Lacarra: «Nei circoli troppi dirigenti incapaci: non prendono voti neanche in famiglia»

Lacarra: «Nei circoli troppi dirigenti incapaci: non prendono voti neanche in famiglia»
di Paola ANCORA
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 28 Settembre 2022, 11:45 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 00:47

Marco Lacarra, parlamentare rieletto del Pd e segretario regionale del partito. Michele Emiliano ha ribadito che la sommatoria dei voti fra le forze che governano la Puglia è maggiore di quella del centrodestra. Al di là del semplice computo numerico, condivide questa analisi?
«Il Pd ha dimostrato di essere radicato, sebbene non autosufficiente: se si fosse votato seguendo uno schema che ricalcasse quello delle alleanze regionali, avremmo avuto la maggioranza. Emiliano non ha ceduto a toni trionfalistici: ha detto della Puglia ciò che i numeri ci dicono. Diverso è il quadro nazionale: serve una costituente per rivedere radicalmente il rapporto con i militanti e gli iscritti. Sui territori esistono microcosmi autoreferenziali, non inclusivi».
Non pensa sia poco coraggioso scaricare le responsabilità sulla base?
«C'è tanta gente che ci voterebbe, ma che non ama i circoli chiusi. I dirigenti territoriali non si rendono conto che devono avere una mentalità aperta, perché noi non siamo più né il Pci né la Dc, ma una forza nuova. C'è gente incapace di raccogliere anche solo i voti della sua famiglia e si permette di pontificare. Al congresso, da militante e cofondatore Pd, lo dirò chiaramente».
Lo dirò da militante significa che non si candiderà al congresso?
«Se dicessi adesso che non mi candido alla segreteria, darei la sensazione che il mio punto d'arrivo fosse la candidatura al Parlamento e non è così, niente di più falso. Io resto al servizio del partito. Credo ancora nel Pd».


Il consigliere regionale Amati vi accusa di aver sbarrato le porte del partito. Lettura opposta alla sua che taccia di autoreferenzialità i circoli sui territori. Cosa risponde?
«Amati non può ricordarsi del partito soltanto quando ci sono da discutere le candidature e il congresso. Non l'ho mai visto attaccare manifesti, come ho fatto io. Avrebbe dovuto avere il buon senso di evitare certe affermazioni che hanno nuociuto al Pd di cui lui fa parte: non a caso, il risultato peggiore lo abbiamo avuto in provincia di Brindisi. Ha detto che le liste del Pd erano invotabili, ma il giorno prima voleva candidarsi: con lui sarebbero diventate votabili?».
 

Il segretario nazionale Enrico Letta ha detto che, con la vittoria del centrodestra, «hanno perso l'Italia e l'Europa», lettura non condivisa dai vostri stessi amministratori, da Antonio Decaro a Carlo Salvemini, sindaci di Bari e di Lecce. Lei cosa ne pensa?
«Io non condivido le frasi di Letta.

Gli elettori hanno sempre ragione, anche quando non votano per noi. Ha perso il centrosinistra, non l'Italia. Certo, sono preoccupato rispetto alle relazioni con l'Europa e alle politiche sui diritti che il nuovo governo intenderà attuare, ma faremo opposizione. Non si fa politica soltanto per governare».


La vittoria del centrodestra è un messaggio anche alla Regione governata da Michele Emiliano?
«Se c'è qualcuno che lo pensa, sbaglia. I Cinque Stelle fanno parte del governo della Puglia. Il risultato importante del centrodestra non deriva certo da questo. Il Paese non vota più per Fratelli d'Italia, ma per Giorgia Meloni. Si è poco attenti ai contenuti e molto più all'immagine e al carisma dei leader».
Il Pd è diventato un partito delle élites? Governate da anni, pur con maggioranze a geometria variabile che hanno reso difficoltoso il percorso. Vi auto-assolvete?
«Non scherziamo. Con i numeri che c'erano, è stato un miracolo persino eleggere Mattarella a Capo dello Stato. Il Pd ha provato a spingere su alcuni temi, qualche volta portando a casa il risultato. Altre cose non siamo riusciti a farle. Dunque, respingo quest'idea, ma esiste un problema di comunicazione con il nostro popolo».
Non siete più un partito popolare di massa.
«È una delle ragioni per cui l'elettorato ci ha lasciato. Il Pci era un partito con una sede in ogni quartiere, ora non possiamo più finanziarli. Il tema della riforma dei partiti e dei corpi intermedi è assolutamente attuale».
Da dove ripartire?
«Da una grande costituente, da un congresso aperto, apertissimo. La strada è molto lunga, ma se non si comincia, non arriveremo più da nessuna parte».

© RIPRODUZIONE RISERVATA