Rinnovabili in Puglia, pro e contro: sbloccati 4 parchi eolici onshore ma restano fermi 410 progetti

Rinnovabili in Puglia, pro e contro: sbloccati 4 parchi eolici onshore ma restano fermi 410 progetti
di Alessio PIGNATELLI
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Venerdì 4 Febbraio 2022, 05:00

Il via libera è arrivato dal Consiglio dei ministri dopo un’attesa di tre anni: quattro progetti di parchi eolici onshore saranno realizzati in Puglia nella provincia di Foggia. In totale produrranno 253,20 Megawatt e la nostra Regione confermerà, a realizzazione avvenuta, il suo primato nazionale, oggi pari a 4.801,9 Gwh di produzione di energia eolica, al pari di quello nella energia fotovoltaica di 3.839,2 Gwh. In pratica, nel Tacco d’Italia si produce già il 25% dell’energia eolica nazionale e il 14% di quella solare. Ma ci sono anche altri numeri in chiaroscuro: per esempio quello dei 13 progetti di parchi eolici offshore in itinere tra Adriatico e Ionio. E, a proposito di tempi e attese, i 410 - tra fotovoltaico, eolico e biomasse - ancora fermi tra burocrazia e mancati aggiornamenti.

Il tallone d'Achille

Proprio da qui si può partire per approfondire un aspetto determinante. Innanzitutto, sul totale degli impianti in stand by, solo 13 sono siglati con la parola accumulo.

Cosa significa? Semplificando: quando vento e sole decidono di riposarsi, i sistemi di storage entrano in funzione per aiutare le energie rinnovabili a svolgere il proprio compito. L’accumulo energetico è la chiave di volta per dare valore aggiunto all’energia green. Questi sistemi hanno il ruolo di immagazzinare l’elettricità e renderla disponibile quando c’è maggiore necessità, fungendo da bilancia tra domanda e offerta e contribuendo a stabilizzare la rete.

Ecco, il tallone d’Achille del sistema rinnovabili può essere proprio la mancanza di questa sorta di “ruota di scorta” da avere quando la Natura non fa il proprio dovere. Proprio per questo motivo, in tutta Italia si sta assistendo a un boom di progetti di impianti termoelettrici per accendersi quando si fermano sole e vento.

Il più grande parco d'Italia

Tornando alla Puglia, spicca ovviamente il numero di progetti da fonti rinnovabili ancora fermi. Come detto, sono in totale 410 di cui la maggior parte nel Foggiano. Un’area dove proprio nelle ultime ore se ne sono sbloccati quattro onshore e dove è già presente il più grande parco fotovoltaico d’Italia da poco rilevato dalla società Iren che ha acquisito il 100% delle quote di Puglia Holding Srl.

Gli impianti di Troia sono stati costruiti tra il 2019 ed il 2021 e hanno una capacità installata di 103 MW risultando il più grande stabilimento realizzato in Italia ad oggi. 

Gli offshore

Spostandosi sul mare, invece, i progetti sono collocati tra basso Adriatico - dal Gargano a Santa Maria di Leuca si leggono 12 progetti - e nello Ionio dinanzi al golfo di Taranto. Proprio per quanto riguarda quest’ultimo, Renexia ha appena annunciato l’avvio delle operazioni di posizionamento della prima turbina di Beleolico al largo del molo polisettoriale a Taranto. La concessione prevede una durata di 25 anni. L’impianto produrrà energia green pari al fabbisogno annuo di 60mila persone. In termini ambientali vuol dire che, nel periodo di riferimento, consentirà un risparmio di circa 730mila tonnellate di Co2. Un impianto che, secondo l’azienda, rappresenta una tecnologia che incontra il sostegno delle principali associazioni ambientaliste in quanto vera alternativa alle centrali clima alteranti, per la produzione di energia pulita.

Insomma, la Puglia si candida - con i suoi pro e i suoi contro, le convenienze e gli ostacoli tuttora esistenti - a essere capofila tra le regioni del Mezzogiorno per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. E, secondo uno dei recenti report di Svimez redatto con Ref Ricerche e in collaborazione con Enel Green Power, si aggiungono anche ulteriori opportunità per il Sud nell’apporto alle energie pulite. Dati e numeri alla mano: per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030, sarebbero necessari investimenti per oltre 82 miliardi di euro a livello nazionale, la cui distribuzione privilegerebbe le regioni meridionali verso le quali sarebbe necessario destinare circa 48 miliardi di investimenti, pari al 58,9% del totale. L’impatto, in termini di incidenza del valore aggiunto attivato sul Pil, sarebbe pari al +3,1% sul 2019 a livello nazionale; anche in questo caso sarebbe maggiormente rilevante nelle regioni del Mezzogiorno (+5%) rispetto al Centro-Nord (+2%). L’incidenza sul Pil sarebbe particolarmente significativa in Basilicata (17,3%), Molise (10,3%), Puglia (8%) e Sardegna (5,8%).

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