Michele Emiliano e Raffaele Fitto: complimenti, «pseudo-guerra e pseudo-pace» tra gli eterni duellanti

Per la prima volta in pubblico da quando l’ex eurodeputato è diventato ministro e dopo le accuse e le tensioni dei giorni scorsi: il governatore che prova a giocare la carta dei complimenti, il ministro che dribbla le polemiche. L’incontro al bar

Foto di Max Frigione
Foto di Max Frigione
di Francesco G. GIOFFREDI
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Martedì 14 Marzo 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:38

Nulla di più e nulla di meno, in tre parole: se stessi, e opposti. Meglio: quasi inconciliabili. Fedeli a indole, essenza, storia e attitudini: l’uno istrionico e pirotecnico, l’altro protocollare e metodico. A Brindisi, ospiti di Confindustria, Michele Emiliano e Raffaele Fitto si studiano a distanza di sicurezza, smussano i toni senza però arretrare, levigano le parole ma non le posizioni (che, nella sostanza, restano granitiche), si sfiorano appena e si ignorano in massima parte. Nonostante qualche teatrale apertura, troppo enfatica per essere vera. Ora, tuttavia, la domanda che qui rileva è una soltanto: cosa accadrà, da domani in poi? Apparecchieranno sul serio il dialogo istituzionale sulla triangolazione Bari-Roma-Bruxelles, sotto il segno del pragmatismo e dei tanti e strategici dossier pugliesi? Il governatore accantonerà l’arsenale di accuse di fuoco al ministro? E il titolare degli Affari europei, del Pnrr e della Coesione territoriale (insomma: la cassaforte del governo) infrangerà la lastra di ghiaccio che ha alzato a mo’ di cortina protettiva? 

I buoni propositi (sulla carta)

Sarà il tempo a dirlo, presto magari. I buoni e formali propositi di entrambi - ognuno a modo proprio, ovviamente - sembrerebbero pure volgere al sereno e dunque a fruttuosi scenari di confronto e collaborazione: l’uno tende platealmente e con scaltrezza e a sorpresa le braccia, «se c’è bisogno noi ci siamo» e «l’abbraccio con Fitto sarebbe la risposta più bella», «è lui il più bravo»; e l’altro, asettico, ribadisce metodo e regole d’ingaggio per tutti, il «dialogo con Regioni, Province e Comuni è positivo», e però guai a nominare o citare Emiliano.

Nemmeno una volta. D’accordo: non è un duello ad alto voltaggio, e questo sarebbe pure un inizio. Ma le variabili in campo restano troppe, prima di poter arrivare al vero disgelo: le scadenze elettorali che prima o poi inaspriranno gli animi, il carico di ruggini e incrostazioni del passato (l’elenco è lungo, a tratti affascinante), la naturale tendenza all’arroccamento di entrambi, e quelle due antropologie così lontane. «Pseudo guerra e pseudo pace» e «scontro costruito», bacchetta con puntiglio Fitto: ma più che prove generali di riavvicinamento, sono stilettate per accusare il governatore di imbastire a tavolino conflitti a favore di telecamere, perché dare un volto al nemico fa comodo e perché farsi poi promotore di pacificazioni è un buon affare.

Al bar, per strada, sul palco

L’assemblea brindisina di Confindustria, prima occasione d’incrocio pubblico tra Emiliano e Fitto da quando quest’ultimo è ministro, non è un ring, ma nemmeno il luogo delle grandi intese. Ad ogni modo: prove, flebili, di dialogo. I due pugili danzano alle corde, provano qualche pallido affondo, e nulla di più. È, anche, una forma di rispetto verso i padroni di casa: è pur sempre l’assise degli industriali col presidente nazionale, non è il caso di degenerare. Insomma: armistizio obbligato. Con qualche sussulto qui e lì, sul taccuino gli spunti non mancano. Per esempio, c’è l’incontro quasi fortuito al bar prima dei lavori assembleari: Fitto sorseggia un caffè con Carlo Bonomi ed ecco arrivare anche Emiliano, il saluto è fugace, lo scambio di battute pressoché nullo. S’avviano verso il teatro Impero con i rispettivi, nutriti codazzi e passeggiano giocoforza affiancati, e anche lì: a debita distanza. Davanti ai microfoni, il governatore manda in onda lo show: nei giorni scorsi aveva affondato i colpi, «il ministro è seduto su una montagna di soldi fermi» e via così, ieri invece brusca inversione e «le braccia aperte della Puglia verso Fitto», «oggi dobbiamo tenere la palla bassa», «quando giochiamo a calcetto durante le elezioni ce le suoniamo ed è pure divertente, poi ci sono le cose importanti nell’interesse dei pugliesi». Sul palco la stretta di mano è fulminea, oltre che l’unica: non sarà replicata dopo i rispettivi discorsi. Ma i fuochi d’artificio del governatore continuano comunque a scoppiettare: coglie l’assist di Sergio Fontana («Fitto è l’italiano più competente per quel ruolo») e tira fuori il coniglio dal cilindro. Questo: «Sono d’accordo con Fontana. E se c’è una persona che seguo quando parla, sei tu, Raffaele. Imparo sempre delle cose e mi piacerebbe avere con te un’interlocuzione intensa. Non è mai scappata una parola di più tra noi, e di questo i pugliesi devono essere orgogliosi. Non facciamo risse e cerchiamo di darci una mano», anche se «non siamo fatti l’uno per l’altro e abbiamo caratteristiche umane diverse». Impossibile negarlo. Battute in platea: «Ora propone un assessorato anche a Fitto...».

La diplomazia dei baci e degli abbracci è da sempre un grande classico del governatore. Che ha ribaltato la strategia forse per due ragioni: da un lato per provare a mettere all’angolo il “rigido” Fitto; e dall’altra perché teme, con troppe uscite al veleno, di finire sulla linea di tiro del potente ministro-cassaforte, col rischio di vedere prosciugarsi i canali del Pnrr e dei fondi di coesione. Non sarebbe il caso. E Fitto? Tra l’attonito, il divertito e l’attendista. Anche perché, astute affettuosità a parte, il governatore non ha certo mollato la presa su Fondo sviluppo coesione, rimodulazione Pnrr, sistema d’incentivi pugliese e via elencando.

La "risposta" di Fitto

Tra dichiarazioni ai giornalisti e mezzoretta di discorso sul palco, il ministro salentino fa quattro cose: cementa la nuova visione sulla governance dei fondi, cristallizzata nel suo ultimo decreto; demolisce l’ottica del Sud rivendicazionista, chiamato invece a un surplus di responsabilità; porta prove tangibili del dialogo con le Regioni, le Province e i Comuni; e, pur senza «nessuna voglia di polemizzare», dà indirettamente qualche sportellata a Emiliano. Del tipo: «Vengo catapultato in una pseudo guerra e ora mi ritrovo in una pseudo pace, e di entrambe non capisco le ragioni», «la collaborazione si sta sviluppando con tutti», oppure «oggi tutti favorevoli al Tap...». L’esordio è comunque ironico e guardingo: «Questa mattina ho ricevuto un lungo elenco di richieste e tantissimi complimenti: non so di cosa preoccuparmi di più...». Il resto è il classico profluvio fittiano: «il merito delle questioni», la relazione sulla spesa di fondi di coesione e Fsc ora in Parlamento, i troppi buchi («lo dicono i numeri») e la gestione delle risorse da accorpare e centralizzare «con una visione unica», «nessuna contrapposizione», «il dialogo con le Regioni è perfetto, positivo», «il decreto sulla governance del Pnrr ha avuto il parere positivo di Regioni, Province e Comuni» e «abbiamo recepito molte indicazioni» «il cantiere è aperto, il lavoro con Fedriga e Decaro (presidenti delle Regioni e dell’Anci, ndr) è proficuo», e «con chi mi chiede di incontrarmi lo faccio, e lavoro». Tradotto: caro Emiliano, prendi esempio dagli altri, a partire da Decaro. A fine assemblea, i retroscena sono gustosi: il governatore cerca il contatto col ministro, che dribbla in bello stile; e poi lo sfogo emilianiano in un crocicchio laterale («Dico sul serio: penso sia davvero il ministro più bravo. Ma è troppo freddo»). Finisce così, come era cominciata e come forse sempre sarà. E con ricco carico di fondi e progetti a stazionare lì nel mezzo, tra gli eterni duellanti.

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