Perché il Sud è sempre più povero: occupazione e lavoro femminile, i numeri di Eurostat che preoccupano la Puglia

Perché il Sud è sempre più povero: occupazione e lavoro femminile, i numeri di Eurostat che preoccupano la Puglia
di Giuseppe ANDRIANI
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Giovedì 26 Ottobre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 12:03

Sempre più poveri, perché lavora solo uno su due e tra le donne, invece, il tasso di occupazione si ferma a un terzo della popolazione. Dai numeri di Eurostat emerge una Puglia in difficoltà su più fronti: l’occupazione generica, quella femminile e il tasso di povertà assoluta e relativa. Il Mezzogiorno resta distante dal Nord e la ripresa vista da qui è più una “ripresina”, in un contesto che resta troppo fragile per costruire una ripartenza vera. 
Non è un caso se l’ultimo report dell’Istat racconta di un Sud nel quale una famiglia su dieci (il 10% del totale) vive in una situazione di povertà assoluta. In Puglia, invece, la soglia di povertà relativa coinvolge il 21% dei residenti, soltanto in Calabria (31%) e in Campania (22%) va peggio. Il dato riguarda le condizioni economiche di individui e famiglie nel 2022. E il fatto che vi sia un abbassamento del numero dei poveri in Puglia rispetto all’anno precedente non sembra poi così incoraggiante. 
La povertà si lega al lavoro e il discorso è il medesimo: la ripresa c’è, aumenta il numero degli occupati e anche quello delle occupate ma resta una ripresina se il gap con il Nord è così ampio e se il Sud Italia è la zona con i dati peggiori dell’intera Unione Europea, come certifica l’Eurostat. L’occupazione nel 2022 ha visto numeri drammatici in Calabria, Campania e Sicilia, dove tra i 15 e i 64 anni le persone che non lavorano sono di più di quelle che invece risultano impiegate a vario titolo. In Puglia il dato sugli occupati sale al 53,4%, ma resta ben distante rispetto alla media italiana e a quella europea, nonostante l’incremento rispetto all’anno precedente. Lo stesso ragionamento sullo sfondo dell’occupazione femminile: se in Europa la media delle lavoratrici è del 64,8%, in Puglia il dato si ferma al 35,4% (di fatto poco più della metà, ma un anno fa era ancor più basso). E in Sicilia, Campania e Calabria va persino peggio. Basti pensare che in provincia di Utrecht, in Olanda, le donne che lavorano rappresentano più dell’80% del totale. 

Occupazione fragile e piaga povertà

Tra le pieghe dei numeri incrociati emerge un contesto tanto fragile da annullare, o quasi, la ripresa che pure c’è stata: i numeri, tutti in relativo e minimo aumento, ne sono una testimonianza diretta. E c’è da considerare anche la qualità dell’occupazione: Svimez - in un report pubblicato ormai qualche settimana fa - certificava come un lavoratore su quattro al Sud guadagni meno di nove euro all’ora. In un quadro così complesso è facile immaginare come il rischio di povertà relativa coinvolge anche molte persone che hanno un lavoro, se nel nucleo famigliare c’è una sola fonte di guadagno. E le famiglie nelle quali la donna non lavora, al Sud, sono di più rispetto a quelle bi-reddito. 
Il governo di Giorgia Meloni cerca una soluzione e in manovra di Bilancio prevede una serie di misure per lavorare su due binari: incrementare la quota di donne occupate e contestualmente contrastare il fenomeno della natalità, legato a doppia mandata all’emergenza povertà. Nella manovra da quasi 24 miliardi di euro (16 arriveranno dall’extragettito, otto dal taglio di costi sui bilanci dei ministeri) sono previste la decontribuzione per le mamme e maggiori sostegni per l’asilo nido, così da aumentare le misure di welfare. Permane, però, un gap non indifferente tra Nord e Sud anche nel numero dei nidi e su questo punto il Pnrr fin qui è stato più che altro un’occasione persa (ma la partita è tutt’altro che chiusa). La bozza della Manovra contiene l’ipotesi di decontribuzione per le lavoratrici con almeno due figli (uno nato nel 2024 e uno di età inferiore a dieci anni), senza limiti di reddito ma con un tetto fissato a tremila euro. E ancora: il contributo per la retta dell’asilo nido aumenterà a 327 euro al mese per il secondo figlio. Una serie di misure per incoraggiare la ripresa - magari più incisiva di quella vista finora - dell’occupazione femminile, con uno stipendio più pesante e un contributo per il nido. La matassa, del resto, è ben intrecciata: lo scarso numero di donne lavoratrici aumenta il numero di famiglie povere e il tutto diventa un circolo vizioso senza via d’uscita. Ecco perché la ripresa post-covid, che pure c’è stata, sembra più una ripresina: da questa parte dell’Italia parlare di ripartenza con questi dati sembra quasi un’utopia.
 

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