Un business per migliaia di euro al giorno, una sorta di “municipalizzata” dei rifiuti clandestina messa su con la complicità delle famiglie criminali di Tor Bella Monaca per smaltire tonnellate di rifiuti speciali, soprattutto “rae”, materiale meccanico ed elettrico derivante da nuovi e vecchi elettrodomestici. Anziché gettare in discarica lavatrici, frigo, forni ritirati dalle case di privati cittadini, l’organizzazione li smontava di ogni parte, rivendeva tutto ciò che era riutilizzabile (dal rame al ferro, dai motori alle parti elettroniche) e una volta cannibalizzati, si sbarazzava delle carcasse abbandonandole in terreni, ai piedi dei cassonetti o addirittura lanciandole letteralmente nei canali di scolo e nell’alveo del fiume Aniene. Tutti guadagni esentasse per l’intera filiera: la grande distribuzione che se ne avvaleva, i trasportatori senza scrupoli e, ovviamente, i gruppi criminali.
Gli sversamenti illegali di rifiuti scoperti dalla Dda
Vantaggi per tutti, meno che per l’ambiente, avvelenato giorno dopo giorno con danni irreversibili secondo uno schema già collaudato dai clan camorristi che dalla Campania hanno risalito il Lazio fino ad annidarsi nella Capitale, specie all’ombra delle torri di via dell’Archeologia. Proprio qui nei garage delle case popolari, a due passi da dove la settimana scorsa ignoti hanno sparato in strada a due giovani pusher, c’era uno dei depositi clandestini.
Il maxi-traffico è stato scoperto dagli agenti del Nad, il Nucleo ambiente e decoro della Polizia locale dopo due anni di indagini, pedinamenti e intercettazioni.
L’inchiesta, coordinata dalla pm Rosalia Affinito della Procura capitolina, non è ancora terminata. Secondo gli inquirenti a tenere le fila del business era M. M. considerato promotore del business e proprietario del maxi-terreno di Giardinetti, collegato a sua volta a uno dei clan che si contende le piazze dello spaccio tra i lotti di TorBella. Sebbene il suo profilo, almeno all’apparenza, non sia di rango. Braccio operativo dell’associazione era I. D. indicato «quale conferitore abituale dei rifiuti». Sono al vaglio le posizioni dei responsabili dei punti vendita i quali, secondo gli investigatori, erano ben a conoscenza della destinazione dell’“usato” di cui garantivano un corretto smaltimento ai consumatori. Invece, puntualmente, i materiali ritirati venivano dirottati nei centro di stoccaggio illegali, con un risparmio netto sui costi di smaltimento.
Ogni “padroncino” assicurava dai 70 agli 80 scarichi giornalieri, con un orario di “lavoro” impeccabile: dalle 7 del mattino al tramonto. Con gli agenti del Nad della Polizia locale si è complimentata la sindaca Virginia Raggi: «Abbiamo dato un altro duro colpo alla criminalità organizzata e a chi avvelena i nostri territori - ha scritto su Facebook - Queste organizzazioni criminali non ci fanno paura».
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