Decaro alla Festa dell'Unità di Taranto: «Gli elettori ci detestano, torniamo ad ascoltarli»

Decaro alla Festa dell'Unità di Taranto: «Gli elettori ci detestano, torniamo ad ascoltarli»
di Domenico PALMIOTTI
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Domenica 17 Settembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Settembre, 11:17

«Se gli elettori ci hanno lasciato, non è che sono particolarmente innamorati di noi. Se ci hanno lasciato, è perché ci detestano. Potranno tornare da noi solo se, come stiamo facendo in quest’estate militante, facciamo i dibattiti e ascoltiamo le persone. Cerchiamo di capire e interpretare i bisogni, ma anche le aspirazioni e i sogni dei nostri concittadini. Fare la politica è bello perché non solo devi dare risposte ai problemi dei cittadini. È bello perché interpreti sogni e aspirazioni di una comunità. La fai crescere e diventare orgogliosa».

Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente Anci, ieri sera alla festa de L’Unità a Taranto, distingue tra il Pd impegnato nelle istituzioni locali e quello a livello nazionale. 

Le dichiarazioni


«Governiamo molti Comuni - dice Decaro, intervistato dal neodirettore de “La Gazzetta Del Mezzogiorno”, Mimmo Mazza - e dobbiamo continuare a farlo». In Parlamento, invece, «gli italiani ci hanno mandato all’opposizione e lì dobbiamo restare per ora - aggiunge -. Gli elettori non tornano così. Come Pd dobbiamo restare quindi all’opposizione. Perché in questi anni, e sono 18 anni che non vinciamo le elezioni, abbiamo governato molte volte, la stragrande maggioranza, con i voti degli altri. Le politiche non le abbiamo vinte mai. Abbiamo vinto le amministrative, ma non perché i sindaci sono più bravi di quelli che si candidano in Parlamento, bensì perché il sindaco, o il consigliere comunale, è costretto ad andare a parlare con i cittadini per chiedere il consenso, per farsi spiegare i problemi della città, per farsi dire come vorrebbe la città». Invece «il parlamentare - rileva Decaro - viene messo nel listino nella segreteria del partito. Non va a parlare con i cittadini, ma col capocorrente o il capo del partito. Succede nel Pd, dove abbiamo almeno la pluralità delle aree culturali e politiche, succede ancora di più negli altri partiti dove se sei vicino al leader, ti mettono in lista, altrimenti no». 
Ma cosa c’è nel futuro di Decaro, visto che sta arrivando al capolinea del secondo mandato da sindaco di Bari? «Non è una questione personale - afferma -, quello che fa ognuno di noi credo che sia una scelta collettiva che facciamo come Pd, come comunità democratica e come centrosinistra.

Non lo decidiamo da soli. Io sono la rappresentazione di questo». E qui Decaro rievoca episodi degli anni passati. «Mi sono inventato un sacco di scuse perché non volevo fare il sindaco. Stavo bene a Roma, stavo bene economicamente con un’attività non molto impegnativa», premette. E quindi rammenta quando il  governatore Michele Emiliano andò a casa sua e disse alla famiglia che lo avrebbero candidato in contumacia («Lo ringrazio sempre per quella pressione») a quando per sfuggire all’assedio dei tanti che gli chiedevano cosa avesse deciso, pensò di evadere per qualche ora a Mola di Bari («Lì non mi rompe le scatole nessuno»). Ma qui incontrò la madre che gli tagliò la strada con la macchina. “Figlio mio - rievoca Decaro della madre - sono settimane che ci chiamano e ci dicono: convincetelo a candidarsi a fare il sindaco. Mia madre disse: noi non siamo tanto d’accordo, però candidati figlio mio, magari poi perdi, ma se non ti candidi, fai una figura di m…”. Mi sono candidato, ho vinto e ho vissuto un’esperienza bellissima». Sui rapporti con Emiliano, Decaro dice che «sono buoni, sono sempre stati buoni, dal punto di vista politico ma soprattutto umano. Abbiamo litigato solo due volte nella vita, privatamente, non pubblicamente. Il fatto che non si voti il prossimo anno in Regione non può creare un problema tra me e Emiliano. Si voterà in Regione quando scadrà il mandato di Emiliano».

Il futuro

 

Ma il futuro? «Valuteremo con la nostra comunità cosa fare nei prossimi mesi - sostiene -. La coalizione ce l’abbiamo. Giustamente il consenso non si può trasferire, ma partiamo da un’amministrazione con una buona reputazione». 
Infine sul terzo mandato dei sindaci, Decaro dice: «Ma perché il sindaco votato dai cittadini ha un limite di mandato e i parlamentari invece no? Nelle nostre comunità spesso non sappiamo chi sono i parlamentari perché votiamo una lista. In una riunione del mio partito, un parlamentare, ma non faccio il nome, disse che erano giusti il ricambio ed una nuova classe dirigente. Sono andato a vedere e si era fatto già otto legislature. Era da 40 anni in Parlamento ma parlava di ricambio».

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