La premier Meloni sfida le Regioni: «Autonomia? Ci vuole responsabilità»

La presidente del Consiglio ospite da Vespa a Manduria

La premier Meloni sfida le Regioni: «Autonomia? Ci vuole responsabilità»
di Francesco G.GIOFFREDI
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Sabato 10 Giugno 2023, 09:02

Non è una piazza da infiammare, né un'aula del Parlamento da ammansire. E, insomma, il forum in Masseria Li Reni a Manduria, organizzato dal padrone di casa Bruno Vespa, è più una Cernobbio al Primitivo sotto il primo sole cocente. Le parole d'ordine e i toni di Giorgia Meloni, così, si stemperano e si sintonizzano sullo spirito di un tempo non semplice e sulle domande e ansie di imprese, investitori, stakeholder, associazioni di categoria, incontrati prima a cena e poi lì sotto il gazebo, parole che puntano a rassicurare, e ribadite a più riprese durante i 45 minuti d'intervista a braccio e in un clima rilassato: «credibilità», «responsabilità», «stabilità» («rassegnatevi, c'è un governo...»), «crescita», «l'economia che sta rispondendo», il «ruolo internazionale».

I temi sul tavolo

Il frangente è difficile, una strettoia, i vertici europei e la partita del Pnrr sono i principali catalizzatori, e gli inviti a «fare bene» s'indirizzano a tutti, da Bruxelles a Roma e non solo. Conditi da qualche bordata: la premier non fa nomi, ma mette nel bersaglio i governatori meridionali di centrosinistra (e perciò Michele Emiliano) quando c'è da affrontare il nodo dell'autonomia differenziata. Parte allargando il raggio e chiude affondando il colpo: «L'autonomia dice non spaccherà l'Italia, non succederà. Per due ragioni: innanzitutto stiamo facendo ciò che mai era stato fatto, cioè stabilire i Livelli essenziali delle prestazioni. L'autonomia non vuol dire togliere a una regione per dare a un'altra, ma un principio secondo cui se una Regione governa bene le sue risorse, lo Stato prende in considerazione la possibilità di darle altre materie da governare. Non vengono discriminate alcune regioni e penalizzate altre, ma è un principio di responsabilizzazione dei governatori e delle classi politiche. E può essere malvisto solo da chi ha governato male o non è riuscito a spendere i fondi europei. È un modello che richiama tutti alle proprie responsabilità», è «arrivato il momento di svilupparlo a tutti i livelli, vale pure per le Regioni: chi ha lavorato bene non ha nulla da temere». Sarà l'unico passaggio su Mezzogiorno e dintorni, oltre che uno dei pochi intinti nel vetriolo: da appuntare sul taccuino c'è giusto il colpo di spada a Elly Schlein su autoritarismo, dissenso, libertà, scrollandosi di dosso l'etichetta di «destra incapace, impresentabile, isolata, che avrebbe fatto crollare i mercati» e qualcuno «dovrebbe ripensare la sua narrazione, ora».

Per il resto, la chiacchierata con Vespa segue due binari: gli equilibri internazionali e i rapporti in Ue, da una parte; lo stimolo alla crescita e alle riforme dall'altra (il premierato garantirebbe «uno Stato italiano più efficiente e credibile», «un governo stabile in grado di fare scelte strategiche» invece che «debito pubblico sulla scadenza elettorale»).

Focus sulla regione

E la Puglia? Due intermezzi. Il prossimo anno ospiterà, scelta dal governo, il G7 a presidenza italiana, e «l'Intelligenza artificiale sarà tra i temi. È un'altra grande materia su cui non possiamo permetterci di fare gli errori commessi con la globalizzazione. Rischiamo un progresso che sostituisce le competenze umane, espungendo i lavoratori dal mercato del lavoro, portando a un sistema economico e sociale di welfare che non reggiamo». Il G7 è l'unica occasione per una battuta d'alleggerimento: «Faremo fare i nodini di mozzarella con le mani ai leader mondiali. Le orecchiette no, non ci sono mai riuscita...». Scesa dal palco, giusto un flash sull'affaire ex Ilva: «Dobbiamo trovare una soluzione strutturale e industriale, ci stiamo lavorando quasi quotidianamente. Va mantenuta la presenza dello Stato, ma attenzione a pensare che il problema industriale dell'Ilva si risolva banalmente affidando allo Stato. Vorrei trovare una soluzione che mi consenta di sviluppare il ruolo del siderurgico in una dinamica nazionale ed europea di acciaio di qualità». Lì fuori, intanto, i sindacati scalpitavano per poterla incontrare e consegnarle un documento.
Il blitz in masseria è di una notte e mezza giornata, tra vertici a Roma e riunioni online. Il contesto del resto è quello che è. Ma l'ansia di lanciare segnali è palpabile: «Riusciremo ad avere la terza rata del Pnrr: stiamo facendo un lavoro molto lungo e preciso con la Commissione. Sono stati già verificati gli obiettivi, ora siamo ai target, ma sono assolutamente ottimista. Poi ci stiamo occupando di rivedere entro il 31 agosto alcuni obiettivi per inserire il Repower Eu». La domanda sul Mes è spunto per un alert critico all'Ue: «Non sono convinta della proposta della Commissione sul Patto di stabilità», avverte spiegando che il Mes è «parte di una serie di strumenti che vanno discussi nel loro complesso», ma resta «uno stigma che rischia di tenere bloccate risorse», «non verrebbe usato da nessuno», «finché io conto qualcosa, posso firmarlo col sangue che l'Italia non accederà al Mes».
Poi, la strizzata d'occhio alle imprese e la sportellata "ai gufi": «Il dato più importante è il Pil italiano che cresce oltre la media europea. Il governo deve dare i suoi segnali, l'economia risponde e lo sta facendo, ma non è un fuoco di paglia. L'Italia ha appena raggiunto il record storico di occupati e di contratti stabili, e tutto è trainato dall'occupazione femminile».
Quindi, le strategie di medio e lungo periodo. Il sostegno convinto alla resistenza dell'Ucraina «perché così difendiamo noi stessi». I «molti passi avanti» e «la visione europea condivisa sulla dimensione esterna» in tema migranti. Il «piano Mattei e la cooperazione paritaria con i Paesi dell'Africa concentrandosi sul problema energetico: dobbiamo guardare a sud, dove il potenziale di produzione e diversificazione è enorme» e «noi siamo la porta d'ingresso». Su tutto, un'idea: «Ho visto un'Italia rassegnata a essere fanalino di coda e a chiedere col cappello in mano, ora vedo orgoglio e determinazione». Ma i tavoli e i dossier da mettere in sicurezza, da Roma a Bruxelles, restano ancora tanti e strategici.

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