Riconvertire: la grande scommessa

Riconvertire: la grande scommessa
di Oronzo MARTUCCI
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Giovedì 26 Marzo 2020, 15:23 - Ultimo aggiornamento: 16:12
Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta le aree di Brindisi e Taranto (e i relativi porti) furono destinate dal governo a ospitare impianti industriali sporchi, molti sporchi ma ad alta densità di occupazione, nei settori della siderurgia, della chimica, della produzione energetica. Quegli impianti negli anni successivi hanno continuato a crescere e a svilupparsi nei settori della produzione energetica sull'Adriatico e siderurgica sullo Jonio, mentre la crisi di mercato, esplosa negli anni Ottanta, ha provocato a Brindisi la riduzione della produzione di uno dei poli della chimica più importante d'Europa.
Negli ultimi anni è emersa sempre più la necessità di rivedere i modelli di sviluppo e sono state considerate intollerabili le produzioni inquinanti e quindi portatrici di malattie. A Taranto e a Brindisi sono in corso interventi per ridurre gli inquinamenti provocati da carbone, il minerale necessario per alimentare la centrale Enel di Brindisi Sud, che con la potenza installata di 2640 megawatt è la più grande d'Europa, e lo stabilimento siderurgico ex Ilva (ora Arcelor Mittal), capace di produrre sino a 10milioni di tonnellate di acciaio all'anno.
Regione, governo centrale e Unione Europea sono impegnati attraverso vari strumenti nel percorrere la strada della riconversione verde dei grandi impianti industriali del Sud della Puglia. Una opportunità che i decisori politici pensano di dover cogliere attraverso il Green New Deal lanciato dalla Commissione europea per il periodo di programmazione dei Fondi comunitari 2021-2027 e che prevede la istituzione di un fondo da 100 miliardi di euro denominato Just Transition Fund (Fondo per la transizione giusta), per aiutare i Paesi in ritardo nella transizione climatica e dipendenti da energie fossili.
Il 26 febbraio scorso è stato pubblicato il Report 2020 della Commissione europea sulle condizioni economiche e strutturali dell'Italia contenente le indicazioni sulle aree italiane che potranno utilizzare i fondi del New Deal Green. Solo la zona della Sulcis, in Sardegna, e l'area funzionale di Taranto sono citate nel documento.
Nell'area funzionale urbana di Taranto (provincia di Taranto), che ospita una delle più grandi acciaierie europee e una delle tre maggiori centrali alimentate a carbone in Italia, scrive la Commissione, il grande inquinamento industriale deriva dai gas a effetto serra, ma anche da altri inquinanti e dal particolato. Questa zona è fortemente dipendente dal punto di vista economico dall'acciaieria, che impiega circa 10.000 dipendenti, con circa ulteriori 10.000 che secondo le stime lavorano in società ad essa collegate. Questi posti di lavoro sono a rischio. La forte dipendenza della zona dai combustibili fossili rappresenta una sfida enorme per quanto riguarda la decarbonizzazione e richiede notevoli sforzi per sostenere una strategia di transizione integrata, che accompagni lo spostamento a lungo termine di Taranto verso alternative economiche e un ulteriore sviluppo del polo siderurgico. In base a questa valutazione preliminare, sembra necessario che il Fondo per una transizione giusta concentri il suo intervento in questa zona. La Commissione ha anche ribadito che le principali fonti di emissioni di gas a effetto serra in Italia sono le centrali a carbone e la produzione di ferro/acciaio. Sembra emergere un chiaro riferimento all'ex Ilva di Taranto e alle centrali di Brindisi (anche se per la Commissione europea essa è collocata nella provincia di Taranto): nella zona industriale della città adriatica insieme a quella dell'Enel di Cerano vi sono due altre centrali: una di proprietà dell'Enipower, con alimentazione a metano di circa 1000 megawatt; l'altra di proprietà di A2a con una potenza installata di 640 megawatt, ma ora ferma. L'Enel ha invece comunicato che la produzione energetica a carbone di Cerano verrà bloccata nel 2025. Come conseguenza circa 1.500 lavoratori, tra dipendenti diretti Enel e dell'indotto, dovranno essere ricollocati.
La Commissione europea indica anche gli interventi necessari per una trasformazione verde delle aree inquinate da fonti fossili per utilizzare il Fondo per la transizione giusta Per far fronte a queste sfide, scrive la Commissione Ue, sono stati identificati fabbisogni di investimenti prioritari per rendere più moderne e competitive le economie di questo settore. Le azioni chiave del Fondo per una transizione giusta potrebbero mirare in particolare a: investimenti nella diffusione di tecnologie e infrastrutture per l'energia pulita a prezzi accessibili, l'efficienza energetica e le energie rinnovabili, anche nei siti industriali con elevate emissioni di gas a effetto serra con l'obiettivo di ridurre queste emissioni; investimenti nella rigenerazione e la decontaminazione dei siti, il ripristino del terreno e i progetti di conversione; investimenti nella creazione di nuove aziende, anche mediante incubatori di imprese e servizi di consulenza, tenendo conto delle strategie di specializzazione intelligente; investimenti produttivi nelle PMI; miglioramento delle competenze e riqualificazione professionale dei lavoratori; assistenza nella ricerca di lavoro; inclusione attiva delle persone in cerca di lavoro.
Nel report della Commissione europea vi è un ulteriore riferimento alla Puglia per quanto riguarda la produzione energetica e le prospettive di cresciuta: Il settore verde può rappresentare un'opportunità economica per il Sud. Ad esempio, circa due terzi dei terreni agricoli nel Mezzogiorno sono coltivati secondo i criteri dell'agricoltura biologica. Inoltre, circa il 50% della produzione complessiva di energia elettrica del Sud proviene da fonti rinnovabili. La Puglia è la principale regione italiana in termini di potenza fotovoltaica ed eolica installata, pari rispettivamente al 13,2% e al 24,5% della produzione complessiva italiana.
L'interesse per una politica verde collegata ai grandi impianti sta impegnando anche la Regione e le amministrazioni locali. L'interesse della Regione Puglia è incentrato sulla decarbonizzazione dell'impianto siderurgico, che però presuppone una riduzione della produzione e la ricollocazione in altri settori produttivi di alcune migliaia di lavoratori dell'acciaieria e dell'indotto.
Sul fronte brindisino, Regione e Comune stanno discutendo della realizzazione di un Centro studi sulla decarbonizzazione da impiantare nella Cittadella della Ricerca che potrebbe vedere il coinvolgimento dell'Enea. La stessa Enea (Ente per le energie alternative) negli ultimi mesi stava valutando la possibilità di realizzare nella Cittadella un Centro di ricerca sull'economia circolare. Gli investimenti previsti per le aree Zes nelle aree industriali di Brindisi e Taranto possono aiutare a ridurre le emissioni inquinanti e a cercare una collocazione green.
Insomma, Taranto e Brindisi, dopo essere state aree destinate a ospitare i grandi insediamenti industriali inquinanti, insieme chiedono e rivendicano un nuovo modello di sviluppo green, nel quale ci sia massimo rispetto per l'ambiente e gli interventi produttivi siano sostenibili. Il lavoro e la salute devono andare necessariamente di pari passo. Gli anni in cui veniva accettata l'industria sporca e pesante sono passati da tempo. La Commissione europea mette insieme le centrali di Brindisi e il siderurgico di Taranto tra gli impianti sui quali investire parte del Fondo per la transizione giusta. Non è il solo fondo che può essere utilizzato. In ogni caso la strada verso l'economia verde e circolare è tracciata.
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