Imprese, cresce il pressing: piovono istanze di deroga. Il rebus delle filiere sicure

Imprese, cresce il pressing: piovono istanze di deroga. Il rebus delle filiere sicure
di Francesco G.GIOFFREDI
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Giovedì 16 Aprile 2020, 08:22
Le imprese scalpitano, i segnali sono inequivocabili e la rete istituzionale s'interroga sul corretto e miglior bilanciamento della fase2. E se il Fmi sentenzia senza appello un possibile crollo del 9 per cento del Pil italiano a fine anno, il tessuto economico - da Nord a Sud - vuol rimettersi in marcia quanto prima. Due i canali, al momento: da una parte c'è il faticoso lavoro sottotraccia del gruppo di esperti nominati da Giuseppe Conte, chiamati a cadenzare e scaglionare un calendario di riaperture per settori produttivi e aree geografiche, individuando quanto prima le filiere a minor rischio contagio; dall'altro lato c'è la scappatoia della deroga, chance messa a disposizione dai decreti governativi. In sostanza, le imprese che rispondono a determinati requisiti possono chiedere alle Prefetture di riaprire i battenti.

Nelle ultime settimane è stata una grandinata di istanze, a tal punto da intasare letteralmente gli uffici territoriali del governo. Ma c'è dell'altro: è previsto l'istituto del silenzio assenso, pertanto dopo tre giorni dalla richiesta è possibile riavviare la produzione in attesa di valutazione delle Prefetture. Giusto per avere piena contezza del fenomeno e del pressing portato sul governo dalle imprese: a Lecce depositate 982 richieste, a Brindisi sono 360 (tutte ancora in istruttoria, autorizzate solo 16 aziende dell'aerospazio), a Taranto il contatore sale a 920 (rigettate 42, in istruttoria 823), a Bari sono 1.114 (257 in istruttoria), nella Bat 400 comunicazioni, infine a Foggia circa 600. Sono tre le categorie produttive che possono tecnicamente depositare istanza: le aziende che appartengono a filiere con codice Ateco autorizzato (tradotto: le produzioni mai stoppate dal governo, o sbloccate nei giorni scorsi); le attività a ciclo continuo (l'ex Ilva, per esempio); i settori strategici per il sistema Paese (il già citato aerospazio).

La confusione è tanta. E dal Viminale ieri è partita la circolare all'indirizzo delle Prefetture. Il messaggio, nemmeno troppo criptato, è grosso modo il seguente: gli stop tempestivi a chi invoca la deroga sono pochi, il silenzio-assenso sta dilagando, occorrono verifiche stringenti e rapide. Si legge nella circolare: «Per quanto concerne le richieste di autorizzazione (presentate sotto la vigenza della precedente regolamentazione) non ancora definite o decise negativamente, i prefetti vorranno imprimere un'accelerazione d'istruttoria, al fine di verificare se le stesse possano considerarsi come comunicazioni legittimamente presentate ai sensi delle nuove disposizioni, più ampliative, previste dal decreto. Infatti, poiché le imprese che hanno in precedenza presentato tali richieste potranno ora beneficiare di un immediato avvio dell'attività, in attesa degli esiti delle verifiche sottese all'eventuale sospensione, appare evidente che dovranno dedicare una particolare attenzione all'esigenza di una celere definizione delle relative istruttorie». La circolare, ed è un dettaglio cruciale, ricorda ai prefetti che possono anche adottare nelle more il provvedimento di sospensione delle attività, «sentito il presidente di Regione». Il punto è che la pioggia di richieste è ingestibile, e al Viminale lo sanno: «È stato rilevato un notevole divario tra il dato delle comunicazioni trasmesse alle Prefetture e quello delle relative attività istruttorie intraprese, che tuttavia non debbono necessariamente concludersi con un provvedimento espresso, che invece si impone, nella forma della sospensione prefettizia, soltanto qualora le risultanze istruttorie abbiano fatto emergere l'insussistenza dei presupposti legittimanti».

La lezione è duplice: da una parte il ministero dell'Interno non ammette sconti o furberie; sull'altro fronte il telegramma delle imprese al governo è nitido. Recita così: fateci ripartire, in sicurezza. È d'altro canto questo il nodo su cui si dibatte senza sosta a Roma, a palazzo Chigi e nella task force guidata da Vittorio Colao. La soluzione sembra però meno vicina del previsto: le date della prossima infornata di riaperture potrebbero slittare, lunedì è ipotesi al momento remota. Meccanica, automotive e tessile erano i settori maggiormente indiziati, ma le valutazioni sono in corso: si soppesa per ciascun settore l'esposizione al contagio in modo da verificare la compatibilità di mascherine, distanziamenti, orari flessibili, termoscanner, fasce di età, aree geografiche. L'obiettivo, naturalmente, è evitare assembramenti.

Intanto, in Puglia, Michele Emiliano potrebbe dotarsi a breve di una propria task force per cadenzare le riaperture, o perlomeno per proporre una road map al governo. In ogni caso, la Regione prova a sostenere in ogni modo il tessuto produttivo. Due le novità da annotare. Per prima cosa, è stato firmarto ieri tra Regione Puglia, banche e parti sociali il protocollo che prevede la liquidazione anticipata degli ammortizzatori sociali ai lavoratori di aziende in difficoltà: il lavoratore che fa richiesta può ottenere un finanziamento, da parte degli istituti bancari, a tasso e costo zero, che si configura come un anticipo sulla cassa spettante al lavoratore.

Ieri, poi, si è tenuto il tavolo di confronto tra l'assessore allo Sviluppo economico Cosimo Borraccino e il partenariato per discutere dei 450 milioni per le imprese, risorse rastrellate da altri appostamenti: «Dal partenariato economico-sociale è giunta una prima generica complessiva condivisione della strategia messa in campo, ma con la richiesta unanime di poter avere quanto prima dati certi per poter esprimere subito suggerimenti ed eventuali correttivi. Dalla riunione è emersa con grande forza la richiesta di procedere velocemente».
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