Martina Franca, dove comincia il “ritorno al passato” su rotaia

Martina Franca, dove comincia il “ritorno al passato” su rotaia
di Nicola Quaranta
6 Minuti di Lettura
Venerdì 30 Ottobre 2015, 11:21 - Ultimo aggiornamento: 11:42
La foschia avvolge la città e così la piccola stazione del regno della Valle d'Itria si scorge tra l’aurora e il buio: sono le 5 del mattino quando un primo ed isolato pendolare, valigetta 24 ore a tracolla, ne varca l’ingresso, con l’energia e la forza di volontà di chi la vita se la suda. E senza far pesare al mondo la propria fatica. Benvenuti a Martina Franca, sala d’attesa della stazione, crocevia tra il Grande Salento (Lecce, Brindisi, Taranto) e la Murgia, tra il mare e la collina, tra il presente di un Meridione che viaggia lento e i binari di un’Italia che da Napoli in su, viceversa, vola sulle rotaie. La flotta delle Ferrovie Sud Est è già in moto, pronta per accogliere i passeggeri quotidiani e partire.







Alzando il naso all’insù, ci sarebbe quasi da essere ottimisti: l’elettrificazione della linea delle Ferrovie Sud Est Bari-Martina Franca, che è stata avviata nel 2012, è quasi realtà. Ma è sufficiente poi volgere lo sguardo verso il basso per comprendere che la strada dello sviluppo nella sostanza è in salita: per raggiungere i binari non esiste un sottopassaggio. Occorre attraversare le rotaie attraverso le passerelle.



La prima littorina (Atr 220 rossa), in direzione Lecce, lascia la stazione alle 5.21. È vuota. Dovrà percorrere 103 chilometri. Ore 6.21: è appena alba e si dirada pian piano la nebbia quando dal binario numero tre parte il secondo treno per la punta del “Tacco” dello Stivale, collegato sino al tardo pomeriggio (18.29) con 11 corse quotidiane.

La stazione è ancora pressoché deserta, sulle panchine solo un paio di studenti: attendono di salire sul convoglio che di lì a poco muoverà per Bari. Altra rotta. E, spiega un bigliettaio di vecchio corso, altri treni: meno imbarazzanti rispetto a quelli che fanno la spola con il Salento. Già, ma il perché resta un mistero. Che lo stesso operatore delle Ferrovie Sud Est prova a chiarire: «Sopratutto nel periodo invernale i vagoni attrezzati per le corse verso il Salento sono vuoti, come oggi. I pendolari per lavoro viaggiano su gomma, preferiscono auto proprie. E gli studenti, per la gran parte, utilizzano i pullman della Sud Est. In estate, ad infoltire il numero dei passeggeri contribuiscono i turisti».



Tant’è. Ma fino a quando risulterà netta e ben visibile lungo i binari la differenza tra le “vie” per il Barese e quelle per il Salento, non ci sarà svolta. Non solo a nord sono arrivati prima i treni “Nicolaus”, ma l’elettrificazione delle linee è ormai cosa fatta, mentre per il Leccese si va a rilento. E il viaggio ne è la prova.



Si parte. E sale il signor Vincenzo: ha soltanto l’imbarazzo della scelta su dove accomodarsi. Per lui quel treno è indispensabile per un paio di motivi: «Da casa mia ci metto 5 minuti per raggiungere la stazione. E l’offerta è conveniente. È vero, non siamo in tanti a prenderlo. I due vagoni si riempiono soltanto nel Salento». Disagi e disservizi sono lo specchio dell’Italia, né più né meno. «Certo, potevano essere mezzi più confortevoli e veloci. Ma per i miei spostamenti resta comunque il mezzo più vantaggioso. Un abbonamento mi costa al mese 80 euro. In un’ora sto a Manduria, dove lavoro».



Tecnico presso un’azienda, questa la sua professione. E quei vagoni li conosce a memoria: «Sporchi e obsoleti? Lo sono. Ci sono macchie indelebili sui sedili. Ho visto con i miei occhi, soprattutto negli orari pomeridiani e quando ci sono meno controlli, mamme cambiare i pannolini dei loro bambini. In certi orari su questa tratta il disagio vero che si avverte e si tocca con mano è quello sociale».



La littorina viaggia lenta nel cuore della campagna. Lungo il percorso stazioni che appaiono dismesse, come quella di Pascarosa: il treno rallenta, quasi un inchino alla memoria, e riprende la corsa. Prossima fermata Ceglie. A bordo entra un solo passeggero. Pochi secondi e via. Si riparte: i due vagoni sono praticamente ancora vuoti. Alle 7.02 altra sosta, a Capece. Anche qui il tempo di una frenata e via. Non sale nessuno. Si viaggia verso Francavilla Fontana: la nebbia si è dissolta, sarà una giornata di sole. Le porte si aprono e salgono un paio di studenti (cuffiette alle orecchie e telefonino a portata di mano), due ragazzi di colore e altrettanti rumeni. Si prosegue. Ancora una ventina di minuti e il treno fa sosta alla stazione di Manduria. Sono le 7.23: non sale nessuno. Ma scendono tre passeggeri. Tra loro anche il signor Vincenzo. Ha impiegato poco più di un’ora per percorrere i 56 chilometri del tragitto tra Martina Franca e e il suo luogo di lavoro. Si lascia alle spalle il treno-taxi. La sua giornata sta per avere inizio.



A Erchie il primo flusso significativo di giovani, una decina. Salgono, tra gli altri, Simona e Cinzia, e con loro anche Angelo, tutti e tre studenti universitari. Su anche due lavoratori pendolari. «Così pochi? E sì, quasi tutti preferiscono il pullman. Siamo diretti a Lecce». «Non c’è paragone - lamentano - con i treni regionali del nord. Ma alla fine il tragitto è breve. E per fortuna: la tappezzeria è sporca, usurata». Quanto alla tecnologia, abita altrove, nonostante i 121 milioni di finanziamenti Ue-Regione investiti in tre anni: «Prese di corrente elettrica non ce ne sono. Figuriamoci se possiamo pretendere connessioni internet, Usb. Un altro mondo». Quello di 30 anni fa, quando buona parte di questi mezzi, tranne i più recenti (che comunque circolano da nove anni) già viaggiavano: tali e quali.



La littorina non passa di moda, verrebbe da pensare. Eppure di posti liberi ce ne sono a iosa. Alle 7.42 l’ultimo lembo della provincia di Brindisi: fermata a San Pancrazio, per consentire di imbarcare un altro passeggero. Su e via. All’orizzonte il Salento. Ed è qui che il sogno della metropolitana di superficie appare come l’ennesima opportunità mancata: assicurare al territorio collegamenti e mezzi moderni, al passo con i tempi, con i ritmi di lavoro e di studio dei giovani di oggi. E invece. Alle 7,51 il treno approda a Guagnano. Sale uno sparuto gruppo di studenti, ma già è qualcosa. Dieci minuti dopo, sosta a Campi Salentina. Le due carrozze si animano, la littorina inizia a dare segni di vita, ad avere un senso e una sua identità.



Percezione che a distanza di pochi chilometri sarà ancora più evidente. Alle 8.05 i due vagoni si fermano alla stazione di Novoli: nodo ferroviario per il Salento. Croce e dolori. Alla spicciolata il treno finalmente inizia a riempirsi: di alunni, studenti universitari, professionisti. È il Salento che si muove: su rotaia, nonostante tutto. Ma prima di riprendere il viaggio verso Lecce, l’attesa si protrae. E non per qualche secondo. Per ben 20, inaccettabili e interminabili minuti. C’è da lasciare binario libero per il passaggio di altri convogli. Così il ritardo si accumula nella tabella di marcia. Solo alle 8.25 si riparte per Lecce. Orario d'arrivo, sulla carta.

A separare i passeggeri dal capolinea ancora una manciata di chilometri. Quindi il traguardo: alle 8.40 circa, dopo 2 ore e 20 di viaggio e con 10 minuti abbondanti di ritardo maturati lungo i cento chilometri di una tratta per buona parte “fantasma”, la stazione di Lecce apre le porte al convoglio rosso del profondo Sud griffato “Nicolaus”.



Il treno si spopola. Di colpo. Ma i motori restano accesi. Perché la giornata per l’Atr 220 non è finita. Si torna indietro. Stessa tratta, stessa destinazione, a bordo due viaggiatori. E stesse stazioni dove far tappa. Compresa, lungo il percorso, quella di Torre-Erchie: un edificio fatiscente e con la facciata completamente imbrattata. Da ergere a simbolo di una “corsa” che per 65 chilometri abbondanti palesa le arretratezze di un servizio che ha perso il passo: il tempo si è fermato sulle littorine che, deserte e silenziose, continuano stancamente a farsi largo tra i muretti a secco, gli ulivi e i trulli.












#MartinaFranca, dove comincia il ritorno al passato su rotaia - L'INCHIESTA SULLE FSE -
Posted by Nuovo Quotidiano di Puglia online on Venerdì 30 ottobre 2015



© RIPRODUZIONE RISERVATA