“Circolare”: nuovo verso all'economia

“Circolare”: nuovo verso all'economia
di Leda CESARI
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Giovedì 26 Marzo 2020, 15:22 - Ultimo aggiornamento: 16:36
Immaginate un mondo coscienzioso e pulito, dove i rifiuti sono materia preziosa da riutilizzare, i computer e le lavatrici rotte non si buttano al primo problema e quando rendono definitivamente l'anima a Dio vengono comunque riciclati fino al più piccolo relè - e dove tutto, ma proprio tutto ciò che si produce si consuma o si riusa. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, teorizzò nel 700 il chimico-filosofo Lavoisier, ma in fondo lo sapevano anche gli antichi filosofi greci che - beati loro non ebbero mai a dover fare i conti con la bruttezza (visiva, olfattiva e concettuale) delle discariche e degli inceneritori. E in fondo avevano mangiato un po' la foglia anche i nostri nonni, secondo i quali chi ha superato gli anta da qualche tempo lo ricorderà a tutto poteva darsi una seconda vita, agli avanzi di cucina come al foglio di carta di cui oggi troppo disinvoltamente ci sbarazziamo se è scritto solo da una parte, o ha un lato spiegazzato.
Si chiama economia circolare, ed è concetto che risale agli anni Settanta del Novecento. L'idea di un circuito virtuoso dei materiali venne messa nera su bianco, per la prima volta, nel 1966: fu Kenneth E. Boulding a rappresentarla nel suo articolo The Economics of the Coming Spaceship Earth, seguito dopo dieci anni esatti da un rapporto presentato alla Commissione Europea - titolo The Potential for Substituting Manpower for Energy - in cui Walter Stahel e Genevieve Reday delinearono il significato di quell'idea e il suo impatto sulla creazione di posti di lavoro, sul risparmio di risorse e sulla riduzione dei rifiuti. Da allora sono passati quarant'anni e più, e si può affermare con una certa soddisfazione che l'Italia, in materia, è leader rispetto alle prime cinque economie europee, superando nell'ordine Regno Unito, Francia, Germania e Spagna: lo ha evidenziato pochi giorni fa il Corriere della Sera commentando la presentazione a Roma del secondo rapporto del CEN - Circular Economy Network - progetto nato da un'iniziativa della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile cui partecipano come promotori ben quattordici aziende e associazioni di impresa, oltre che enti pubblici di ricerca quali l'Enea.
Italia leader in Europa, per cinque motivi importanti: produzione, consumo, gestione rifiuti, mercato delle materie prime seconde, investimenti e occupazione. Si chiamano Indici di circolarità, principi intorno ai quali gira quest'economia che, una volta sostituita a quella attuale, ci regalerà forse il mondo di cui sopra: responsabile, pulito e anche più ricco, a ben vedere. I relativi numeri sono infatti di tutto rispetto, testimonia il rapporto CEN: l'insieme delle attività connesse alla bioeconomia in Italia comporta un fatturato di oltre 312 miliardi di euro e circa 1,9 milioni di persone impiegate in vari comparti. La transizione verso l'economia circolare e la bioeconomia rigenerativa è sempre più urgente e indispensabile, anche per affrontare la crisi climatica, osserva Edo Ronchi, responsabile del network. E la Puglia, regione sempre in prima linea quando si parla di innovazione e sostenibilità, dà il suo contributo a questi numeri.
L'Atlante Italiano dell'Economia Circolare, piattaforma web interattiva che raccoglie e racconta le esperienze delle realtà economiche e associative impegnate nel settore (www.economiacircolare.com), censisce in Puglia dodici realtà in cui i cardini di questa nuova filosofia, non solo imprenditoriale, hanno già attecchito con successo. Si va dalla Sfregola Materie Plastiche di Barletta, che produce sacchi per la spazzatura con scarti industriali, a CulturAmbiente Group, network di tre realtà no profit pugliesi che ha inventato a Veglie, nel Salento, InnovAction, cooperativa di lavoro per la vendita di servizi e prodotti green, tra cui stoviglie biodegradabili e compostiere elettromeccaniche; dalla Bio Faber di Mesagne, nata nel 2015 e attiva nel settore dei nuovi bio-materiali nano-strutturati, in particolare della cellulosa di origine batterica trasformata in prodotti e soluzioni sostenibili e naturali, alla Isa, Impresa Sostenibile d'Artigiane di Ceglie Messapica: Siamo giovani donne che mettono insieme valori, esperienze e risorse per affermarsi come impresa artigianale al femminile fondata su innovazione, riuso, creatività e relazione, raccontano le interessate sul loro sito.
Le storie circolari di Puglia, sull'Atlante, sono dodici, ma il felice sospetto è che gli esempi virtuosi, sul territorio regionale, siano molti, molti di più. E d'altronde i tempi sono maturi, decisamente maturi perché il sistema delle tre erre diventi regola nel panorama industriale italiano, non una lodevole eccezione, spiega Giuseppina Passiante, professore ordinario di Ingegneria economico-gestionale dell'Università del Salento: Tutto il sistema imprenditoriale dovrà progressivamente adeguarsi al modello dell'economia circolare, basato sulle tre R: ridurre, riusare, riciclare. Ridurre il consumo di materie prime e di semilavorati, riutilizzare i beni il più possibile e riciclare i rifiuti che non possono più essere utilizzati. Sì, perché l'economia circolare rappresenta oggi una vera e propria fonte di vantaggio competitivo: il vecchio sistema produttivo è diventato ormai troppo costoso e inefficiente per tutti. È in atto un processo di trasformazione lento ma inesorabile, che porterà a profondi cambiamenti in materia di processi produttivi e modelli di business, continua l'esperta: la riconversione riguarderà tutti i settori della vita umana. Un cambiamento epocale, ma io preferisco definirlo sistemico, che coinvolgerà tutti: imprese, istituzioni, mondo della ricerca, spiega ancora la docente.
Importanza primaria, naturalmente, acquisiscono le risorse umane, che dovranno attuare il cambiamento e migliorare il capitale strutturale, che a sua volta sarà fattore abilitante per lo sviluppo del fattore umano: il know-how non si imparerà più a lezione, ma sul campo, secondo la metodologia del learning in action. Sarà insomma necessario strutturare e attuare un nuovo pensiero laterale ispirato ai principi di creatività, interdisciplinarietà, intelligenza emotiva, in grado di recuperare quello spirito olistico, quella visione rinascimentale del cosmo che il sapere moderno ha perduto: Dall'Illuminismo in poi il riduzionismo della conoscenza ha regnato sovrano. Abbiamo suddiviso il sapere e creato competenze iperspecializzate che spesso non dialogano tra loro, ma questo non è corretto, prosegue Giuseppina Passiante. Le terre rare contenute nei computer e nei cellulari, per esempio, si potrebbero riciclare, ma questa nuova filosofia, in generale, dovrà essere applicata in tutti i contesti economici e sociali, dai settori tradizionali quale l'agroalimentare alla ricerca aerospaziale: dall'Uovo perfetto di Cutrofiano, che consente una seconda chance di vita (e produzione) alle galline sfruttate dall'industria, alle vinacce da gustare del progetto leccese SolBioGrape; da EggPlant, che produce bioplastica a Polignano a Mare grazie alle acque reflue dell'industria lattiero-casearia, a Flusis, che in quel di Calimera brucia le ramaglie di ulivo per farne energia elettrica, e che ha anche realizzato un impianto per la produzione di biopellet a chiusura completa del loop; dall'azienda incubata presso Unisalento per il recupero degli scarti del tessile all'onomatopeico (e premiato) Progetto Muvt - Mobilità Urbana Veloce e Tecnologica che, Comune di Bari in testa, consente una gestione razionale della domanda di mobilità sostenibile su tutto il territorio cittadino. Dovremo tutti adattare la nostra forma mentis a questa nuova cultura, a questa nuova filosofia: tutto deve essere riutilizzato, conclude Giuseppina Passiante. Concetto nuovo, eppure antichissimo: si comincia quindi dalle idee.
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