ORIA - Fuori sette. I primi sette giganti verdi vittime della xylella sono stati abbattuti ieri mattina a Oria, contrada Frascata, leggi il focolaio più a nord dove il batterio killer venuto dal Costa Rica (forse, chissà) è riuscito ad annidarsi rosicchiando la linfa vitale degli alberi. La protesta degli ambientalisti, arrivati sui terreni alla buonora, per un lungo istante è riuscita a fermare le ruspe pronte ad entrare in azione, ma non le motoseghe. Un’astuzia, quella degli uomini in divisa inviati dal commissario straordinario per l’emergenza, che ha funzionato: mentre i manifestanti restavano abbarbicati ai mezzi pesanti che pareva dovessero muoversi da un momento all’altro, l’abbattimento è cominciato dalla parte opposta dei campi occupati. A quel punto nemmeno correre con le ali ai piedi e il cuore in gola, non serviva più. Come non è servito piangere, urlare di dolore e di rabbia, arrampicarsi sulle staccionate e sugli alberi stessi. Le piante che dovevano andare giù, in osservanza al piano governativo anti-xylella, sono andate giù.
Centinaia di anni di vita rovinati per terra in pochi istanti.
Una lunga, lunghissima mattina. Tutti coi piedi nella terra, all’ora convenuta, verso lo stesso obiettivo: salvare il salvabile. Ciascuno con i suoi argomenti, le sue armi. Da una parte del fronte i manifestanti, arrivati dal Brindisino e dal Leccese, un paio di striscioni per le mani e tutto il resto in corpo, a cominciare dalla certezza che eradicare, estipare, abbattere non è la soluzione. Grande assente la città di Oria, niente emissari della politica e delle istituzioni (e poco vale sottolineare che Oria una giunta nemmeno ce l’ha), pochi gli agricoltori.
La protesta degli ambientalisti venuti in pace si è espressa con passione verbosa, ma radicalmente non violenta. I ragazzi venuti in pace hanno dialogato a lungo con gli uomini della Forestale, coi carabinieri della stazione oritana e della compagnia di Francavilla Fontana, argomentando le ragioni del no. I militari e gli agenti dall’altra parte hanno a lungo ascoltato chi li incitava alla disobbendienza nel nome di madre Natura, e per un lungo istante è parso che anche ieri si sarebbe tutto risolto in un nulla di fatto. E invece, d’improvviso, il rumore delle motoseghe in azione è esploso nel silenzio della campagna, poco distante.
Dall’altra parte dei campi occupati, gli uomini dell’Arif (Agenzia regionale per le attività irrigue e forestali) hanno dato esecuzione al piano, il primo albero era abbattuto quando i ragazzi hanno capito. Mettere le ali ai piedi non è servito. Una delle pagine più nere della storia di Puglia è andata in scena in pochi, concitati istanti, militari e forestali hanno contenuto con la viva forza delle braccia l’avanzata dei manifestanti, rabbia e lacrime, che hanno tentato di superare staccionate e picchetti, mentre gli alberi andavano giù uno dopo l’altro. Urla e invettive contro gli uomini dello Stato, soldati semplici agli ordini di chi aveva già deciso, nemmeno un istante sono degenarati in violenza, anche se tutt’intorno il paesaggio si traformava in uno scenario di guerra.
Fine primo atto.
Oggi motoseghe e ruspe proseguono la loro avanzata. Tappa a Veglie. Si procederà con i focolai segnalati più recentemente, proseguendo senza soluzione di continuità verso Leverano, Carmiano, Campi Salentina, Porto Cesareo, Nardò, Trepuzzi, Squinzano, Surbo e Lecce. Bisogna far presto, terminare entro la prima decade di maggio, è in questi gioni che il vettore nel ventre del quale la xylella viaggia dai terreni agli alberi, mette le ali raggiungengo le chiome e iniziando il suo viaggio mortifero. Bisogna andare avanti. Costi quel che costi.
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