L’appuntamento si tiene dietro il palco, al riparo da occhi indiscreti. O meglio, l’unico che assiste al dialogo è uno degli addetti di stampa della premier. In circolo da una parte: Francesco Brigati (Fiom), Biagio Prisciano (Fim), Davide Sperti (Uilm), Franco Rizzo (Usb); dall’altra Giorgia Meloni, presidente del Consiglio. Tema principale: ex Ilva, ovviamente. Cellulari dei rappresentanti sindacali spenti e consegnati alla Digos, alla premier invece consegnato un documento che racchiude tutte le difficoltà inerenti alla vertenza. Ma al di là di quanto rimane sulla carta, ci sono alcuni particolari.
Il dossier
Per esempio l’atteggiamento di Giorgia Meloni: colloquiale, non distaccato.
Certo, il progetto è di prendere sempre più strada nella gestione del Siderurgico ma bisogna muoversi con cautela. «Vedremo quale sarà la posizione del ministro Urso (è atteso domani al Forum in Masseria ndr)» hanno aggiunto i sindacati. Il grido d’allarme, come detto, è contenuto in quelle pagine che Meloni porterà con sé. «È assolutamente necessario - osservano i sindacati - voltare una pagina così drammatica, modificando gli assetti societari per poi condividere tra tutti i portatori di interesse obiettivi concreti e realizzabili, che vedano i lavoratori protagonisti e non vittime di cambiamenti che, allo stato attuale, fanno solo da cassa elettorale». L’assetto societario «venutosi a creare - evidenziano le Rsu - vede lo Stato attraverso Invitalia come socio di minoranza che non conta assolutamente nulla nella gestione ma esprime solo il polmone finanziario pagando i debiti che il soggetto privato continua a contrarre nei confronti di tutti. Ogni giorno la situazione della fabbrica si complica sempre di più. Non è assolutamente possibile continuare ad attendere».
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