,7%. Nel 2017, in Italia erano state avviate ma non completate 647 opere pubbliche. In oltre due terzi dei casi, non si era nemmeno arrivati alla metà. Il 70% di queste opere non completate era localizzato al Sud, per un valore di 2 miliardi. Divenire capaci di spendere questi fondi, e di farlo bene, è obiettivo primario di questo governo».


I numeri sono un’altalena, tra le vette delle opportunità e gli abissi dei fallimenti passati. Il metodo va tarato, come ha ammonito Draghi. Cantieri e idee ci sono già, in larga parte. Taranto ridisegna il domani “verde”, comunque svincolato dalla dipendenza esclusiva dall’Ilva, che dovrà impostare un diverso paradigma. A Brindisi è già partita la trafila che porterà alla decarbonizzazione della centrale Enel, ma occorre creare l’alternativa, che passa da gas naturali e rinnovabili, e perciò in definitiva da programmazione. Proprio a proposito di gas, Tap vuol porsi sempre più sulla scia del Next Generation Eu, tanto da scommettere pure sull’idrogeno. E la transizione digitale può stringere definitivamente la forbice territoriale Nord-Sud. È tutta «spesa buona», parafrasando Draghi. Dissipare anche queste opportunità, sarebbe imperdonabile.

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